– GUARIREMO SOLO SE… (novembre 2021)

Come emergere sani (di corpo e di mente) dalla prima pandemia mediatica che ha colpito il mondo

Intervista a Diana Lanciotti all’uscita del suo ventiduesimo libro, una riflessione critica e attenta sull’attualità, la politica, la società per capire quanto di vero e quanto di falso c’è nella “narrazione” che da mesi ci viene propinata sulla pandemia che ha sconvolto il mondo e recuperare la propria capacità di distinguere l’informazione libera e imparziale da quella pilotata.

“Guardiamoci in giro: dov’è finito l’essere umano capace di lottare per la propria libertà? L’uomo che nei secoli ha scritto pagine gloriose nella storia dell’umanità? L’uomo che si è sacrificato per consegnare alle future generazioni un mondo libero da qualunque tirannia? L’uomo delle grandi conquiste tecnologiche? L’uomo geniale, quello delle scoperte scientifiche, delle sfide spaziali, dei capolavori dell’arte e della letteratura? Quello stesso uomo è stato sconfitto. Da un minuscolo virus.La pandemia da coronavirus ha colpito non tanto il nostro fisico quanto la mente e la capacità di discernimento tra vero e falso, realtà e finzione. Sotto il martellamento continuo di notizie contrastanti, esposta a un’informazione totalmente allineata e succube del potere, ogni certezza vacilla, la voglia di accettare qualsiasi limitazione alla nostra libertà “purché se ne esca” si insinua gradualmente, e radica in fisici e menti sfiancati dalla paura e dalla disinformazione. Ora siamo davanti a un bivio: continuare per questa china sempre più insidiosa, verso la cessione via via totale dei diritti e delle libertà individuali e costituzionali, o esprimere il nostro dissenso con le parole e soprattutto le azioni.”
Sono queste le domande impietosamente lucide che Diana Lanciotti si fa a quasi due anni dalla dichiarazione della pandemia che ha sconvolto il mondo, rivoluzionando il nostro modo di vivere, lavorare, pensare. Dopo Antvirus, Emergere dall’emergenza, un libro ristampato già quattro di volte, qualcuno potrà pensare che, dall’animalismo, la Lanciotti si sia data alla politica. Ma lasciamo che sia lei stessa a spiegarcelo.

Diana, da sempre combatti il Pensiero Unico Dominante, a favore della trasparenza e correttezza dell’informazione. Qualcuno però forse si stupisce per il nuovo filone che hai intrapreso. Hai abbandonato le storie di animali e… ti sei data alla politica?
«Non è proprio così. L’essere umano non può rinchiudersi in compartimenti stagni: è nato per spaziare, non per fossilizzarsi su un solo obiettivo. Occuparsi di animali come faccio da oltre 24 anni non significa e non ha mai significato per me essere avulsa dalla realtà. Io ho un bisogno impellente di sentirmi utile, di dedicarmi a una causa in cui credo e a cui credo di poter dare un mio contributo. Impegnarsi per gli animali non esclude di interessarsi di politica, di attualità… di vita, insomma. Da giovane ho fatto politica attiva, ma mi sono resa conto che sono troppi i compromessi da accettare e ho rinunciato. Ciò non toglie che, fuori da qualunque area partitica, io possa sfruttare la mia capacità di comunicare per esprimere le mie idee e provare a migliorare ciò che a mio avviso non va.»

Cos’è che non va, in questo momento?
«Troppe cose, purtroppo. E non mi riferisco solo al Covid in quanto malattia, ma a tutte le trasformazioni che questa pandemia ha provocato nel mondo. Un mondo che certamente aveva qualcosa da aggiustare, nessuno lo nega, ma di colpo è cambiato drasticamente, lasciandoci senza certezze, senza punti di riferimento. Come se tutto quello per cui abbiamo vissuto, in cui abbiamo creduto, per cui ci siamo sacrificati ora non avesse più nessun valore, fosse da buttare a mare. Un bel giorno è arrivato qualcuno e ci ha detto: “Basta. Quello che hai fatto finora non va bene. La tua libertà, a cui tenevi tanto, non potrai più averla. Ora sei dello Stato, che decide per te ogni passo che dovrai fare, che pensa per te come un tutore pensa a un disabile che non è in grado di badare a sé stesso. È avvilente, dopo tutte le battaglie per la libertà e la democrazia che hanno visto uomini e donne morire.»

Forse esageri un po’. Abbiamo ancora la nostra libertà…
«Dipende da qual è il tipo e il livello di libertà di cui riesci ad accontentarti. Quello che ti fanno credere sia sufficiente per avere una vita soddisfacente. Purtroppo molte persone stanno perdendo il gusto della vita, una vita piena e attiva, per paura di morire. Non vivono per paura della morte. Dentro sono già morte, rassegnate.»

È in corso un grande dibattito tra novax e sivax. Tu come ti poni?
«Purtroppo sembra diventato “Il Dibattito”. L’unico su cui si impernia il confronto sui media e nella vita di tutti i giorni. Come se non ci fosse nient’altro di cui parlare. Hanno creato una divisione netta, ingiustificabile e pericolosa tra i cittadini, ancor più di quanto abbiano sempre fatto con l’ideologia politica. Persino quella, che peraltro ha sempre creato le più profonde divisioni tra le persone, ora è superata, per far spazio all’ideologia, anzi alla religione vaccinista o antivaccinista. Una situazione assurda e intollerabile.»

Con questo libro che obiettivo ti poni?
«Di risvegliare le coscienze sopite, di far cessare questo scontro continuo su una questione sanitaria e non politica, che è stata strumentalizzata, avvolta dal fumo della disiformazione. Vorrei dare la giusta dimensione al problema.»

Quindi sei novax e negazionista?
«Per carità, evita almeno tu di appiccicare etichette a vanvera. Non sono novax ma nemmeno adoratrice del vaccino. So bene quali sono i pericoli insiti in entrambe le posizioni. E conoscere la verità può aiutarci a fare scelte consapevoli, non dettate dalla paura o dall’ignoranza.»

Era una provocazione, ovviamente.
«Lo so, anche perché sai come odio i bollini e il voler catalogare tutto e tutti, secondo una visione mistificatrice che attribuisce la sapienza e la verità solo a chi la sa raccontare meglio o usando la voce più alta. Le varie virostar e le soubrette del virus che vanno in tv da mattina a sera, con spocchia e disprezzo per chi non la pensa come loro, sono il modello a cui non dovremmo mai ispirarci. Hanno veramente esagerato a confondere le idee e seminare terrore. Tornando alla tua domanda, che non voglio eludere: non sono novax né negazionista. Semplicemente, grazie al mestiere che faccio, cioè il marketing e la comunicazione, ho dovuto imparare che ciò che si vede e si dice non sempre è la verità, e spesso dietro la storia che viene raccontata dai più si nasconde un cumulo di menzogne. La mia formazione professionale mi porta ad approfondire e non fermarmi sempre e solo alla versione ufficiale, che spesso è la più comoda e quella che fa più comodo. Sono costretta, per il lavoro che faccio, a guardare “dietro” le cose, a capire che cosa c’è di nascosto dietro le facciate. E ti assicuro che non è una condizione privilegiata, perché a volte sarebbe molto più comodo adeguarsi, farsi trasportare dalla corrente, accontentarsi della rappresentazione messa in scena. Non è una posizione comoda, credimi, aver sempre, su tutto, un approccio critico e analitico. A volte è stancante.»

Però qualcuno deve pur farlo. C’è chi se lo aspetta da te e da persone con la tua preparazione. I lettori di Antivirus. Emergere dall’emergenza hanno apprezzato la passione con la quale dici le verità più pesanti con una chiarezza e un coraggio rari nel mondo dell’informazione.
«Posso capire tanti colleghi giornalisti per cui lavorare vuol dire mangiare oppure no. E dato che l’informazione è tutta concentrata in poche mani, finisci per lavorare senza volerlo per un editore a cui non interessa informare correttamente i lettori o i telespettatori, ma continuare a godere dei favori della politica e ancor di più, oggi, della finanza, e coltivare “amicizie” utili. Purtroppo editori liberi non ce ne sono quasi più. E se vuoi lavorare devi assoggettarti alle “linee guida” dettate dall’editore, al quale sono state dettate da chi manovra le pedine sullo scacchiere internazionale.»

Tu invece non devi rispondere a nessun editore. Perciò sei veramente libera di esprimere le tue opinioni.
«Sì, ho questa, per me, grande fortuna. Non campo di giornalismo, ma di consulenza di marketing e comunicazione (con la Errico & Lanciotti, l’agenzia di cui Diana è titolare insieme al marito Gianni, n.d.r.) perciò non devo sottomettermi a logiche editoriali. Trovo così triste vedere giornalisti che un tempo stimavo spogliarsi della loro credibilità per rincorrere un’informazione viziata, omologata, per propinare, tutti in un noioso coro, la stessa monotona storiella.»

Sono quelli che chiami, in modo impietoso ma efficace, “lustrascarpe del potere”…
«Sì, per me sono quei giornalisti che osannano i “potenti” in modo imbarazzante, con una piaggeria che disonora la categoria. È un dispiacere vederli ridotti a tante fotocopie, a ripetitori di comunicazioni partite da un’unica fonte, allineati e coperti senza un rigurgito di dignità. Un pessimo servizio alla professione giornalistica e al pubblico, che ha diritto a un’informazione imparziale.»

Ma perché in tempi di democrazia l’informazione è imbavagliata?
«Perché la Finanza… finanzia tutto ciò che può servire per orientare l’opinione pubblica, i consumi, il modo di vivere verso la direzione voluta. Qualcuno forse pensa che il business del momento siano i vaccini. In realtà quello non è che la punta dell’iceberg di un colossale movimento di denaro e potere che arricchisce a aggiunge potere alle solite élites, alla solita oligarchia che ha in mano le sorti del mondo.»

Un discorso caro ai complottisti…
«Ma no, non è questione di complottismo: è questione di realismo. Quando la dialettica scompare e gli argomenti scarseggiano si ricorre al bollino di “complottista” e si rifiutano le evidenze. Io, te, la stragrande maggioranza delle persone abbiamo un potere minimo di cambiare le cose, perché la diligenza non siamo noi a condurla, anche se ci illudiamo finché possiamo curare il nostro orticello. L’unico modo di cambiare le cose sarebbe votare, eleggere veri rappresentanti dei cittadini ma, come vedi, da tempo abbiamo governi imposti dall’alto, con la scusa dell’emergenza: governi legittimati proprio dall’emergenza, che dimostrano ogni giorno di più il totale scollamento tra “politica” (ammesso che possiamo ancora definirla così) e società.»

Cosa possiamo fare, Diana?
«Non mollare, resistere, esprimere il nostro dissenso, cercare di far valere i nostri diritti. Ognuno può fare qualcosa, nell’ambito delle sue capacità e le sue competenze. Per quanto mi riguarda, cerco di fare informazione in modo corretto, non imponendo i miei punti di vista ma stimolando la riflessione. Il pensiero libero fa paura, perciò dobbiamo sostenerlo con ogni sforzo.»

Uno dei modi è leggere il tuo libro, il cui ricavato, come per tutti i tuoi libri, è devoluto al Fondo Amici di Paco a favore degli animali senza famiglia.
«Sì. E dato che la crisi ha causato una fortissima riduzione delle donazioni, anche stavolta ho deciso di destinare i diritti d’autore per sostenere la Campagna Antiparassiti con cui da vent’anni doniamo ai rifugi in tutta Italia i prodotti antiparassitari. Inoltre, per Natale, abbiamo deciso di venderlo direttamente, senza passare dalla libreria che si trattiene buona parte del venduto, per poter avere maggiori introiti.»

Paola Cerini

Il libro, presentato in anteprima esclusiva su Amici di Paco n° 76, può essere acquistato utilizzando il modulo d’ordine a centro rivista o sul sito www.amicidipaco.it (a questo link). In libreria sarà presente da aprile 2022.
Per informazioni: tel. 030 9900732, fax 030 5109170
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