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Il complesso d’inferiorità (culturale) del centrodestra

Ho appena letto un interessantissimo articolo sul Primato Nazionale, testata giornalistica online libera e non allineata con quelli che chiamo i lustrascarpe del potere prevalentemente occupati e preoccupati di non innervosire o infastidire i padroni del vapore. Senza pensare, improvvidi, che prima o poi a guidare il vapore arriverà qualcuno voluto dai cittadini, e non imposto ai cittadini. E di tutti quelli che finora hanno cercato di ammannirci le verità dettate dalla propaganda di regime si farà un bel repulisti. E allora, per sfuggire a temute e probabili epurazioni, assisteremo a pentimenti e a riconversioni a una professione giornalistica finalmente libera da quello strapotere politico che indirizza l’informazione in modo unilaterale, all’interno di binari tracciati.

Nell’attuale dominante conformismo dell’informazione riuscire a leggere testate libere, che si esprimono con la fierezza che compete a chi non si lascia imbrigliare dalle redini del Pensiero Unico Dominante, è una salutare boccata d’ossigeno.
Nell’articolo di PN l’autore, Lorenzo Zuppini, elenca le lacune di un’opposizione incapace di cavalcare la tigre del dissenso, di essere propositiva e veramente rappresentativa del volere popolare. Un’opposizione bollata di essere sovranista e populista e incapace di esprimere cultura.
Una parentesi: è un paradosso che l’accusa di populismo arrivi proprio da chi il popolo dovrebbe portarlo in palmo di mano, perché da che mondo è mondo il popolo dovrebbe essere rappresentato e difeso dalla sinistra, mentre la destra sarebbe espressione delle élite che del popolo non vogliono neanche sentire l’odore.
Mica vero. Sono solo preconcetti, pregiudizi. Perché se ci sono élite lontane anni luce dal “popolo” sono proprio quelle di sinistra, che se almeno un tempo facevano finta di voler “portare avanti” le istanze e i diritti del “popolo lavoratore” oggi hanno gettato la maschera e dimostrano a ogni occasione che il popolo (lavoratore o nullafacente) gli fa proprio disgusto. Personaggi come Calenda, Bertinotti, Renzi, D’Alema, Zingaretti, Sala, Librandi e compagnia stonante ne sono la prova vivente: la puzza sotto il naso che hanno quando parlano della “gente comune” non riescono a nasconderla nemmeno sotto le mascherine anticovid.
Chiusa parentesi.

Secondo Zuppini, la Destra “manca di unità di intenti, di forza, di possanza, di spirito d’iniziativa, mantenendosi aggrappata alle percentuali di voto che la rendono maggioritaria ma che potrebbero sbriciolarsi domattina.”
E, aggiungo io, la Destra esiste grazie agli elettori, prevalentemente e visceralmente anticomunisti. Esiste nonostante la destra (nel senso di politici di destra) che ci ritroviamo. I voti ci sono, pronti a calare nelle urne, nonostante leader deboli e incapaci di incarnare pienamente la voglia impellente di cambiamento e nel contempo stabilità e monoliticità dell’elettorato.
Da una parte abbiamo personaggi troppo preoccupati di piacere, di sembrare “uno di noi”, facendo un uso smodato dei social, dove pubblicano financo le foto più private di intimità domestica. Credendo, forse, di racimolare voti mostrandosi “persone alla mano”, cittadini qualunque. Tra una colazione con brioche e cappuccino, un’insalata caprese, un’impepata di cozze e un’abbuffata di ciliegie, pensano di riscuotere simpatie e consensi. Ma non è matematico che alle simpatie corrispondano i voti. Perché, come me, molti preferiscono un leader meno simpatico, meno piacione, meno alla mano, ma che sappia condurre la nave Italia nella tempesta ma anche nella calma piatta.
Avrete capito che sto parlando di Salvini, che non pare capace di supportare la qualità delle idee con una qualità d’immagine e una credibilità che ancora oggi sono necessarie, anche se qualcuno pensa che si tratti solo di forma e non di sostanza.
Per quanto riguarda invece la Meloni, bisogna dire che ultimamente ha dato una sterzata al suo uso dei social e sembra un po’ più sul pezzo, meno propensa a sciorinare un’immagine casalinga, amichevole, da pacca sulle spalle, e più concentrata sulla politica in senso istituzionale, sulle idee più che sugli ammiccamenti.
Dall’altra parte ancora c’è un Berlusconi che, non abituato alle seconde o anche terze file, vorrebbe riprendersi il ruolo di protagonista (di cui ora si scopre defraudato da un vero colpo di stato, come ho spiegato anche nel mio libro Antivirus. Emergere dall’emergenza) e per farlo tiene un atteggiamento bipolare, facendo opposizione a parole ma poi nei fatti mercanteggiando con gli avversari. Tanto da apparire molto più attento al tornaconto personale e/o aziendale che al bene della nazione.

Insomma, è un’opposizione priva di quell’identità che dovrebbe darsi per poter proporre agli elettori quella svolta che tutti ci aspettiamo. Un’opposizione che tira a campare, che vive, è attiva e si anima più per evidenziare gli errori della sinistra (compito facilissimo, del resto, vista la litania di porcate che la sinistra inanella una dopo l’altra), che per proporre un’alternativa.
Zuppini invoca perciò un evento che riunisca e metta in luce le menti migliori, che ci sono e sono tante.
Marcello Veneziani, dalle pagine de La Verità, fa altrettanto, evidenziando la presenza di una forma di sottomissione della destra allo straripare della (pseudo)cultura di sinistra. E si chiede:

“Perché non c’è un altro racconto oltre quello unico, globale, ossessivo, che ci viene propinato ogni giorno? Perché l’agenda dei temi e delle narrazioni, il senso della nostra epoca, è sempre in quelle mani e chi vi si oppone al più gioca di rimessa, avversa i loro discorsi, contrasta le loro dominazioni, ma senza lanciare modelli, linguaggi, valori, racconti alternativi?”

Sembra quasi che la destra soffra di un complesso di inferiorità nei confronti della “cultura” di sinistra. Che si diverta a ghettizzarsi, a rinchiudersi introspettivamente in sé stessa e a farsela e dirsela sempre tra pochi, senza cercare di incidere sul tessuto socioculturale ma lasciando sempre agli altri lo spazio e la scena.
Un po’ per una forma di individualismo, un po’ per mancanza di coordinamento, un po’ per una forma di snobismo alla rovescia che predilige il fare al pensare, un po’ per una sottile forma d’invidia, a destra gli intellettuali faticano a farsi strada. Mentre a sinistra hanno sempre le porte spalancate, i media pronti a ingozzarsi di presenze di sinistra e ad allevare in seno nuove figure da aggiungere alla schiatta degli “intellettuali”, a destra questa cooperazione, questo filo che dovrebbe unire le persone di cultura non c’è.
“Mancano le coordinate del pensiero di destra che faccia sentire meno orfani tutti quegli italiani rimasti attaccati a valori e letture opposte al blacklivesmatter-pensiero.”, scrive Zuppini.
E come non dargli ragione?

Nel mio piccolo posso portare la mia personale esperienza. Quando 23 anni fa fondai il Fondo Amici di Paco, molti videro in me un nuovo astro nascente della sinistra. Il sillogismo “tutti gli animalisti sono di sinistra, la Lanciotti è animalista (e in più scrittrice), la Lanciotti è di sinistra” mi procurò una serie di inviti in tv e di citazioni sulla stampa da montarsi la testa. Poi, quando scoprirono che… non ero “una di loro”, che non intendevo vendermi o svendermi alla politica, gli inviti e gli articoli si diradarono drasticamente.
Come dice Marcello Veneziani:

“l’egemonia culturale ha il monopolio della narrazione, ed è tutta dall’altra parte, un tempo marxista e gramsciana, poi sessantottina, radical-progressista e antifascista, e ora pure grillo-trasformista. Il potere culturale si annoda all’establishment ed è nelle mani sinistre, non solo da noi; ed è esercitato, non ci stancheremo mai di ripeterlo, come una cupola mafiosa, con gli stessi metodi, protezioni, esclusioni, ostracismi e omertà, anche se incruenti.”

Ed è quello che è successo a me. In modo “incruento”, certo: mica mi hanno gambizzata. Però dopo avermi portata agli altari, hanno cercato non dico di gettarmi nella polvere, ma in ogni caso nel dimenticatoio…
Allora, direte voi, una volta chiaro che non sei di sinistra, sarai diventata la beniamina della destra: la prima animalista non schierata a sinistra, quando animalismo e ambientalismo parevano monopolio della sinistra… roba da farle ponti d’oro.
E invece no. Forse perché, pur scrivendo, non ho scritto un libro su Nietsche, o l’ennesimo saggio revisionista sul fascismo o il nazismo, o perché non uso linguaggi e simboli di una Destra conservatrice, da Paleolitico. Non lo so. Fatto sta che, invece di fare “combutta” tutti insieme, noi che operiamo nel “sociale” o nella cultura e siamo a destra siamo disuniti più che mai e ognuno si coltiva il proprio orticello.
Se fossi stata a sinistra mi avrebbero “sfruttata” mostrando al mondo le mie mirabolanti iniziative a favore degli animali, i miei (ora 21) libri, la mia rivista.
Ma ho scelto la parte sbagliata, quella dove non si sa e non si vuole “investire” sui talenti e si lascia che sia solo e sempre la “concorrenza” a farlo.

Sta succedendo, anche se qualcuno sorriderà all’esempio, a Lorella Cuccarini. Seguitissima conduttrice tv passata dall’essere “la più amata dagli Italiani” a quella che non verrà riconfermata alla conduzione de La vita in diretta sulla RAI. Non perché non abbia avuto successo, ma perché non ha nascosto le sue simpatie per la Lega.
Alla faccia della libertà di pensiero.

Come dice Veneziani:

“La destra è realtà nuda e cruda, la sinistra è rappresentazione, molteplice e polivalente. La destra è piazza e urna, la sinistra è salotto, terrazza, poteri, cattedra, pulpito, sacrestia, editoria, libro, premio, film, tribunale, teatro, tendenza, regime, anarchia, eccetera. Viviamo, non solo in Italia, in una democrazia asimmetrica, squilibrata…. E quel che più sconforta è che questo tema non viene minimamente sfiorato o solo compreso da chi potrebbe da un giorno all’altro trovarsi a governare l’Italia. Non dico che si debba creare un’egemonia culturale uguale e contraria, ma almeno avere due chiavi di lettura diverse della realtà. Non dico che si debba riuscire nella titanica impresa, ma nemmeno provarci, però, è imperdonabile. E se non si affronta questa contesa su questo piano, l’atteso cambiamento si riduce a una piccola roba di breve respiro, che non lascia tracce. Non ci cambia la vita se Salvini o Meloni vanno al governo; invece cambia davvero se qualcosa muta nelle idee dominanti, nella vita reale, nella mentalità dell’epoca.”

Ha ragione Veneziani: a fronte di uno strapotere della sinistra che ci vorrebbe tutti “monopensanti”, allineati e compiacenti, a destra manca una leadership anche e soprattutto culturale seria, univoca, trasparente. Manca la voglia di coagulare il libero pensiero evitando che si disperda in tanti rivoletti, indebolendosi, per farlo diventare un Pensiero Libero, forte, capace di contrapporsi senza complessi d’inferiorità al Pensiero Unico Dominante dettato e spacciato dalla sinistra.
Manca un substrato culturale forte, che sappia restare tale anche fuori dal periodo contingente, che stratifichi e consenta alla cultura di destra di mettere radici robuste, profonde, inestirpabili.

Diana Lanciotti

 

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