– LIBERA MENTE (maggio 2022)

Il 23° libro di Diana Lanciotti per liberare la mente dal Pensiero Unico e… aiutare i cani e i gatti senza famiglia

Intervista a Diana Lanciotti all’uscita del suo ventitreesimo libro, un’analisi critica e tagliente sull’attualità, la politica, la società per riflettere sul ruolo preponderante dell’informazione nel condizionare l’opinione pubblica e muoverla come le pedine sulla scacchiera di un mondo sempre più connesso digitalmente ma sempre più sconnesso dalla realtà e dall’obiettività.

“La propaganda va sempre distinta dall’informazione. Ma sono pochi coloro che riescono a fare questa distinzione, in una società in cui si crede per induzione più che per convinzione. Purtroppo sempre più spesso l’informazione (o la disinformazione) si presta a essere una potente arma di distrazione di massa e di distruzione delle facoltà intellettive.”
Così scrive Diana Lanciotti nella prefazione al suo nuovo libro, in cui per la terza volta si dedica ai temi dell’attualità, della politica e della società, con il ben noto approccio “fuori dal coro”, che piace tanto ai suoi lettori e a chi non trova nei media principali l’obiettività che servirebbe per comprendere gli eventi.
Dopo il successo di Antivirus, Emergere dall’emergenza e Guariremo solo se… a qualcuno potrà sembrare che la Lanciotti abbia scelto la politica e abbandonato l’animalismo.
Ne abbiamo parlato direttamente con lei.

Allora, Diana, questo tuo terzo libro sancisce un abbandono delle storie di animali tanto care ai tuoi lettori che ti seguono dal tuo esordio, che risale a ventisette anni fa?
«Ma no, ma no. Il fatto è che ho sempre bisogno di prendermi a cuore una causa, e in questo momento particolare della storia dell’umanità la causa animalista è purtroppo messa in ombra da tragedie umane di portata mondiale. Non è che io la stia trascurando, però: proprio in questo periodo sto organizzando la ventesima edizione della Campagna Antiparassiti, con la quale ogni anno aiutiamo decine di rifugi in tutta Italia.»

Quindi, possiamo tranquillizzare i tuoi lettori “animalisti”: la Lanciotti, incontrastata regina di storie di animali, tornerà a farsi leggere?
«Assolutamente sì. Oltretutto vedo che tanti miei lettori “storici” condividono questo filone e mi seguono con entusiasmo. E poi c’è da considerare che, come è già successo con i miei romanzi (Black Swan-Cuori nella tempesta, White Shark-Il senso del mare, Red Devil-Rotte di collisione, Silver Moon-Lo stregone del mare, n.d.r.) con questo genere letterario posso avvicinare alla realtà del Fondo Amici di Paco tante persone che non leggerebbero libri sugli animali.»

Certo, perché come per tutti i tuoi libri il ricavato è destinato all’associazione che hai fondato 25 anni fa. Venticinque anni, Diana… ma ci avresti mai pensato, allora, che sarebbe durata tanto e avresti fatto tanto?
«No, davvero. Siamo partiti quasi per caso, come ho spiegato in Paco. Diario di un cane felice: non riuscendo a trovare un’associazione (allora ce n’erano pochissime) che accettasse i diritti d’autore di Paco, il Re della strada, ce la siamo creati. Il Fondo Amici di Paco è nato per destinare ai rifugi i diritti d’autore del libro, e poi ha iniziato a ricevere sostegni anche se non richiesti e i sostenitori che avevano ricevuto il primo numero (che doveva essere anche l’unico) di Amici di Paco ci hanno chiesto di farlo diventare un periodico, di potersi abbonare, eccetera. Ci siamo trovati a colmare un vuoto che c’era, grandissimo, e che le poche associazioni che allora si occupavano (più sulla carta e… in banca, che in realtà) di abbandono e randagismo non davano segni di voler colmare. Poi sul nostro esempio c’è stato un generale risveglio e sono nate tantissime associazioni stimolate da tutte le nostre iniziative a favore degli animali: dalle campagne di sensibilizzazione, tutte realizzate gratuitamente dalla mia agenzia (la Errico & Lanciotti, che cura tutta la comunicazione del Fondo Amici di Paco e di Paco Editore, n.d.r.), agli aiuti concreti ai rifugi, grazie ai quali siamo da anni l’associazione che dona la maggior quantità di prodotti antiparassitari, che per molti rifugi è una spesa non sostenibile. Per non dire del cambiamento che attraverso il nostro approccio “persuadere con dolcezza” siamo riusciti a portare nei rapporti tra uomo e animali.»

A proposito del motto “persuadere con dolcezza”, che è tuo e hai trasmesso al Fondo Amici di Paco, credi che anche l’informazione in generale potrebbe farlo suo?
«Non sarebbe male. La comunicazione dei mass media punta sempre più spesso sul sensazionalismo, sulla spettacolarizzazione, sull’effetto pugno nello stomaco. È un modo molto più facile di arrivare al pubblico e attirarne l’attenzione, visto che la gara a chi si fa notare di più lo distrae molto e lo distoglie, rendendolo infedele e sempre in cerca dell’effetto più eclatante ed esplosivo. E chi è capace di offrirlo spunta gli ascolti più alti.»

Non a caso stai usando aggettivi adatti al momento…
«In effetti anche questa guerra tra Russia e Ucraina (di cui parlo nelle ultime pagine del mio libro, ma che spero sia già finita quando i miei lettori lo leggeranno) sta diventando un modo per tenere incollati ai media gli spettatori. È la prima guerra mediatica a cui assistiamo, e guarda caso viene subito dopo la prima pandemia mediatica della nostra storia. Fatte le prove generali col covid, ora conoscono molto bene le leve e gli strumenti per monopolizzare l’attenzione del pubblico. Che andrebbe anche bene. Il problema è che pretendono, e in buona parte ci riescono, di condizionare l’opinione pubblica, creando un’ondata di conformismo che sommerge chi osa proporre un punto di vista anche solo leggermente diverso, un dubbio, fare domande per avere chiarimenti.»

Un po’ come una fede religiosa.
«Esatto. O credi a quello che ti dicono o diventi un eretico. Si moltiplicano a ogni livello, dai politici agli “scienziati”, dagli analisti militari ai tuttologi, gli emuli di Torquemada, che pretendono di zittire i dissenzienti. La famosa, infelice e indigesta frase del sottosegretario alla Salute Sileri “Renderemo la vita difficile ai novax” è proprio il simbolo di questa stretta punitiva e coercitiva da Inquisizione dei tempi moderni.»

In un panorama di intellettuali e animalisti che amano prendere posizioni su ogni evento, tu spicchi proprio per non essere schierata, per essere una scrittrice e anche un’animalista (perdonami la definizione, che non ami) “fuori dal coro”. Basta un giretto sul tuo sito per rendersene conto. La tua è una scelta difficile.
«Chi mi conosce sa quanto non mi piaccia schierarmi da una parte o dall’altra, e quanto io rivendichi sempre il diritto alla neutralità intesa come obiettività e a usare il mio cervello, anziché portarlo all’ammasso.»

Sei sempre stata così?
«Sì, purtroppo. Dico purtroppo perché non è facile mantenere sempre una posizione critica e non farsi coinvolgere o travolgere. Non è comodo continuare a farsi domande, voler vedere cosa si nasconde dietro le facciate, anziché accontentarsi della versione ufficiale e aderire obbedienti al Pensiero Unico Dominante. Mi occupo di comunicazione da quasi quarant’anni e, mio malgrado, ho affinato il senso della diffidenza: quando tutto il racconto va verso una sola direzione, cerco di capire cosa c’è nella direzione opposta.»

A opporti al mainstream rischi però di vederti appiccicare etichette: complottista, novax, filorussa, per elencarne alcune di quelle più in voga al momento.
«E una volta che ti hanno appiccicato un bollino addosso non è facile levarselo. Sono bollini con una colla resistentissima. Anche se si tratta di calunnie, sentirseli addosso può far male. Io che da anni predico il rispetto per gli altri, umani e animali, non riesco a capacitarmi che esista una quantità di cattiveria che sembra infinita, nell’essere umano, che lo porta a discriminare, dividere in categorie e odiare il prossimo.»

Manca la capacità di mantenersi equidistanti, di non farsi trascinare.
«Mancano il buon senso, la conoscenza, la voglia di informarsi e confrontarsi, l’apertura mentale, la disponibilità al dialogo, l’umiltà di conoscere, la capacità di non intrupparsi e di non diventare schiavi dei pregiudizi. Succede che, se non la penso come te, se non mi uniformo alla Verità Assoluta di cui credi di essere l’Unico Depositario (mentre spesso sei semplicemente un Grande Mistificatore), tu giri la frittata a tuo favore, mi appiccichi un’etichetta e mi fai passare per ciò che non sono.»

I social danno una bella mano agli odiatori… So che non li ami molto, i social, e ne sei sempre stata alla larga.
«I social sono una valvola di sfogo per i frustrati sempre pronti a riversare il loro odio su chi è diverso da loro. Sono una bella palestra in cui si può allenare la propria cattiveria o, al contrario, la propria capacità di confrontarsi rispettandosi l’un l’altro. Ho sempre detto che Facebook non mi piace, per come l’hanno fatto diventare: da celebrazione dell’amicizia, facilitatore di contatti e di scambi, sempre più spesso si rivela arena di scontri, di scanni, spazio per gente litigiosa, per la creazione di fazioni o vere e proprie gang (le “gangs of Facebook…”) Insomma, l’antitesi dell’amicizia. Da un paio d’anni, invece, oltre al mio sito che già mi impegna abbastanza, scrivo anche su Twitter. Mi aiuta molto a sintetizzare in poche parole il mio pensiero e a confrontarmi con un mondo di idee. Anche lì ci sono deviazioni, nel senso di odiatori, gente che offende, minaccia. Ma basta lasciarli nel loro brodo e fingere che non esistano. Mi piace l’idea di poter trovare in tempo reale le opinioni di persone, come giornalisti, politici, opinionisti, esperti. Poi anche lì si può scegliere se abbeverarsi a tutte le fonti, e poi trarre le proprie conclusioni, cosa che richiede molto più tempo, o operare una selezione delle fonti. L’importante è mantenere una visione globale, non faziosa.»

Diana, come hai scritto tu, viviamo nell’epoca in cui se un fatto non va in tv o sui giornali non esiste, non è avvenuto. È così grave?
«Lo è se rende intellettualmente pigri e ci impedisce di approfondire, analizzare, ampliare le proprie conoscenze. Poi è inevitabile che nell’era dei media ciò che non passa attraverso tg, giornali e social passi in secondo piano. Un buon giornalista (e ce ne sono sempre meno) dovrebbe cercare la notizia e offrirla al proprio pubblico nella sua nudità, anche se non è “telegenica” o “fotogenica”. Ecco, è questo il problema: che si cerca sempre di più il lato “estetico” della notizia, anziché la verità. Non esiste quasi più il giornalismo d’inchiesta, ma solo l’acquisizione di veline che, passate indistintamente a tutti i giornalisti e riversate in articoli o servizi tv, appiattiscono e rendono uniforme e conforme l’informazione.»

In questi dibattiti così accesi, prima tra novax e provax e ora tra filorussi e filoucraini come puoi non farti trascinare e sposare una tesi o l’altra?
«Il mio mestiere implica capire e approfondire per poter informare. Lo sto facendo, a costo di farmi dei nemici. Ma come nell’animalismo ci sono tante verità nascoste o adulterate, ce ne sono tante anche in queste vicende. Per come sono fatta non posso evitare di dare un mio contributo al dialogo e alla composizione pacifica di una contrapposizione che non ha ragione di esistere. Perché alla fine a farne le spese siamo tutti noi cittadini, non di certo chi ci governa e ogni giorno si inventa una nuova “regola” senza nessun fondamento scientifico, giuridico o sanitario, e il giorno dopo è già pronto a cambiarla, oppure decide sulle nostre teste o sulla nostra pelle se entrare o no in guerra.»

Prima la pandemia, ora la guerra. Mi accennavi che nel tuo libro ti occupi anche di questa nuova tragedia che si è abbattuta sul mondo.
«Sì, con la speranza, come dicevo prima, che sia un capitolo chiuso quando i miei lettori leggeranno Libera mente.»

Ma… allora sarà già superato dagli eventi.
«No, assolutamente. Nel libro non mi occupo della guerra in sé, nel senso di giudicarla nel merito (o nel demerito). Analizzo, invece, il ruolo dell’informazione, che ancora una volta cerca l’effetto speciale, facendo largo ricorso anche a fake news, foto e video fasulli o artefatti, messinscene che per gli addetti ai lavori sono palesemente costruite. Sempre più propaganda e sempre meno giornalismo. Con ciò non voglio dire che la guerra non c’è, come non ho mai negato che ci fosse una pericolosa pandemia. Solo che le notizie dovrebbero essere date in modo asettico, nella loro “nudità”, senza sovraccaricarle e spettacolarizzarle. C’è una gara tra giornalisti a chi riesce a fare più scalpore, a suscitare pietà o sdegno più del suo collega-avversario. Una guerra tra giornalisti nell’ambito di una guerra tra stati. Ecco perché vorrei contribuire a mantenere vivo il senso critico e la capacità di ragionare con la propria testa, invece che con quella degli altri.»

La tua posizione, rispetto a questa guerra, qual è?
«Ovviamente di condanna, perché l’idea della guerra non l’ho mai accettata né lo farò ora. Ma non serve a niente prendere le parti dell’uno o dell’altro: serve capire come è nata e, soprattutto, come può evolversi e come possiamo, tutti noi, fare in modo che finisca alla svelta e con il minor numero di vittime. Ma pare che non sia un interesse così diffuso farla smettere. Purtroppo la storia dell’uomo è fatta di conflitti, e dopo la seconda guerra mondiale ci illudevamo che avremmo finalmente avuto la pace. E invece, anche se l’informazione (tanto per cambiare) non se n’è mai occupata, le guerre ci sono sempre. Non c’è giorno dell’anno in cui non ci sia una guerra in corso. C’era già anche prima, da quelle parti. Solo che non se ne parlava perché al circo mediatico, e a chi lo finanzia, evidentemente non interessava. Ora interessa, e sui giornali e in tv, dopo l’orda dei virologi, è arrivata l’orda degli esperti militari. Tutto è finalizzato a orientare l’opinione pubblica in un determinato senso. Perciò ancora una volta si creano gli antagonismi, le contrapposizioni. Prima erano tra provax e novax, ora tra filorussi e filoucraini.»

Qualcuno chiederà: ma che c’azzecca con gli animali? Tu che sei la fondatrice di un’associazione animalista, perché ti occupi di altro?
«Rispondo come nella precedente intervista: io sono Diana Lanciotti, e non solo la fondatrice del Fondo Amici di Paco. Sono consulente di comunicazione e giornalista, quindi mi interesso di qualunque evento riguardi la vita degli esseri umani, non solo degli animali. Non possiamo ragionare a compartimenti stagni e se siamo su un argomento non occuparci di un altro. Occuparmi di animali da 25 anni non ha mai significato per me essere avulsa dalla realtà.»

Con questo libro che obiettivo ti poni?
«Come per i due precedenti, di contribuire a un confronto sereno e far cessare lo scontro continuo su una questione sanitaria e non politica, che è stata strumentalizzata, avvolta dal fumo della disinformazione, e ora sulla questione bellica. In cui ci si lascia trascinare senza averne chiari i contorni e le conseguenze. E dove come al solito i torti e le ragioni non stanno da una sola parte e dove gli stati che non sono direttamente coinvolti dovrebbero essere portatori di pace. Perché per tanto che l’informazione tenda a spettacolarizzare, enfatizzare, facendo apparire tutto come un grande gioco, là si muore.»

Non hai paura che chi ama gli animali più delle persone, e immagino che tra i vostri sostenitori ci sia qualcuno che la pensa così, abbia un rifiuto verso gli argomenti del libro?
«Guarda, ti dirò che non ho mai incoraggiato gli atteggiamenti di chi dice “amo gli animali ma non gli esseri umani”. È un sentimento che non condivido, anche se gli animali sono meno “bestie” di certi esseri umani. Come mi è capitato di scrivere recentemente, pur amando gli animali e difendendoli non condivido l’atteggiamento di taluni “animalisti” che antepongono i diritti degli animali a quelli degli esseri umani. Non c’è nulla da anteporre o posporre, ma c’è da prendere atto con realismo che, in veste di garanti e responsabili del Creato, siamo tenuti a tutelare gli animali ma dobbiamo tutelare anche noi stessi, in quanto parte dello stesso Creato.»

Chiudiamo sul tuo libro, Libera mente. L’informazione è da riformare?
«Purtroppo l’informazione imparziale e corretta è andata a farsi benedire da un pezzo. Alla fine la pandemia (di cui nessuno nega la gravità) è stata trasformata nella più grande operazione di marketing della storia (e di marketing ne so qualcosa, visto che è il mio mestiere da quasi quarant’anni) in cui si è fatto ricorso alle armi più subdole (il terrore, la discriminazione, la disinformazione, il ricatto) per convincere il pubblico con argomenti inconsistenti, inauditi, antiscientifici. Giustificabili solo con la somma ignoranza o la totale malafede di chi li esprime: personaggi di dubbia credibilità, assurti a guru della Scienza. Purtroppo sono troppi i giornalisti che, rinunciando al loro ruolo di segugi e mastini della verità, si sono prestati al gioco. Un gioco pericoloso per la salute e il futuro dell’umanità.»

Come dicevi nella precedente intervista, non ci sono più editori indipendenti che lasciano mano libera ai propri giornalisti.
«Purtroppo editori indipendenti non ce ne sono quasi più. E i giornalisti sono costretti a seguire le “linee guida” dettate dall’editore, il quale a sua volta se le fa dettare da chi manovra le pedine sullo scacchiere internazionale. Non campando di giornalismo, ma di consulenza di marketing e comunicazione (con la Errico & Lanciotti, l’agenzia di cui Diana è titolare insieme al marito Gianni, n.d.r.) posso permettermi di scrivere ciò che penso. Gli unici miei giudici sono i miei lettori, che possono decidere di leggere o non leggere i miei libri.»

A proposito, anche il ricavato di Libera mente, come di tutti i tuoi libri, è devoluto al Fondo Amici di Paco a favore degli animali senza famiglia.
«Sì. E anche stavolta ho deciso di destinare i diritti d’autore alla Campagna Antiparassiti con cui da vent’anni aiutiamo i rifugi in tutta Italia. E per i primi 3 mesi lo venderemo direttamente, senza passare dalla libreria, per garantire maggiori introiti.»

Paola Cerini
(Amici di Paco n° 77, marzo 2022)

 

Il ricavato dei libri di Diana Lanciotti (compresi i diritti d’autore) è devoluto al Fondo Amici di Paco per aiutare gli animali senza famiglia.

LIBERA MENTE
Diana Lanciotti
Paco Editore
198 pagine, con divertenti vignette fotografiche realizzate dall’autrice – 16,90 euro

*Il libro può essere acquistato sul sito www.amicidipaco.it (link) direttamente presso l’editore o nelle migliori librerie.

Per informazioni e acquisti
tel. 030 9900732, fax 030 5109170
paco@amicidipaco.it – www.amicidipaco.it

 

Diana Lanciotti, pubblicitaria, giornalista e fondatrice del Fondo Amici di Paco, è nota per i suoi libri sugli animali. Per chi ama i gatti: C’è sempre un gatto-Dodici (g)atti unici con finale a sorpresa e La gatta che venne dal bosco, storia piena di ironia, emozione e magia. Gli amanti dei cani la conoscono per la quadrilogia di Paco: Paco, il Re della strada, Paco. Diario di un cane felice, In viaggio con Paco e Paco, il simpatico ragazzo, bestseller che hanno per protagonista Paco, il trovatello testimonial del Fondo Amici di Paco. Grazie ai libri fotografici I miei musi ispiratori, Occhi sbarrati e Mostri canini si è fatta apprezzare anche come fotografa.
In Mamma storna ha narrato la storia vera di un piccolo storno caduto dal nido. Boris, professione angelo custode è stato definito “la più toccante testimonianza d’amore per i cani”. Unendo i temi a lei cari, amore, mare, animali, ha scritto Black Swan-Cuori nella tempesta, White Shark-Il senso del mare, Red Devil-Rotte di collisione e Silver Moon-Lo stregone del mare, romanzi d’amore e di mare con i quali ha inaugurato il filone del “romanticismo d’azione”. Con La vendetta dei broccoli, “giallo vegetariano” di grande successo, ha aperto un importante dibattito sulle scelte alimentari. L’esperta dei cani, I cani non hanno colpe e Ogni gatto è un’isola sono dedicati al tema della comprensione dei nostri animali, al quale si dedica dal 2008 sulla rivista Amici di Paco.
In Cara Diana ti scrivo ha raccolto 22 anni di corrispondenza con gli “amici di Paco” ma non solo.
Antivirus. Emergere dall’emergenza, Guariremo solo se… e Libera mente si occupano di tematiche politiche e sociali, con un approccio “fuori dal coro”.
Titolare dell’agenzia Errico & Lanciotti, che firma gratuitamente tutta la comunicazione del Fondo Amici di Paco, è direttore responsabile della rivista Amici di Paco e direttore editoriale di Paco Editore.
Vive in Sardegna e sul lago di Garda con il marito, quattro gatti e due cani. Il suo sito è www.dianalanciotti.it.