PACO. DIARIO DI UN CANE FELICE (dicembre 2000)

PACO. DIARIO DI UN CANE FELICE
Dopo il successo di “Paco, il Re della strada”, il nuovo libro di Paco. Una splendida storia scritta a 2 mani e… 4 zampe

Erano stati in tanti, negli ultimi tre anni, a “pretendere” il seguito di “Paco, il Re della strada”, un libro amatissimo da chi ama gli animali, che ha fatto commuovere ma anche divertire migliaia di persone. Tra cui tantissimi ragazzi, visto che il primo libro di Paco è diventato anche un testo di narrativa scolastica e ogni anno viene adottato da diverse centinaia di scuole medie in tutta Italia.
Ed ora ecco che con questo secondo libro tanto atteso, Paco si riconferma un personaggio memorabile, un “simpatico ragazzo” capace di intrufolarsi nella mente e nel cuore del lettore con la sua indomita forza d’animo, il suo ottimismo a oltranza, la sua sensibilità tutta animale e la sua intelligenza quasi umana. Le stesse qualità che gli hanno permesso, in nove anni, di percorrere, prima in senso letterale, le strade di città e poi, in senso più ampio, le strade della vita, con coraggio e determinazione. Fino a farlo diventare quello che è ora: il beniamino di migliaia di persone in tutta Italia (adulti e ragazzi) che ne hanno fatto il punto di riferimento della propria voglia di fare qualcosa perché abbandono, randagismo, maltrattamenti diventino retaggio del passato.
Dall’uscita del suo primo libro, Paco ne ha fatte davvero tante di cose per aiutare i suoi simili meno fortunati di lui. Per ricordarle insieme, siamo andati a intervistare lui e la sua mamma adottiva, Diana Lanciotti, che per la seconda volta ha prestato la sua penna per narrare questa splendida storia “scritta a due mani e quattro zampe”.
Paco abita a Desenzano, sul Lago di Garda, nella casa in cui Diana da circa 35 anni vive e ha vissuto a fianco dei cani e dei gatti della sua vita. E’ qui che ha sede il Fondo Amici di Paco, l’associazione nazionale per la tutela dei cani il cui simbolo è proprio Paco, il quale, da quando ha di nuovo una famiglia, può permettersi di aiutare i suoi simili meno fortunati di lui. E da quasi 4 anni lo fa con un impegno assiduo e generoso.
«Il mio primo cane è stato il Dick”», ci racconta Diana. «L’aveva portato a casa il papà per festeggiare la nuova casa. I miei genitori, due persone meravigliose alle quali sarò sempre grata per questa oltre che per tantissime altre cose, mi hanno sin da piccola insegnato ad amare e rispettare gli animali. Sono stati loro, attraverso il Dick, a farmi scoprire il mondo canino. La cosa strana è che il Dick assomigliava molto a Paco, a parte i colori. Anche lui era un misto Spinone; ma non si sa per quale strana ragione lo tosavano sempre come un barboncino. Era un cane intelligente e dolcissimo e ancora adesso, vedendo l’unica foto che ho di lui, mi ricordo dei tanti tenerissimi momenti passati a giocare e a raccontarcela.»

Raccontarvela?
Eh sì, io con i cani parlavo e parlo tuttora. Tutti i bambini, non ancora fuorviati da pregiudizi e inibizioni assurde, parlano con i cani. Solo che alcuni, crescendo, perdono questa capacità di comunicare con specie diverse da quella umana, a volte anche con gli umani stessi, e magari deridono quelli che, come me, parlano con i cani. Loro, i cani, capiscono e a modo loro ci rispondono. A volte, anzi, è molto più costruttivo parlare con un cane che con certi umani…

Ancora con la solita storia che “più conosco gli uomini, più amo gli animali”?
Eh sì, può sembrare una banalità, ma è così davvero. Me ne convinco ogni giorno che passa. In questo periodo, poi, ho ricevuto alcune delusioni nei settori dei rapporti umani e del lavoro, e mi è capitato di ripetere questa frase un po’ troppo spesso. Sono convinta che se certe cose fossero gestite dai cani, ad esempio, i risultati sarebbero migliori. Di certo un cane avrebbe più rispetto per gli altri… Vabbe’, comunque parliamo d’altro.

Appunto, parliamo di questa vostra nuova fatica: “Paco. Diario di un cane felice”. E’ la continuazione di “Paco, il Re della strada”?
Un po’ sì e un po’ no. Mi spiego: era nato come una continuazione. Volevo riprendere la storia di Paco dal momento in cui è entrato a far parte della nostra famiglia. Ma poi, come mi era successo nel libro precedente, la storia mi ha preso la mano e sono tornata, anzi siamo tornati indietro a raccontare vicende non svelate nel primo libro.

In più, stavolta, c’è una seconda voce narrante: non c’è solo Paco, ci sei anche tu.
Sì, questa volta siamo davvero coautori. L’altra volta io avevo solo prestato la mia penna, e Paco era il vero autore del libro… ora anch’io mi sono presa i miei spazi.

E il risultato è davvero irresistibile: avete scritto un capitolo a testa, nel quale narrate prima episodi della vostra vita, quando ancora non vi conoscevate, e poi arrivate (e questo è il momento clou) a descrivere l’incontro che vi ha legati per la vita. Averlo raccontato prima tu e poi lui è una vera chicca… E da lì in poi la storia diventa trascinante, in alcuni punti addirittura esilarante…
Sì, in effetti molti di coloro che hanno già letto il libro mi hanno fatto la stessa osservazione: che la scelta di narrare le stesse vicende, viste prima dall’occhio umano e poi dall’occhio canino, rende la lettura particolarmente… frizzante. Io so che ci siamo divertiti a scriverla, e credo che si capisca.

In effetti è così. Addirittura, ho notato che lo stile del racconto cambia se a parlare è l’umana o se è il cane.
E’ vero: Paco ha una forza e una carica di simpatia tali che, devo ammetterlo, trasudano da quanto scrive. Non ci provo neanche a essere all’altezza del suo spirito e della sua ironia. Sarebbe una battaglia persa.

Vabbe’, finora abbiamo scherzato…
Be’, mica poi tanto…

Adesso, Diana, spiegaci veramente perché hai deciso di tornare su una storia che, è vero che ha avuto tantissimo successo, ma poteva anche essere chiusa lì.
Eh no, non era affatto chiusa. Quattro anni fa, quando l’ho scritta (“Paco, il Re della strada” è uscito nel giugno del 1997, n.d.r.), era solo l’inizio. E’ da allora che è veramente partito tutto. E’ da allora che, attraverso l’esperienza di Paco, dopo essermi scontrata per la prima volta con realtà terribili come l’abbandono, il randagismo, i maltrattamenti, ho scoperto che c’è davvero tantissimo da fare per alleviare le sofferenze e la solitudine di tanti cani reclusi nei canili, per evitare che tanti finiscano sotto un’auto solo perché un padrone superficiale ha deciso di disfarsene come si fa con una scarpa vecchia. Paco è stato anche lui trattato come una scarpa vecchia, tanti anni fa; vero piccolino? – e intanto Diana si china a grattare dietro le orecchie di un Paco che scodinzola estasiato, e poi si ribalta a pancia in su come, abbiamo scoperto nel libro, ha imparato a fare per attirare attenzione e coccole.

E così è nato il Fondo Amici di Paco. Anzi, forse dovrei dire che è nato per un caso un po’ più strano. E’ nato perché qualcuno non ha voluto i soldi che avresti destinato dalle vendite del libro…
Sì, l’ho spiegato nel libro, ma preferisco non tornarci sopra.

Certo che un bel sassolino dalla scarpa te lo sei tolto…
Un bel sassone, direi. Ma alla fine quel che è bene finisce bene, ed eccoci, dopo tre anni e mezzo, a guardarci indietro e a poter dire che siamo soddisfatti di quello che abbiamo fatto, sia in termini di aiuti concreti ai canili e ai gattili (nel 2000 siamo arrivati a raddoppiare il numero di pasti regalati ai rifugi), sia in termini di sensibilizzazione.

Mi pare che soprattutto in questo campo vi diate parecchio da fare.
Sì, certo, gli aiuti possiamo distribuirli se riceviamo contributi, invece altre iniziative richiedono più che altro impegno di testa e di tempo. E sono quelle più capaci di “lavorare” nel tempo per creare un terreno più ricettivo al rispetto per gli animali. Parlo ad esempio della campagna contro l’abbandono che ogni anno Mediaset e la Rai mandano in onda gratuitamente (e nella quale Paco recita da vero attore professionista, n.d.r.), o la campagna contro gli “acquisti irresponsabili di cani”, presi a Natale e poi mollati per strada in estate; o altre attività, come l’ufficio stampa con il quale ogni volta che promuoviamo un’iniziativa a favore degli animali più bisognosi informiamo centinaia di giornalisti perché ci aiutino a diffondere il nostro messaggio d’amore e rispetto nei loro riguardi.

Ma come fate a fare così tante cose? La rivista, il Premio Letterario per le scuole medie, i libri, le campagne contro l’abbandono o contro i “maltrattamenti legislativi” ai danni dei possessori di cani?
Aggiungici anche una campagna di educazione dei possessori di cani per una “proprietà responsabile” del proprio cane, che lanceremo attraverso “Amici di Paco”… E’ vero, facciamo tantissime cose. Riusciamo a farle innanzitutto grazie alla passione che ci sostiene, e poi perché, essendo “comunicatori” di professione e titolari di un’agenzia di pubblicità, possiamo sfruttare la nostra esperienza professionale a costi nulli.

Insomma, siete i migliori consulenti di voi stessi…
Eh, più o meno. La fatica e l’impegno sono tanti ma, quando io e Gianni ogni giorno all’ora di pranzo apriamo la posta, ci si allarga il cuore. Riceviamo tanti di quegli incoraggiamenti, tante di quelle manifestazioni di consenso e simpatia che, se qualche volta siamo un po’ stanchi, le forze ci tornano come per incanto.

A proposito di posta: è vero che Paco riceve oltre 1.000 lettere l’anno?
Paco fa cenno di sì con la coda.
Eccome se è vero! – risponde per lui Diana. – Addirittura, nel 2000, da quando abbiamo attivato il nostro nuovo sito internet (www.amicidipaco.it: è bellissimo, andate a visitarlo! n.d.r.), e da quando abbiamo una casella di posta elettronica (paco@amicidipaco.it, n.d.r.) il numero è più che raddoppiato. Siamo arrivati a contare 1.800 messaggi su internet, poi abbiamo perso il conto.

Ma chi è che vi scrive?
Tante persone che come noi amano i cani, magari ne hanno uno o più in famiglia, e vogliono fare del bene ai cani meno fortunati. Oppure sono i cani o i gatti stessi che… prendono carta e penna e scrivono a Paco: per raccontargli la propria storia, per testimoniargli la propria solidarietà, per chiedergli consigli. Il Fondo Amici di Paco è un’esperienza meravigliosa anche dal punto di vista squisitamente umano. Pensa che ogni anno abbiamo contatti con migliaia e migliaia di persone… sì: persone, non solo cani! Persone che ci telefonano a decine ogni giorno, magari con la scusa del cane o del gatto, ma che spesso cercano anche un contatto umano, una parola gentile, un po’ di comprensione. Abbiamo centinaia di amici in tutta Italia, che ci fanno sentire importanti e utili per quello che noi rappresentiamo per loro, per l’aiuto morale che sappiamo offrire, perché ci sentono vicini e veramente interessati ai loro problemi umani, e non solo legati agli animali. E’ un’esperienza gratificante, che ogni giorno ci insegna a conoscere di più non solo gli animali, ma soprattutto i nostri simili, e aiuta a pensare a qualcun altro al di fuori di se stessi. E’ una grande gioia, mi fa sentire particolarmente bene poter fare, nel mio piccolo, qualcosa di buono per aiutare, oltre agli animali, anche tanti umani.

Scusami, ma Paco risponde a tutti?
Magari! Lui vorrebbe, ma da solo non ce la fa, e quindi l’ostacolo siamo noi. Non ce la facciamo a stare al passo. Con internet a dir la verità riusciamo, perché rispondere è molto più immediato. Internet permette un’informalità e una velocità che con una lettera su carta non si riescie ad avere. Il problema è la posta su carta. Lì, purtroppo, gli arretrati sono davvero tanti. Anzi, colgo l’occasione per scusarmi con tutti coloro che aspettano di veder pubblicate su “Amici di Paco” le loro lettere. Cerchiamo di fare il meglio, ma facciamo davvero fatica. Dovete considerare che per noi è tutta attività di volontariato, che purtroppo va in coda rispetto agli impegni di lavoro. Poi lo spazio sul giornale è quello che è. Un invito, allora: per favore, se potete scrivete messaggi un po’ più brevi e, meglio ancora, su internet. Lì sarete certi di ricevere una risposta in tempi decenti. Addirittura su “Amici di Paco” abbiamo da poco creato la rubrica “La posta di Paco on line”, dove pubblichiamo i messaggi più significativi sui più diversi argomenti che possano interessare a tutti gli “amici di Paco”.

Tornando a “Paco. Diario di un cane felice”: quanto c’è di vero e quanto di romanzato?
Tutta la parte che va dall’incontro con Paco al canile fino alla fine è assolutamente vera. Lo stesso vale per la parte precedente in cui racconto di me e dei miei cani. Non così posso dire per la parte che riguarda Paco prima che c’incontrassimo: lì ho dovuto per forza tirare a indovinare…
Paco interrompe Diana con un abbaio perentorio e la guarda da sotto la frangetta con i suoi occhi pungenti.
– Sì, certo, Paco – lo rassicura Diana. E poi, rivolgendosi a noi: – Lui dice che in realtà è tutto vero quello che ho scritto, perché, a sentire lui, sarebbe stato capace di comunicare attraverso il pensiero e farmi scrivere la verità sul suo passato.

Sì, va be’, siamo tornati a scherzare…
Eh no, guarda che non è detto che sia uno scherzo: sono convinta, e con me penso lo siano milioni di persone che vivono a stretto contatto con i loro cani o gatti, che ci sia effettivamente, tra noi e loro, una trasmissione del pensiero. Ogni giorno ne ho la prova. L’esempio più palese l’ho quando Gianni è via e sta tornando. Io lo so almeno un quarto d’ora prima, vedendo l’agitazione dei cani che si preparano ad accoglierlo. Ho da poco letto un libro, “I poteri straordinari degli animali”, scritto da Rupert Sheldrake proprio su questa teoria, provata da tantissime testimonianze raccolte dall’autore sulle facoltà percettive degli animali. Quindi, anche se non voglio dargliela vinta del tutto, non nego che Paco potrebbe avere un po’ di ragione. Probabilmente un’ispirazione da parte sua c’è stata sul serio.

Diana, ci regalerai presto un altro libro?
Magari! Se potessi partirei subito a scriverlo: ho in mente almeno un paio di progetti. Il problema è il tempo. Pensa che per scrivere Paco. Diario di un cane felice c’ho messo due anni. E non perché sia un poema epico, ma solo perché ho potuto dedicarmici nei sempre più rari momenti liberi dal lavoro. Io amo tantissimo scrivere, e ogni giorno per il mio lavoro scrivo tanto. Purtroppo mi manca il tempo di scrivere per hobby. Sogno che prima o poi la situazione cambi, e di poter dedicare sempre più tempo a coltivare la mia passione.

Che tipo di scrittrice sei? Una di quelle che fanno fatica, che scrivono tanto e poi buttano tutto e poi ricominciano da capo?…
No, devo dire che ho l’immensa fortuna di scrivere con grande facilità. Appena sono davanti a un foglio lo riempio molto velocemente. E poi sono molto indulgente, forse troppo, verso me stessa e difficilmente elimino quello che ho scritto. Tutt’al più lo limo, lo rimaneggio, ma mi affeziono troppo per sopprimerlo.

Certo che il tuo stile è molto fluido, direi addirittura musicale: è frutto di tanto lavoro o ti viene così?
Diciamo che mi piace dare un certo ritmo, una certa musicalità alla mia scrittura. E’ una cosa che mi riesce naturalmente, come mi è sempre stato riconosciuto ancora ai tempi della scuola…

Già allora, mi dicevi, i tuoi professori ti vedevano giornalista o scrittrice.
Sì, tutti mi hanno sempre detto che avevo “il dono di scrivere”. Ma non c’è niente di cui vantarsi: è come avere gli occhi azzurri o i capelli rossi, non dipende da te.

Nel frattempo ci ha raggiunti Boris, il “gigante teutonico biondo” di cui con tanta tenerezza Diana e anche Paco parlano nel libro. “Tutto sommato penso di volergli bene, a mio fratello”, scrive Paco a proposito di Boris. Già, perché Boris è da poco più di tre anni il fratellone di Paco; è uno splendido e dolcissimo Leonberger di 70 chili, che adora letteralmente Paco, e pende (fortunatamente non in senso letterale) dalle sue labbra. Paco e Boris incominciano ad annusarsi come fanno i cani. Boris, che sovrasta Paco dall’alto del suo metro di altezza, è visibilmente sottomesso al più piccolo di statura. Si vede che Paco, ex re della strada, ha conquistato il trono di “re della casa”. Adesso ci ha raggiunti anche Gianni, il marito al quale Diana dedica il suo libro e un’intera pagina di ringraziamenti. Salta all’occhio che sono legatissimi, tra loro e ai loro cani. Diana e Gianni sono anche soci nel lavoro, un lavoro che hanno la fortuna di svolgere nell’ufficio adiacente alla casa, situazione che consente loro di godersi anche negli orari di lavoro la compagnia dei due cani e dei tre gatti di famiglia. «So che la nostra è una situazione privilegiata», ammette Diana, «ma ce la siamo creati proprio per avere una qualità di vita che ci permetta, quando siamo stressati dal troppo lavoro, di sorridere, ad esempio, alla vista di Paco che si mette a pancia all’aria e si contorce come un’anguilla, o di Boris che infila la sua testona nel cestino della carta straccia (per lui è la sua cesta dei giochi) per estrarre qualche favoloso gioco, come una busta stropicciata da ridurre in brandelli o una scatoletta vuota, oppure di un micio che dorme sul computer e non ci lascia lavorare perché fa penzolare la sua coda piumosa davanti allo schermo. Sono quelle cose che ti fanno rilassare e capire quanto abbiamo da imparare dagli animali, noi umani sempre di corsa, sempre arrabbiati, sempre pronti a dar battaglia al nostro prossimo e a non rispettare chi non la pensa come noi.»

L’intervista si sta facendo sempre più difficile, con Paco che si è messo ancora a pancia in su per ricevere le coccole, Boris che ha appoggiato i gomiti a terra e, tenendo il voluminoso didietro per aria, lo fa ondeggiare per invitare il proprio fratellino a giocare, e Diana e Gianni sempre più presi ad allungare carezze e a parlare con i loro cagnoni. Si adorano, si vede benissimo, questi umani e questi cani. Forse è meglio che togliamo il disturbo al più presto…
Però un’altra domanda… sorge spontanea.

Una bellissima dedica iniziale e poi una pagina di ringraziamenti interamente dedicata a lui: ma davvero tu e Gianni condividete tutto?
Sì, e comunque cerchiamo di farlo in tutti i modi. Lavoriamo insieme, insieme abbiamo iniziato questa bellissima avventura che è il Fondo Amici di Paco, insieme passiamo tutto il nostro tempo libero. In lui ho trovato, come ho scritto, un marito ma anche il mio migliore amico, il mio miglior critico. Con lui condivido l’amore per gli animali e il rispetto per tutti gli altri inquilini di questa terra, uomini o animali che siano.

Senti, Diana, ancora due parole sul libro: mi sembra, rispetto al precedente, un notevole passo avanti, e non solo per le 320 pagine: mi sembra più completo, più maturo, più adatto a un pubblico molto più ampio che i soli amanti degli animali.
Sì, me l’hanno detto in tanti. In effetti, questi anni di “praticantato” in mezzo al mare delle crudeltà umane nei riguardi degli animali mi hanno permesso di approfondire la trattazione di argomenti come il randagismo, i combattimenti tra cani e tutte le altre nefandezze che gli umani mettono in atto verso gli animali. Ma, in più, lì dentro c’è anche un po’ della mia vita, dei miei pensieri, di certe mie riflessioni di cui volevo rendere partecipi coloro che in tutti questi anni mi hanno seguita e dimostrato il loro affetto: tutti gli “amici di Paco”, insomma.

Ancora una volta un libro che, se uno se lo aspetta di denuncia, in realtà è un romanzo che chiunque può trovare appassionante e piacevole, anche se non è un amante sfegatato dei cani.
Be’ in effetti un libro di denuncia servirebbe solo a farsi leggere da coloro che hanno voglia di leggere le denunce, persone, cioè, già mentalizzate sui problemi degli animali. Io vorrei, com’è successo con “Paco, il Re della strada”, essere letta anche da chi ha voglia di leggere un buon libro e, magari senza accorgersi, finirà per riflettere sul futuro del rapporto tra uomo e animali. Uno dei complimenti più belli che mi ha fatto una professoressa che ha adottato a scuola per due anni di seguito la versione scolastica di “Paco, il Re della strada” è stato: “Certo che un libro così vale mille manifestazioni di piazza a favore dei diritti degli animali”. Spero che potrà dirlo anche per “Paco. Diario di un cane felice”.

In effetti, una cosa che si nota è la mancanza di toni urlati. Pensi che non servano?
Non è detto che non servano; però il mio stile è quello che emerge da ogni pagina del libro, ed è lo stesso che è diventato il motto del Fondo Amici di Paco: “persuadere con dolcezza”. La violenza e la prevaricazione sono peccati che appartengono solo al genere umano: gli animali ce lo insegnano ogni giorno con il loro esempio di bontà e… civiltà. A volte sanno essere più “umani” gli animali di noi.

“Paco. Diario di un cane felice” è un libro allo stesso tempo dolcissimo e scanzonato. Sai costruire situazioni commoventi fino alle lacrime, ma poi sei subito pronta a sdrammatizzarle con l’ironia, a volte tenera, a volte pungente. E riesci a far provare a chi ti legge sentimenti così diversi… a volte si ha la sensazione, leggendoti, di essere manovrati: se decidi di farci piangere, ci fai piangere, se vuoi farci ridere, o anche solo sorridere, ci riesci… Hai un segreto?
Certo!!! Eccolo: scrivo con il cuore. Tutte le emozioni che riesco a suscitare devo innanzitutto provarle in prima persona; non riuscirei, sennò, a trasmetterle. Non credo che ce la farei a scrivere di cose in cui non credo io per prima.

Per concludere, un invito a chi ci legge?
Sì: vogliate bene agli animali e rispettateli. E comprate questo libro, per voi e per regalarlo. Il mio sogno sarebbe che, oltre a coloro che lo comprano in libreria, tutti coloro che leggono la nostra rivista (circa 40.000 persone, n.d.r.), ne comprassero almeno due copie: una per sé e una da regalare a una persona cara. Visto che il ricavato va interamente utilizzato per aiutare i cani e i gatti senza famiglia, il traguardo dei 200.000 pasti potrebbe essere non solo raggiunto anche il prossimo anno, ma addirittura raddoppiato…

Paco, che adesso è tornato in posizione più consona a un cane, cioè con i piedi appoggiati per terra invece che rivolti verso il cielo, scodinzola per esprimere la propria piena e incondizionata approvazione. E’ proprio un “simpatico ragazzo”.
C.N. (da “Amici di Paco” n° 13/14 – dicembre 2000)