IN VIAGGIO CON PACO (giugno 2005)

“In viaggio con Paco”. Le nuove avventure (incredibili ma vere), dell’ex Re della strada

Sono passati 5 anni dall’ultimo libro (il secondo) di Paco e Diana Lanciotti. Sembrava che fosse già stato scritto tutto quanto c’era da scrivere, sulla storia di questo grande cane, grande nel senso del coraggio che ha caratterizzato i primi tempi della sua esistenza, quando ancora cucciolino imberbe fu costretto a districarsi dai pericoli della strada a cui era stato affidato da qualche umano ingrato e insensibile, e grande nel senso di quanto, in seguito, è stato fatto in nome suo per aiutare tanti cani e gatti meno fortunati di lui. Nel primo libro (un successo grandioso, un long-seller che a 8 anni dall’uscita continua a vendere e da 7 anni è anche testo di narrativa scolastica, adottato ogni anno da centinaia di scuole per sensibilizzare i ragazzi ed educarli all’amore e al rispetto per gli altri esseri viventi) Paco raccontava in prima persona le proprie avventure di ex cane di casa divenuto randagio, avventure che terminavano con l’adozione al canile da parte di Diana Lanciotti e del marito Gianni Errico. Il libro fu il primo strumento con il quale il Fondo Amici di Paco iniziò a raccogliere fondi e il modo, per Diana, di capire quanta voglia c’era di aiutare gli animali abbandonati da parte di tante persone sensibili. E farlo attraverso la figura di Paco, cagnolino che incarnava le speranze di tanti cani vittime di soprusi o anche semplice indifferenza, diventava per tutti più facile, più diretto. Da lì il cammino del Fondo Amici di Paco è stato tracciato, senza che ci fosse una strategia di partenza. E’ venuto tutto di conseguenza, giorno per giorno, grazie alla passione e all’impegno di Diana e Gianni, ma anche grazie al supporto di migliaia di sostenitori. Ma lasciamo che sia la stessa Diana a parlarcene. Sono andata a trovarla nella sua casa sul Lago di Garda, e come sempre sono stata accolta dallo scodinzolare festoso di Paco e Boris e dalle fusa di Mimì, Maciste e Qubì, i tre gatti di casa.

Sono passati esattamente otto anni da quando è nato il Fondo Amici di Paco. Ricordo che ci siamo conosciute al Circolo della stampa a Milano, alla conferenza di presentazione del tuo libro Paco, il Re della strada e del Fondo Amici di Paco. Allora, oltre a te, c’era anche Paco, che conquistò tutti con la sua simpatia. Forse nemmeno voi pensavate di avere tra le mani un testimonial così formidabile.
Se devo dirti la verità, non avevamo idea proprio di nulla, allora. Era nato tutto così per caso, che non ci eravamo posti obiettivi precisi. Io avevo semplicemente questo libro in cui un editore come Mursia aveva creduto e si trattava di venderlo e, da parte mia, destinare i diritti d’autore per aiutare i cani e i gatti meno fortunati di Paco.

Ma non avevi fatto i conti con Paco…
Infatti, non mi ero resa conto che, come nel 1992 aveva conquistato me e Gianni fissandoci da dietro quelle sbarre del canile di Verona, Paco stava conquistando anche tutti i giornalisti presenti che nei giorni e nei mesi successivi avrebbero scritto tantissimo su di lui e la sua storia.

E poi avrebbe conquistato anche migliaia di persone in tutta Italia, diventando il beniamino di adulti e ragazzi che ne hanno fatto il punto di riferimento della propria voglia di fare qualcosa perché abbandono, randagismo, maltrattamenti diventino retaggio del passato.
Sì, è successo proprio così, e ancora adesso mi sembra strano che questo botolo bianco e nero sia diventato un “dog symbol”, come diciamo noi scherzando: quando si vuole parlare di un cane abbandonato si pensa subito a Paco. Paco è diventato uno dei nomi più diffusi tra i cani adottati nei canili. Però a pensarci non è poi così strano: quando dicevo che Paco ci ha conquistati dicevo la verità. In quel canile c’erano 149 cani che si affannavano per farsi notare da noi, ma noi notammo più che altro lui, l’unico a non mostrare il minimo interesse nei nostri riguardi. E’ stata la sua forza, nascosta ma potentissima, a creare quel legame che da allora non si è mai allentato, ma anzi negli anni si è rinsaldato.

Ne hai avuto la prova, se ne avevi bisogno, la scorsa settimana, quando hai rischiato di perdere Paco.
Sì, ed è stato terribile… Una prova di cui avrei fatto volentieri a meno. Per colpa della superficialità di certi umani, prima abbiamo rischiato di perdere Boris e subito dopo Paco.

Prima Boris e poi Paco… Vuoi raccontarci?
E’ successo che nel campo qui a fianco è venuto più volte un pastore a far pascolare le proprie pecore, nonostante ci sia un’ordinanza del sindaco che lo vieta. Anche se trattati con i prodotti antiparassitari, Boris e Paco hanno contratto la Piroplasmosi, una malattia tremenda trasmessa dal morso di una zecca infetta. Se non diagnosticata e curata in tempo porta alla morte.

Come si è manifestata?
Febbre altissima e spossatezza per Boris, che proprio il giorno del suo ottavo compleanno ha avuto un crollo fulmineo. All’improvviso non si reggeva più in piedi e non reagiva più a nulla. Per fortuna il nostro veterinariio, il dottor Dalzovo di Verona, è stato ancora una volta bravissimo e ha fatto una diagnosi immediata e prescritto una cura miracolosa. A Paco è successo tre giorni dopo, esattamente il giorno del mio compleanno, quando ricominciavo a sperare vedendo che piano piano Boris si riprendeva dalla batosta. All’improvviso Paco è sceso dalla brandina ed è stramazzato a terra, strabuzzando gli occhi e rimanendo lì stecchito. L’abbiamo visto morto, e nella mezz’ora successiva, intanto che aspettavamo il dottore che si è precipitato da Verona, l’ho visto morire altre due volte. Non aveva la febbre, quindi non pensavo che anche lui avesse contratto la Piroplasmosi. Invece il dottore se n’è accorto subito. Ce li ha salvati tutti e due e gli saremo per sempre grati.

Ti vedo ancora provata.
Sì, molto. Ho vissuto cinque giorni da incubo, con i pensieri più brutti che mi rigiravano nella mente. Dovrei essere in un certo senso preparata: Paco ha 14 anni, ormai, e Boris 8. So che non sono immortali e se le cose della vita andranno seguendo il normale percorso mi rendo conto che ci stiamo avvicinando alla scadenza. Così ho deciso di fare di tutto per godermi ancora di più la loro compagnia. E loro sembrano della stessa idea, visto che da quando è successo il fattaccio non ci mollano un solo istante e ci restano appiccicati come la colla ovunque andiamo.

Be’, passiamo a parlare di un argomento più allegro: il tuo nuovo libro.
Sì, scusami, hai ragione. Ero così contenta di aver scritto un libro allegro, che potranno leggere anche coloro che “non vogliono piangere” leggendo storie di animali, e poi vado a parlare di tristezze.

Be’, è la vita, no? Ed è una parte della tua vita, quella che racconti in “In viaggio con Paco”.
Sì, finalmente ci sono riuscita, dopo due libri che hanno preso la strada che hanno deciso loro.

Cioè?
Ogni volta che inizio a scrivere un nuovo libro parto con un’idea, ma poi la storia mi prende la mano e va dove vuole. Nel caso dei due primi libri di Paco è andata all’indietro, raccontando le sue peripezie di randagio. Solo negli ultimi capitoli di Paco. Diario di un cane felice sono riuscita a narrare alcuni episodi di vita vissuta con Paco.

Direi che è andata molto bene: tutti e due i libri hanno venduto tantissimo e sono serviti a spalancare gli occhi su realtà prima ignorate, come il randagismo, i maltrattamenti e le varie crudeltà degli uomini ai danni degli animali.
Sì, e ne sono fiera. In particolare “Paco, il Re della strada”, per il grande successo che ha avuto in libreria, a due anni dall’uscita è diventato anche testo di narrativa scolastica e ogni anno viene letto da migliaia di studenti ed è anche la base del Premio Letterario Nazionale che, senza quasi che ce ne accorgessimo, è già arrivato alla settima edizione.

Un grosso impegno, per voi, ma anche una grande soddisfazione.
In effetti anche se volessimo esimerci dal farlo i professori ci obbligherebbero. Sono loro a chiederci ogni anno di ripeterlo, perché senza la lettura del libro Paco, il Re della strada e senza la partecipazione al Premio Letterario verrebbe a mancare loro uno dei supporti più importanti per trattare argomenti come il rispetto e l’amore verso “gli altri”, uomini e animali che siano. Guarda, ti leggo una delle tante lettere che mi sono arrivate dagli insegnanti: “Caro Paco, grazie per aver stregato i miei ragazzi, per aver acceso in loro una passione che spesso non vedo, per aver insegnato quell’empatia che i libri scolastici non trasmettono, grazie per le loro riflessioni, per i loro sorrisi… grazie per averli resi migliori con semplicità, toccando da subito quelle corde che un professore cerca disperatamente nel corso degli anni. Sono queste le opere che renderanno, un domani, il mondo migliore”. Un’altra insegnante mi ha rivelato che la lettura del libro di Paco l’ha aiutata a tenere “unita” una classe turbolenta che stava andando allo sbando, e che leggendo le avventure di Paco si è sentita più responsabilizzata. “Li ho visti maturare capitolo dopo capitolo”, mi ha detto la professoressa, “e 6 di loro, su una classe di 21, hanno adottato un cagnolino, mentre 5 hanno deciso che da grandi faranno i veterinari per aiutare i cani nei canili. Due di loro, che erano terrorizzati dai cani, hanno imparato che, se rispettati nella loro natura, i cani sono esseri affettuosi e dolcissimi.” E tutti i professori sono concordi sul fatto che dopo aver riflettuto in modo così attento sulla storia di Paco e sui problemi dei cani abbandonati, da grandi questi ragazzi sapranno comportarsi da persone coscienti e civili. Come hai detto, è un grande impegno… ma a soddisfazioni così come si fa a rinunciare?

Dovevamo parlare del tuo libro, invece stiamo divagando… del resto è facile: fate talmente tante cose che è difficile trattarne una alla volta.
A chi lo dici… Noi stessi a volte ci stupiamo di tutte le cose che abbiamo fatto in questi anni per il Fondo Amici di Paco… e dire che è tutto volontariato, solo che ormai si può dire che assorbe tutto il nostro tempo libero dal lavoro e a volte anche di più.

Allora, prima di passare davvero a parlare del libro, facciamo un elenco?
Sarebbe un elenco lungo. Facciamo così: alla fine di questa intervista pubblichiamo una scheda informativa, così anche chi non ci conosce può informarsi sulle nostre iniziative (n.d.r. La scheda è inserita sul numero 31 di “Amici di Paco”, dal quale è tratta questa intervista. E’ possibile richiederne una copia sul sito www.amicidipaco.it).

OK, allora adesso parlaci davvero di “In viaggio con Paco”.
E’ un libro che abbina le mie due grandi passioni: per i cani e per il mare. Dato che le avventure più divertenti con Paco le abbiamo vissute proprio in barca, ecco che ho potuto divertirmi (e spero divertire) raccontandole.

Anche questa volta hai scelto la tecnica del “diario scritto a due mani e… quattro zampe”: un capitolo a testa, tu e Paco. L’effetto è anche questa volta esilarante.
Del resto aveva funzionato con Paco. Diario di un cane felice. Mi piace analizzare i vari episodi vissuti da due punti di vista diversi: il mio e quello di un cane, in questo caso Paco. Se mi metto nella sua testa, credo di leggere i suoi pensieri e le sue considerazioni su certe cose che noi umani facciamo come se fossero normali, ma che per un cane devono essere pazzie vere e proprie.

Come l’andare in barca, per esempio?
Come l’andare in barca, certo. E farsi ore e ore di navigazione per andare da un punto all’altro, e prendersi sole, caldo, vento, acqua, e ballare sulle onde, quando a casa si starebbe così bene, con un bel tetto sulla testa e i piedi ben piantati in terra…

Oppure come passare la notte alzati perché non si capisce se a tenervi svegli sia una comitiva di marziani in trasferta o una colonia di babbuini fuggiti dallo zoo. Parlo di uno degli episodi in cui si evidenzia al massimo la dicotomia tra il pensare umano e quello canino.
Sì, certo, quella notte noi umani eravamo agitati e preoccupati a causa della nostra incapacità di capire, mentre Paco, che essendo un cane aveva capito benissimo, se ne stava tranquillo e ci guardava come se dubitasse delle nostre facoltà mentali… a volte dà l’impressione di essere più saggio lui di noi. Forse lo è.

Come si comporta Paco, in barca?
Benissimo, da marinaio provetto. Sin dalla prima volta che ci è salito si è comportato come se fosse nato in barca. E tutte le volte che abbiamo incontrato qualche difficoltà lui è stato all’altezza della situazione, dando una mano, anzi dovrei dire una zampa. Come quella volta che in rada a Porto Cervo siamo stati speronati in piena notte da un motoscafo “fantasma”, o quell’altra volta in cui Gianni stava per essere fatto a fettine dalle eliche di un motore, oppure ancora quando siamo stati sorpresi da una tempesta e lui, che non poteva in quel caso aiutare, ha pensato di farlo mettendosi in un angolino e “scomparendo” per non essere d’intralcio. Ma al di là di essere o no d’aiuto, la presenza di Paco è sempre stata fonte di gioia e grande divertimento. Le vacanze più belle le abbiamo fatte con lui, in barca, e ora averle scritte e poterle rileggere mi fa rivivere quei momenti più intensamente che a rivederli in fotografia.

Già, perché in barca avete smesso d’andarci, mi dicevi.
Eh, sì. La vita è fatta di capitoli. Per ora quel capitolo è chiuso.

Ma non per colpa di Paco, mi pare.
No, per colpa di nessuno. Non si può parlare di colpe, ma di amore: abbiamo smesso d’andare in barca perché otto anni fa è arrivato Boris (un possente Leonberger di ottanta chili) e dopo due agosti passati senza di lui, perché era troppo grosso e non poteva venire in barca, non ce l’ho più fatta a soffrire e a vederlo soffrire stando lontani per così tanto tempo. Ma va bene così. Ogni momento della vita ha le sue particolarità. In ogni caso anche per Paco è passato il tempo e ora non ce la farebbe più a fare le sue “sfilate” avanti e indietro sulla passerella della barca, a strappare applausi ai turisti stupefatti. Ora ci facciamo bellissime vacanze in quattro (Gianni, io, Paco e Boris) e le barche le guardiamo stando a terra. E ricordiamo i tempi “eroici” che ci hanno visti felici alcuni anni fa. Almeno abbiamo dei meravigliosi ricordi.

In viaggio con Paco, oltre a essere un “album dei ricordi” è anche un libro gustosissimo. Però non è un libro “leggero” e basta, nel senso che anche qui hai voluto trattare degli argomenti non facili, anche se l’hai fatto con la levità con cui, anche in Black Swan, il tuo splendido romanzo, hai voluto trattare l’argomento del sordomutismo.
Sì, nei libri che amo leggere deve esserci evasione, divertimento, bella scrittura, ma anche un argomento o due su cui riflettere. Ed altrettanto mi piace che sia nei libri che scrivo.

Così questa volta hai parlato ancora della disabilità (splendido e poetico l’episodio del bimbo in spiaggia, credo sia capace di toccare le corde di chiunque) e anche della tua scelta vegetariana. Però come sempre mantieni toni pacati, e più che imporre il tuo punto di vista lo proponi e lasci al lettore l’opportunità di riflettere e sposare o no le tue tesi.
Sono sempre stata dell’idea che i fanatismi e gli estremismi raggiungono meno risultati di una buona e sana capacità di convincere attraverso l’esempio e la riflessione. Io sono una ribelle per natura e se qualcuno mi viene a dire: “non devi mangiare carne” non la prendo tanto bene. Devo essere io a scegliere, e infatti così è stato. Quando una decina o anche più di anni fa Gianni mi ha detto all’improvviso: “Ho deciso di non mangiare più carne”, non l’ho nè imitato, né criticato. Ho iniziato semplicemente a pensare, a informarmi, a cercare di capire. E dopo pochi mesi tutti e due eravamo felici “ex mangiatori di carne”. Sia per ragioni etiche che salutistiche…

E’ da allora che siete dimagriti e siete tornati due figurini?
No, purtroppo non è così. Diciamo, anzi, che all’inizio abbiamo fatto un bel pasticcio: abbandonata la carne, credevamo di doverla sostituire con ingenti quantità di pasta, formaggi e… dolci. E così abbiamo iniziato a lievitare. Ma ora abbiamo ritrovato il giusto equilibrio e siamo rientrati nel nostro peso forma.

Anche i vostri animali di casa seguono la vostra dieta? Sono belli asciutti anche loro, mentre in giro si vedono dei tali balenotteri su 4 zampe…
Uno dei miei rammarichi è di doverli alimentare con la carne. Ma pare che non sia facile, a meno che non li si abitui sin da piccoli, somministrargli un’alimentazione alternativa. Però come hai notato non li rimpinzo e soprattutto non li vizio con bocconi extra (che non siano una fettina di pomodoro, o di mela, o di arancia, cose per cui Boris va matto e che, per emulazione, anche Paco trova “interessanti”, mentre una volta le avrebbe snobbate). Insomma, la loro salute è nelle mie mani e cerco di trattarla in… guanti di velluto.

Cambiamo argomento. Come va Paco Editore?
Bene, grazie. E’ anche questa una grande e bella avventura, nata per caso, senza molta convinzione, ma i consensi dei nostri lettori ci hanno fatto proseguire. Ora abbiamo una ventina di titoli in catalogo. Facciamo pochi lanci all’anno (pochi ma buoni), perché l’investimento è molto alto…

Sì, però vendete bene…
Bene… insomma. Potremmo fare molto di più, visto il gradimento che riscuotono gli argomenti che trattiamo. I libri piacciono, i prezzi sono adeguati, la promozione c’è… l’anello debole purtroppo è la distribuzione…

E, mi dicevi, la distribuzione è il motivo per cui non ti decidi a uscire con il tuo secondo romanzo, dopo Black Swan. Nonostante il successo che ha avuto Black Swan.
Un romanzo generico ha bisogno di obiettivi di vendita diversi, rispetto a libri “di nicchia” come sono quelli della collana “Amici di zampa”. Il libro è pronto, ha bisogno solo di una rilettura, ma finché non sento il distributore “pronto” e intenzionato a venderne subito migliaia di copie, evitando che le librerie ne restino sguarnite magari sotto Natale (com’è successo), piuttosto lo tengo fermo ancora per un po’.

E’ un vero peccato. Siamo in tanti ad aspettarlo…
Vorrà dire che ne farò una tiratura limitata, riservata solo ai miei lettori più affezionati… Scherzi a parte: se non ho garanzie sul fronte della distribuzione che tutto venga fatto come va fatto, temo che dovrò cedere a quell’editore che da due anni, dopo Black Swan, mi sta corteggiando perché pubblichi con lui.

L’importante è che il libro esca. Sarebbe un peccato, però, che non uscisse con Paco Editore, visto che il ricavato va tutto in beneficenza.
Lo so, è per questo che non mi so decidere…

Hai scritto due cult per chi ama gli animali, e ora un terzo libro che, se seguirà la strada dei primi, avrà un grande successo; hai scritto un libro di racconti sui gatti che vende tantissimo, dopo 10 anni, e un romanzo come Black Swan che dire che è piaciuto molto è riduttivo. Finalmente accetti di essere definita “scrittrice” oppure continui a considerarti “una che ama scrivere e ogni tanto scrive libri”?
Certo che essere definita “scrittrice”, a me che considero la scrittura il mio modo di esprimermi e realizzarmi, fa molto piacere… ma ha poi importanza l’etichetta? Quello che conta è che chi mi legge ami farlo, si senta partecipe di quello che legge, abbia voglia di finire il libro ma nello stesso tempo voglia non finirlo mai, che mi segua dove intendo portarlo a riflettere e, magari, consideri anche altri modi di pensare oltre a quello al quale è abituato. Di ogni libro che ho scritto, ho sempre trovato qualcuno che mi ha detto: “Mi hai aperto gli occhi su questo o su quello”. Ecco, è ciò che vorrei continuare a fare. Presentare delle realtà a cui non sempre pensiamo, proporre dei punti di vista diversi dal pensare comune, “spalancare gli occhi”, e anche la mente e il cuore, su mondi, situazioni, verità a cui non sempre si presta abbastanza attenzione.

Che cos’è per te il Fondo Amici di Paco?
Una splendida avventura, che ogni giorno, da anni, mi mette in contatto con persone meravigliose che danno tutte se stesse per aiutare gli animali (parlo dei volontari che operano nei rifugi con abnegazione e spirito di sacrificio) e con altre persone (i nostri sostenitori) che amano profondamente gli animali e ci danno una mano ad aiutare le prime. Negli anni ho conosciuto realtà tristissime ma anche grandi esempi di solidarietà e ho scoperto che, anche se è il male a fare notizia, in realtà la stragrande maggioranza è fatta di persone che amano gli animali e si preoccupano per loro.

Diana, che cosa sono i cani per te?
Sono quegli esseri meravigliosi capaci di farmi commuovere con uno sguardo o lo sventolio della coda, capaci di farmi sentire la persona più importante della terra, la più perfetta, buona e, soprattutto, amata. Sono quelle anime semplici alle quali basta una carezza per sentirsi felici, quando noi umani la felicità non la raggiungiamo neanche con l’impegno di tutta una vita. Sono quelle creature prive di sovrastrutture mentali, candide, pulite, che non ti giudicano mai, se non in positivo, anche quando compi le azioni più turpi, e anche se le commetti ai loro danni. Ed è proprio questa loro capacità di assolverci sempre, qualsiasi cosa facciamo, che deve obbligarci a essere migliori per meritare il loro amore, e non considerarlo un fatto dovuto e scontato. Dicono che se fissi a lungo un cane, lui abbassa gli occhi per primo. Questo atteggiamento fa parte del suo bagaglio di animale addomesticato. Ma ci sono tanti uomini che, guardando negli occhi un cane, dovrebbero abbassare per primi lo sguardo. Il cane, come dico sempre, è l’investimento più redditizio che possiamo fare: se gli diamo un briciolo d’amore lui ce lo restituisce moltiplicato mille volte tanto.

E gli altri animali?
Oh, sono tutti, in modo diverso, meravigliosi. Da quando vivo vicino a un bosco ho scoperto storie bellissime di cuculi, codirossi, lepri, scoiattoli. Starei ore a osservarli e a farmi lunghe chiacchierate con il cuculo Gastone o con suo figlio Giocondo.

E magari un giorno raccoglierai le loro storie in un libro?
Chissà… Intanto mi limito a godermi giorno per giorno la scoperta delle meraviglie segrete della natura.

Vuoi rivolgere un invito ai tuoi lettori?
Leggete e regalate “In viaggio con Paco”: compratene una copia per voi e una (o anche di più), da regalare a tutti quelli che conoscete. A voi non c’è bisogno di spiegarlo, ma attraverso le avventure marinare di Paco tutti gli altri impareranno che andare in vacanza con il proprio cane non solo è bellissimo, ma anche molto molto divertente!

Diana, vorrei che tu concludessi questa nostra chiacchierata leggendo quella frase che mi hai mostrato prima, scritta in un tema da un ragazzo di seconda media.
“Sai, Paco, leggere la tua storia mi ha fatto venire voglia di essere migliore, di dedicarmi un po’ anche agli altri, non solo agli animali, ma anche alle persone: come i miei fratellini più piccoli che a volte per gelosia fingo che non esistano, però dai loro sguardi vedo che soffrono per la mia indifferenza. E vedo sofferenza anche negli occhi di mia madre quando la tratto come non merita o quando vede che faccio i dispetti ai miei fratellini… che modo stupido di comportarsi, per un ragazzo della mia età, e di perdere il tempo! Ma tu mi hai insegnato che essere disponibili per gli altri e provare ad aiutarli, anche se non sempre ci si riesce, è bello e importante. Se c’è riuscito un cucciolo di cane come te, perché non dovrebbe riuscirci un cucciolo d’uomo come me?”

Paola Cerini (intervista tratta da “Amici di Paco” n° 31, luglio 2005)