– L’ESPERTA DEI CANI – 28 maggio 2016 presentazione c/o New Thought


Il 28 maggio 2016, presso New Thought, il centro di educazione cinofila di Demis Benedetti, si è tenuta la presentazione del libro “L’esperta dei cani”, scritto da Diana Lanciotti in collaborazione con Demis, fondatore del centro cinofilo (www.newtgh.it).
Diana è stata intervistata da Francesca Forante, moglie di Demis oltre che istruttrice cinofila e collaboratrice di New Thought.  Ecco domande e risposte.


Diana, innanzitutto da dove nasce questo titolo, che tu stessa definisci “provocatorio”?
Dal titolo che mi sono sentita affibbiare tantissime volte da chi riconosce in me, bontà sua, un’esperta di cani: «Tu che sei l’esperta dei cani…» o la sua variante: «Tu che te ne intendi di cani…» o, ancora, «Tu che sai tutto di cani…» Frasi seguite quasi sempre da: «… sai dirmi perché il mio cane fa così?» Il libro nasce dall’esperienza che ho fatto per oltre 9 anni curando la rubrica “Parliamone insieme” sulla rivista “Amici di Paco” dove, coadiuvata da vari esperti (educatori, veterinari, allevatori) affrontiamo problemi legati al rapporto con i nostri cani (ma anche gatti). L’intento è di fare un po’ di chiarezza nel mondo piuttosto confuso dell’educazione cinofila e aiutare in modo concreto tanti proprietari a capire un po’ di più il proprio cane, senza farsi fuorviare dalle decine di teorie e filosofie che imperano oggigiorno approfittando di un vuoto nella cultura cinofila. Ho voluto diradare la nebbia che molti innalzano sull’argomento, rendendo difficile la vita dei proprietari di cani anziché semplificargliela.
Però ci sono già tanti libri sull’educazione cinofila…
Sì, è vero, però c’è tanta filosofia, tanto fumo, poco senso pratico e senso della realtà. Si fa tanto uso di termini astrusi (epitelemico, prossemica, zoocognitivo, neotenico) o si perde tempo a parlare dell’evoluzione del Canis Lupus in Canis Lupus Familiaris. Ma di solito, quando si compra un libro sull’educazione cinofila, si ha qualche problema o dubbio da risolvere. Alla svelta, possibilmente. Quindi ho bisogno di risposte semplici e immediate. Perciò ho cercato il modo più chiaro, diretto, senza discorsi fumosi e voli pindarici, per aiutare chi ha problemi concreti di convivenza con il proprio cane e ha bisogno di risposte concrete. Da qui nasce l’idea di collaborare con Demis Benedetti, che è proprio l’antitesi delle filosofie astratte e della “fumosità”. L’idea ha preso forma il giorno in cui una signora si è rivolta a me perché i suoi due cani litigavano (in realtà giocavano… da maschiacci) e il veterinario e un educatore cinofilo le consigliavano di separarsi da uno dei due, perché… “due maschi non vanno d’accordo”!

Tu scrivi che il cane di oggi non è più il cane di un tempo.
Sì, è così: il cane, oggi, non è più quello di un tempo e non siamo ancora preparati ad accettarlo, a capirlo. Fino a non moltissimo tempo fa il cane doveva svolgere determinate mansioni per le quali era stato “creato” attraverso una specifica selezione: pastore, guardiano, cane da slitta, da salvataggio… Erano state create le razze con determinate connotazioni che le rendessero adatte al compito assegnato. Ora al cane chiediamo più che altro di essere nostro compagno di vita, e però pretendiamo che si spogli delle stesse caratteristiche che con la selezione gli abbiamo appiccicato addosso. Vorremmo che rinunciasse addirittura a essere cane, per diventare figlio, marito, fratello. Ed ecco che nascono i conflitti, l’incapacità di capirlo, la pretesa che lui ci capisca e obbedisca, mentre siamo noi i primi a non capirlo, a non farci capire, rendendogli difficile obbedirci. Umanizzandolo travisiamo i suoi comportamenti puramente canini. Il cane è un cane, non una persona. Non significa che è un essere inferiore: non è un giudizio di merito, ma una realtà.

Nel tuo libro dici che una delle malattie più diffuse oggi nei cani è la “caninità”.
È così, infatti. Non sappiamo più accettare che un cane sia, guarda un po’, un cane. E vogliamo ridurlo a peluche o bella statuina da rimirare e coccolare, e quando invece si comporta da cane crediamo di avere un cane problematico e andiamo in tilt. Consideriamo il caso della cosiddetta “ansia da separazione”. In realtà non è una patologia come qualcuno vuol farci credere, ma una conseguenza di un’inattività e un isolamento a lungo protratti, che accrescono l’ansia del cane, che da qualche parte deve sfociare.
Si verifica quando un cane è compresso in casa per troppo tempo, in solitudine e senza stimoli (che anche solo la nostra presenza può invece dargli). A volte trattiamo i nostri cani come un cappotto, che appendiamo all’attaccapanni e non riutilizziamo finché non ci serve di nuovo per uscire. Ma un cane non è un cappotto da appendere all’attaccapanni, e di cui ricordarci solo quando ci fa comodo.
In realtà, quando un cane sbaglia, a monte c’è sempre un nostro sbaglio. Non tutti gli educatori però hanno il coraggio di dirlo chiaro e tondo ai loro clienti per paura di perderli. Così diventa più comodo incolpare il cane di colpe che non ha. Ovviamente non è il caso di Demis…
Ignorare la loro caninità, cioè la loro vera natura di cani, e le specifiche caratteristiche legate alla razza o comunque al misto di razze, è uno dei peggiori errori che possiamo commettere. È vero che un cane è materia plasmabile, ma un Maremmano non diventerà mai un cane da salotto, così come nessun cane da caccia rinuncerà fino in fondo alla sua voglia di correre dietro a una preda.
Dobbiamo dare ai cani la possibilità di applicare le loro “qualità naturali”, anziché cercare di reprimerle. Non necessariamente portandoli a caccia, ma facendoli sfogare attraverso il gioco, lunghe camminate, corse, o affidando loro dei compiti. Un cane nato per un certo compito e compresso troppo a lungo finirà prima o poi per rivendicare la propria vera natura, e da qualche parte la sua irruenza o la sua aggressività dovranno sfociare. Non è il cane a essere sbagliato: siamo noi che sbagliamo a pretendere da lui comportamenti “contronatura”.
Non facciamone dei giocattoli, insomma. In questo, come in tanti altri casi, il supporto di un educatore cinofilo è importante per indicarci i compiti più adatti da affidare al nostro cane, rendendolo sereno ed equilibrato, e spiegarci che cosa possiamo o non possiamo chiedere a quel determinato cane. I cani sono come delle spugne, che assorbono tutto ciò che gli viene da noi. O, meglio, sono dei fiori, da annaffiare e concimare.
Se vogliamo che il nostro cane diventi il fiore che vogliamo, dobbiamo dargli il giusto concime, cioè l’insegnamento. Senza, lui magari crescerà lo stesso, ma in modo stentato. Se lo “concimiamo” lo aiuteremo a sviluppare le sue potenzialità.

Tu ti occupi da 20 anni di tutela degli animali, abbandono, randagismo, attraverso il Fondo Amici di Paco. Come mai, ora, anche di educazione cinofila?
Perché negli anni ho capito che buona parte degli abbandoni è causata dall’incapacità di gestire il proprio cane. Quando il cane diventa “problematico” (secondo la classica visione antropocentrica, per cui se un cane sbaglia è colpa sua, e non nostra…), spesso non si ha voglia, tempo o altro per cercare di andare a fondo del problema e trovare delle soluzioni. E allora l’abbandono diventa la strada più facile. Non a caso parlo di strada. La strada, che per un cane abbandonato significa la fine o comunque l’inferno. Un castigo immeritato per qualunque cane.
In realtà alla base di tanti o dovrei dire tutti i problemi c’è l’assenza di comprensione. L’incapacità di capire e farsi capire.
Ho perciò scelto di puntare l’attenzione sull’educazione cinofila come strumento fondamentale per scongiurare gli abbandoni e creare con il proprio cane un rapporto sereno, basato sulla comprensione, la fiducia e il rispetto. Parafrasando la campagna del Fondo Amici di Paco “Cane educato, cane rispettato” e… accettato anche da chi non ama i cani come noi!

Parli di casi in cui però manca l’amore, perché l’amore compensa tutto. O no?
Purtroppo no: anche se li amiamo alla follia, l’amore non basta a creare un rapporto sereno ed equilibrato, soprattutto se non è accompagnato dalla volontà di metterci nei peli del nostro cane e capirne le reali esigenze psicofisiche. Bisogna porsi in una prospettiva diversa dal solito, e focalizzare la nostra attenzione su ciò che il cane “è” veramente, e non su ciò che noi “pensiamo” o “vogliamo” che sia. Nel libro parlo di casi in cui l’amore, una forma male intesa di amore, porta a problemi anche gravi.

Parliamo di amore e rispetto, nel rapporto con i nostri cani. Possono coesistere?
Sono indissolubili. Se non c’è rispetto non può esserci amore. Qualcuno crede che trattare un cane come un bimbo viziato e supercoccolato serva a conquistare il suo amore, così come essere permissivi al massimo e non imporgli mai un minimo di obbedienza. In realtà amare il proprio cane significa accettare e rispettare la sua “caninità” e non considerarlo un essere umano. Se ci facciamo rispettare, anziché mostrarci deboli nei suoi riguardi, il nostro cane ci identificherà come la guida di cui ogni cane ha bisogno, e di conseguenza ci amerà di più. E diventeremo il suo punto di riferimento, un essere di cui potersi fidare sempre.

Qual è il segreto per educare un cane?
Come Demis sa molto meglio di me, anzi, come mi ha insegnato, il segreto è che non c’è nessun segreto. Ci deve essere solo la voglia di capire e impegnarsi per migliorare un rapporto che non è mai così complicato come qualcuno vorrebbe farci credere. La mente del cane è la cosa più lineare e trasparente che esista: siamo noi a complicarci e complicargli la vita con tutte le storture e le sovrastrutture mentali che riusciamo a costruire.

Ci sono tante teorie e tanti metodi che ogni giorno ci vengono proposti per educare i nostri cani. Secondo te qual è il metodo che funziona di più?
Purtroppo parlare di metodi è come parlare di segreti. Non esiste un vero metodo, ma un approccio, che tenga conto delle caratteristiche specifiche del cane, e anche delle nostre e delle nostre esigenze. Per anni io stessa ho cercato delle Regole, ma pretendere di regolamentare il rapporto tra uomo e cane sarebbe come dare delle regole al rapporto moglie-marito, genitori-figli, nonni-nipoti. Rapporti unici, non regolamentabili, non standardizzabili.
Eppure in tanti hanno cercato di standardizzare qualcosa che è talmente pieno di sfaccettature da poter essere visto in modo diverso in base al soggetto, l’ambiente, l’epoca, le circostanze. Sono troppe le variabili per poterle rinchiudere in uno schema di regole. “Io e Paco” siamo diversi da “io e Tommi”, o da “io e Boris”. Potremo solo trovare delle basi da cui partire. Ma la comprensione è la base di tutte le basi.
Si parla di “dispetti”: come ad esempio fare le buche in giardino. Tommi le faceva, era uno scavatore professionista. Una volta superata l’idea che lo facesse per farmi dispetto (e che motivo avrebbe avuto?) ho “scavato” nella sua psiche e mi sono resa conto che lo faceva per… puro e semplice divertimento. Un altro dispetto (o presunto tale) è rubarci le calze o altri indumenti intimi. Non è che i nostri cani siano dei ladri o dei feticisti. In realtà sanno che di solito il sottrarci le calze o altri indumenti innesca un gioco per loro divertentissimo: l’inseguimento, magari accompagnato da grida e gesti. Uno spasso (per loro) indicibile. Per noi un po’ meno…

Che domande dobbiamo farci prima di decidere di prendere un cucciolo?
Innanzitutto capire se davvero possiamo permetterci un cane in termini non solo e tanto economici, ma di spazio, tempo e impegno. Se abbiamo tempo ed energie da dedicargli per farlo crescere educato e felice. Se abbiamo tempo da destinare alla sua educazione e al suo benessere psicofisico. Se quel tipo di cane (quella razza o quel misto di razze) è adatto a noi e al nostro stile di vita.
Conosco troppi cani da pastore o da caccia confinati in un appartamento, privati della possibilità di sfogare la propria naturale esuberanza, che il più delle volte si sfoga sugli arredi di casa o devia in comportamenti patologici: manie, aggressività, distruttività.
Quanti Border Collie sono stati acquistati vedendo quel bel cane bianco e nero nella pubblicità in tivù, pensando che fossero cani da compagnia, adatti alla vita tra quattro mura? E infatti sono tra le razze che si sono fatte la nomea di cani difficili da gestire: e certo, finché pretendiamo di farne dei pupazzi da salotto e non gli permettiamo di sfogare la loro splendida e naturale esuberanza!
Ecco perché, prima di scegliere un cane, bisognerebbe farsi consigliare da un educatore, che conosca le nostre esigenze e le caratteristiche dei cani.

Questo libro non è una guida, non è un manuale… come lo definiresti?
Una “passeggiata” al fianco dei lettori, che se decidono di leggere questo libro sono persone comunque aperte al cambiamento. In ogni caso sono persone spesso deluse da chi dovrebbe aiutarli a risolvere i loro problemi, e invece non fa altro che confondere loro ulteriormente le idee. Quasi nessuno ti dà concretamente una mano se hai un problema da risolvere. Ciò che non capisco è perché, per capire un essere così semplice e lineare come il cane, ci sia bisogno di mettere su un’enorme impalcatura di teorie, metodologie, filosofie.

Vuoi parlarci di Demis Benedetti, il dog trainer che ha collaborato con te alla stesura di questo libro?
L’ho conosciuto “grazie” a un problema con il mio Leo. Fu il dottor Dalzovo, il mio veterinario che lo conosceva bene, a suggerirmi di rivolgermi a lui. Demis mi ha aiutata a ridimensionare un problema che la mia apprensione tendeva a ingigantire. Nel frattempo ho imparato a conoscere la realtà di New Thought, il centro cinofilo di Demis, e ho conosciuto Francesca, sua moglie, che fa parte del suo team, e ad apprezzare il loro approccio: niente fumo, niente teorie astratte, tanta concretezza, esperienza trentennale, passione, e anche una buona dose di umiltà. Ideali per creare un percorso personalizzato, tagliato su misura di cane e padrone. La capacità di Demis e di Francesca è di capire dalla persona e dal cane che hanno davanti qual è il vero problema. Che tante volte non è quello che crediamo noi, e che magari tendiamo a ingigantire. Ma è molto, molto più semplice. Lavorare con Demis e Francesca è stato bello, utile e divertente. E chi finora ha letto il libro ha colto questo aspetto in modo molto positivo, divertendosi a sua volta.
Troppo spesso ci dimentichiamo che i nostri cani sono… cani e pretendiamo da loro comportamenti, pensieri e ragionamenti da umani. Da questo madornale equivoco nascono i problemi maggiori nella convivenza con i nostri migliori amici. Dobbiamo sforzarci di… ragionare col cuore, anziché con la mente. So che sembra un controsenso, e invece è l’unica via percorribile per arrivare alla comprensione perfetta.
Dobbiamo sforzarci di andare oltre le diverse teorie gentiliste, coercitive, cognitive e via discorrendo, adottando un punto di vista e un approccio innovativi, che vadano direttamente al cuore del problema, cercando di considerare il nostro cane per quello che veramente è, e non quello che noi vogliamo che sia.