BLACK SWAN (ottobre 2003)

Black Swan – Cuori nella tempesta

Dopo tre libri dedicati ad argomenti “animaleschi” e otto anni dopo la pubblicazione del suo primo libro “C’è sempre un gatto”, Diana Lanciotti ha voluta cimentarsi in un filone nuovo, con un romanzo di ampio respiro, una storia d’amore e di mare. Un libro di 700 pagine in cui riesce a dar prova della sua grande abilità narrativa e di una straordinaria capacità di tessere trame coinvolgenti, sostenute da una gran bella scrittura. Il libro esce in libreria in questi giorni come strenna di Natale. Ne parliamo direttamente con l’autrice.

Era da anni che non si leggeva un libro così intenso, una storia d’amore moderna ma appassionante come i grandi romanzi di una volta, che non ha nulla da invidiare agli autori americani tanto osannati: i vari Nicholas Evans (autore di L’uomo che sussurrava ai cavalli), Nicholas Sparks (Le parole che non ti ho detto). Qualcuno l’ha già paragonata a questi scrittori.
(Diana ride a alza gli occhi al cielo, un po’ divertita e un po’ imbarazzata).
Siamo alle solite: tutte le volte che esce qualcosa di nuovo, c’è qualcuno che si precipita a fare dei paragoni. Non so da che cosa dipenda: forse dalla voglia di classificare tutto e tutti, dal rifiuto del nuovo, dal voler schematizzare a tutti i costi…

Ma le dà fastidio essere paragonata a Evans e a Sparks?
No, per carità… se è per quello c’è stato anche chi mi ha paragonata a Sveva Casati Modignani, definendomi la sua erede. Ma credo che la signora Modignani non abbia nessuna intenzione di passare il testimone e abbia ancora tanti libri da scrivere… Scherzi a parte: non mi offendo, però non trovo giusto fare paragoni. Certo, mi piacerebbe scrivere storie intense come Nicholas Evans, trovare un filone indovinato come Nicholas Sparks, o avere l’abilità narrativa e la prolificità di Sveva Casati Modignani. Però rivendico un mio stile, un mio spazio. Credo di aver scritto una storia totalmente originale, con uno stile personale, riuscendo a combinare i sentimenti con l’azione, cosa non sempre facile da fare.

Ed infatti è così. Lei però si era già creata un suo filone personale, quello dedicato agli animali. Come mai questo cambiamento di rotta?
Scrivere è la mia vocazione da quando avevo sei anni e il mio mestiere da almeno una dozzina. Direi che scrivere di animali, cosa che amo tantissimo fare, è stato, e sarà ancora, uno sbocco, ma non la strada principale. Amando tanto scrivere non potrei mai fossilizzarmi in un genere e dedicarmi solo a quello. La voglia di spaziare ed esprimermi in un altro modo era forte ed è cresciuta nel tempo.

Quindi non è un episodio, ma l’inizio…
Certamente. Sto lavorando a un secondo romanzo, di cui ho già finito la prima stesura, che segue a sua volta il filone amore-mare. Ho in mente una trilogia dedicata al mare, e ho già abbozzato il terzo.

Ma veniamo a Black Swan. Partiamo dal titolo. Che cos’è Black Swan e che cosa significa?
Black Swan significa letteralmente Cigno Nero ed è il nome della barca che, alla fine, è la vera protagonista del libro. Una barca a vela splendida, un Sangermani d’epoca, un mito per tutti i velisti. Quando ho dovuto e voluto rappresentare una barca che fosse superlativa sotto tutti gli aspetti, una barca eccezionale, bellissima… magica, una barca che avesse un’anima, subito ho pensato a un Sangermani.

E infatti il Black Swan è rappresentato come una barca che ha un’anima, lei ne parla come se fosse un essere vivente…
Ed è così, infatti. Le barche possiedono una loro personalità, una volta che toccano l’acqua prendono vita.

Il suo rapporto con le barche e il mare è così forte?
Fortissimo. Il mare è il mio elemento, e le barche sono il mezzo più consono per stare a contatto con il mare. Si dice che chi nasce e vive in un luogo di mare, e poi è costretto ad allontanarsene, senta il bisogno fisico e psichico di vedere almeno ogni tanto il mare per rigenerarsi. Io sono nata al lago, un “mare” dagli orizzonti un po’ limitati, ma non potrei vivere a lungo senza un contatto almeno visivo con l’acqua. Da quando ho scoperto il mare, poi, i miei orizzonti si sono allargati ed è veramente al mare e sul mare che mi sento a casa.

Torniamo a Black Swan. Giorgia Corsini, la protagonista, è una timoniera affermata, ma anche una donna che nel dipanarsi della storia dimostra doti eccezionali, un’umanità straordinaria, una capacità di affrontare le avversità con grande coraggio. E’ il tipico personaggio forte che di solito è impersonato da protagonisti maschili. Ed è, secondo me, uno dei punti vincenti e di grande originalità di Black Swan. Giorgia Corsini è un personaggio che ti entra dentro, che non puoi non ammirare e ti insegna anche a… timonare in mezzo ai marosi della vita. Chi è Giorgia Corsini? Quanto c’è di Diana Lanciotti in Giorgia Corsini?
Vediamo… Chi è Giorgia Corsini?… Giorgia Corsini è il mio “modello ideale di donna”. Una donna intelligente, volitiva, determinata, coraggiosa, sportiva, priva di certe smancerie femminili, ma anche molto femminile, non una maschia o una caricatura di un macho, pur vivendo in un mondo (quello della vela) popolato di uomini che a volte si credono superuomini. E’ una donna capace di sacrificarsi, di rinunciare a una carriera sfolgorante per dedicarsi ai propri affetti: suo marito e sua figlia. Le sue certezze, i suoi capisaldi. E quando questi capisaldi vacillano, lotta, con le unghie e con i denti, per non farsi sommergere dalle avversità. Anche se Black Swan non ha pretese di insegnare qualcosa, come dice lei forse Giorgia, con il suo esempio di donna, moglie e mamma, fa riflettere su come a volte sia sbagliato lasciarsi abbattere dalle difficoltà e ci si dimentichi di quali risorse psichiche siamo stati dotati per affrontare la vita e le sue prove più dure. Quanto c’è di me in Giorgia Corsini… non sta a me dirlo. Mi accontenterei di assomigliarle per il dieci per cento. Sarebbe già un buon affare.

Però, a parte le peculiarità caratteriali, anche lei è velista e ha frequentato a lungo il mondo delle regate.
Sì, ma niente da paragonare a Giorgia Corsini, una che ha girato il mondo in barca a vela, affrontando le competizioni più dure nei mari più pericolosi del globo. Io non ho mai regatato fuori dal Lago di Garda, e come diportista ho navigato in Tirreno e sull’Adriatico, mai oltre.

Anche lei come timoniera?
Sì, timoniera, ma quasi per caso. E’ nata così. Da ragazzina avevo frequentato i corsi di vela sul lago, poi avevo smesso di andare in barca. Quando ho conosciuto Gianni, che ora è mio marito, lui faceva regate su barche di amici. Grazie a lui ho rispolverato la mia passione per la vela, tanto che abbiamo deciso di comprarci una barca vecchia ma bellissima: un Tequila Sport di 7 metri. L’abbiamo rimesso a posto e andava così bene che ci siamo iscritti a una regata del campionato sociale del nostro circolo. Lui stava al timone, io a prua. Solo che a un certo punto è venuto un temporale e mi sono trovata a non aver la forza, con tutto quel vento, per cazzare le scotte e manovrare lo spi, e così sono andata al timone. Da quel momento non l’ho più mollato, probabilmente anche perché quella volta abbiamo vinto. Anche sulle nostre successive barche, molto più moderne e competitive, sono sempre stata io al timone e devo dire con buoni risultati. Abbiamo vinto qualche Campionato e ci siamo classificati ogni volta molto bene alla Centomiglia e al Gorla, le due regate più importanti del Lago di Garda che richiamano centinaia di velisti da tutto il mondo. Certo, lì era difficile vincere perché di solito ci battevamo contro equipaggi di professionisti, mentre noi, pur avendo un ottimo equipaggio, eravamo dei dilettanti.

E come mai ha smesso?
Perché poi sul lago sono arrivati i professionisti, pagati da qualche armatore che si era messo in testa di diventare il Raul Gradini (l’armatore del Moro di Venezia, n.d.r.) o il Patrizio Bertelli (l’armatore di Luna Rossa, n.d.r.) della situazione. E così noi dilettanti, regatanti della domenica, ci trovavamo a regatare contro olimpionici e campioni vari. Sarebbe stato come fare una gara di sci organizzata dalla parrocchia e trovarsi a gareggiare contro Alberto Tomba… Fine della mia carriera e del divertimento. Allora ci siamo dedicati alle crociere in mare, e direi che il cambio è stato del tutto soddisfacente. Ho avuto la possibilità di vedere posti bellissimi, che da terra non avrei mai potuto visitare, e di fare il tipo di vacanza che più amo, via dalla routine del lavoro, in compagnia di Gianni e Paco, che si è dimostrato un valente marinaio a 4 zampe. Ne abbiamo fatte di tutti i colori, insieme, divertendoci come i matti. E alcune delle esperienze vissute mi sono servite da spunto per Black Swan.

In Black Swan ci sono pagine di mare che vibrano d’intensità e tensione: da quelle sulle regate a quelle della tempesta. Si vede chiaramente il suo zampino di velista. O saprebbe scrivere con la stessa partecipazione pagine che parlano di altri argomenti?
Scrivo ciò che conosco e anche ciò che mi piace. Naturalmente la mia esperienza di velista conta e ha influito parecchio, ma ancora di più, credo, la mia passione per il mare, che mi dà la possibilità di esprimermi al meglio.

Scrive anche quando è al mare?
Sì, mi capita abbastanza spesso, anche se a volte il mare e la voglia di stare lì a osservarlo nei suoi infiniti e continui cambiamenti rappresentano una distrazione troppo forte.

I luoghi che descrive, li conosce per esserci stata?
La maggior parte sì. Sono posti talmente belli, che mi sembrano ideali per ambientarvi una storia movimentata come Black Swan. Sinceramente sono un po’ stufa delle solite location americane, di luoghi lontani che non dicono nulla e hanno lo stesso appeal di un piatto di pasta scotta. In Italia abbiamo i luoghi più belli del mondo, che vengono a vedere da tutti i continenti, e allora perché “andare all’estero” a tutti i costi anche nei libri?

L’esterofilia, in effetti, a volte sfocia nel provincialismo. Ma torniamo ai personaggi. Abbiamo parlato di Giorgia, la protagonista, un’eroina moderna che campeggia in tutto il libro con la sua personalità e i suoi sentimenti. Parliamo ora di Roberto, il marito.
Roberto è un uomo come tanti, in cerca del grande amore, ma pronto a fuggire di fronte al primo ostacolo. E’ un uomo molto “umano”, pieno di contraddizioni, di debolezze, ma anche di grandi qualità… sennò non avrebbe fatto innamorare una donna come Giorgia…

Silvia è la figlia voluta e amata da Giorgia, e per un po’ anche da Roberto. E’ una bambina problematica, e per parlare del suo problema (non diciamo quale per non svelare troppo del libro) lei ha usato una delicatezza ma nel contempo un’intensità e una cognizione di causa che fanno pensare che si sia ispirata a una persona conosciuta.
No, non è così. Ho solo approfondito il “problema” di Silvia, documentandomi e cercando di capire il mondo delle persone come lei. E’ stata una ricerca molto importante, perché mi ha fatto scoprire un universo di dolore e di emarginazione, ma anche di grande dignità e coraggio. E mi sono resa conto che tanti di quei problemi sciocchi di cui ci lamentiamo ogni giorno sono niente in confronto a certi handicap che affliggono tante persone per tutta la vita, rendendo difficili e immani anche le cose che per chi è sano sono in realtà semplicissime. Tornando alla Silvia del mio libro: è una bambina problematica, che involontariamente è la causa della separazione dei suoi genitori. Dopo un iniziale sbandamento Giorgia tira fuori tutte le sue energie per farla crescere serena e amata. Roberto, invece, si spaventa e scappa a gambe levate.

Veniamo a Carlo.
Carlo è un altro personaggio portante. Inizialmente era nato come una figura di secondo piano, ma ogni giorno acquistava più spessore, finendo per rubare parte della scena agli altri personaggi.

Vuol dirmi che uno scrittore non è padrone dei suoi personaggi?
E’ proprio così. Stephen King dice che le storie esistono già, sepolte da qualche parte, ed è mestiere dello scrittore disseppellirle e renderle vive in un romanzo. Allo stesso modo, io penso che i personaggi esistano già ed è come se noi ci limitassimo a risvegliarli dal loro sonno e poi li lasciassimo fare. Tante volte, quando mi metto al computer per riprendere il racconto da dove l’avevo lasciato il giorno prima, mi sento elettrizzata all’idea di “rivedere” i miei personaggi e mi dico: “Vediamo oggi che cosa mi combinano i miei ragazzi”. E’ come se io li liberassi in un’arena e poi me ne stessi lì a spiarli per poi poter riferire le loro vicende e i loro pensieri.

Ci sono autori che dicono di “vivere” con i loro personaggi per tutta la durata della stesura di un libro. Capita anche a lei?
Di arrivare a “vivere” con loro forse no, però loro sono il mio primo pensiero il mattino appena sveglia e l’ultimo la sera prima di addormentarmi.

Torniamo ai personaggi. Marco, il padre di Giorgia, è un’altra figura che emerge con forza. Sembra un padre quasi perfetto, forse troppo… mai una sbavatura, mai un eccesso.
Forse è un po’ idealizzato, in effetti, però non direi che è perfetto. Ha anche lui le sue debolezze, sulle quali però prevale sempre l’amore altruista per la figlia e la nipotina. Mi è piaciuto molto “conoscerlo” e dargli vita sulle pagine di Black Swan.

E veniamo a Marc Antoine… anche se per preservare la suspense non parliamo del suo ruolo in tutta la vicenda. Si ha l’impressione che quando compare lui sulla scena, di colpo la narrazione cambi registro. Lo stesso linguaggio cambia, diventa più libero, lo stile più sciolto, il ritmo più incalzante.
Non poteva essere altrimenti. Marc Antoine è un personaggio troppo particolare, quando entra in gioco lui tutto si ribalta, non c’è più niente di banale, normale. Marc Antoine è un insoumis, un ribelle, una persona fuori dagli schemi, e allora tutti gli schemi saltano. E così cambia anche il modo di scrivere. Marc Antoine è il tornado che si abbatte sulla vita degli altri personaggi, che irrompe con forza e stravolge tutto. Il suo fascino sta nella sua grande sensibilità, nella sua capacità di sbagliare, accettare i propri limiti umani, la propria sete d’amore mai sufficientemente appagata.

Amore e mare, sentimenti e avventura. E’ un connubio nuovo nella narrativa italiana, un filone non ancora sfruttato.
Forse per arrivarci ci voleva una persona, come me, appassionata di mare, discretamente esperta di vela, lettrice golosa di storie d’amore.

In Black Swan prevalgono i buoni sentimenti. Sarebbe capace di scrivere di passioni negative, odio e crudeltà varie?
«Sicuramente sarei capace. Ma la vita presenta già tante brutture, tante cattiverie che, almeno in un romanzo, mi piace trovare personaggi edificanti, valori come l’amicizia, la solidarietà, l’amore. Amo le persone positive perché portano bene a tutti quelli con cui entrano in contatto. E ho voluto dipingere perlopiù personaggi positivi, che aprano la mente del lettore a pensieri positivi.»

Un libro che fa bene, quindi, e comunque d’evasione, in controtendenza rispetto alla narrativa impegnata cara agli autori italiani…
Quelli che, salvo rare eccezioni, per paura di essere “commerciali” si fanno regolarmente surclassare dallo strapotere degli autori anglosassoni, americani in primis. Black Swan è un libro d’evasione. Così l’ho concepito e così è nato: per divertire, far evadere, far passare piacevolmente qualche ora di buona lettura. E’ il genere di lettura che mi piace fare quando devo rilassarmi, ed è quello che cerco in un romanzo: pura evasione. Se devo fare letture impegnate, leggo un saggio, non un romanzo.

Forse per leggerlo ci vuole ben più di qualche ora… E’ un librone di 700 pagine, un esordio di… tutto peso!
Amo i romanzi lunghi e corposi, e in più mi piace scrivere. Scarto sempre i libri al di sotto delle 300 pagine. Quando leggo un buon libro (purtroppo mi capita sempre meno di frequente: sono diventata ipercritica e superesigente) e lo finisco vengo colta dal panico: “Accidenti, è già finito. E adesso che cosa leggo di altrettanto bello?”

Quanto tempo ha impiegato a scriverlo?
La prima stesura l’ho scritta in quattro mesi, dal 7 ottobre 2001 al 17 febbraio 2002. Le successive riscritture mi hanno preso molto più tempo. Se avessi potuto dedicarmici a tempo pieno come per la prima stesura, un anno sarebbe bastato. Invece c’è voluto un po’ di più.

Com’è possibile? Settecento pagine in quattro mesi!
Basta scrivere con costanza, senza pause né sconti, affrontandolo come un qualsiasi mestiere: otto o anche più ore al giorno alla scrivania, festivi e prefestivi compresi.

Ma non serve l’ispirazione?
Certo, senz’altro serve in fase iniziale, per “disseppellire” l’idea. Poi darle corpo e svilupparla è più un lavoro “di braccia”.

Insomma, lei sostiene l’artigianalità della scrittura, più che la creatività.
E’ un insieme delle due cose: creatività e artigianalità. Se c’è la creatività, ma manca l’applicazione costante, la “manualità” del lavoro, l’idea si ritira un po’ alla volta e rinsecchisce, fino a seppellirsi, finché qualcun altro non la scoprirà di nuovo. Davanti alla mia scrivania ho incollato un passo di un’intervista, apparsa qualche anno fa su un settimanale, fatta a Massimo Turchetta, attuale direttore editoriale della narrativa Mondadori. Diceva: “In Italia tutti hanno ambizioni letterarie. In America invece prevale il buon artigianato, l’intrattenimento piacevole e ben realizzato.” Forse è questo il segreto del loro successo.

E siamo arrivati a parlare di editori… Lei è fondatrice del Fondo Amici di Paco e direttore editoriale di Paco Editore. Black Swan esce nella collana “Argomenti umani” di Paco Editore…
…e lei sta insinuando che c’è un “conflitto d’interessi”.

E se lo insinuassi?
Se lo facesse le risponderei così: in Italia il mercato dell’editoria è in mano a pochi grossi editori. C’è una fortissima concentrazione di editori anche storici che sono confluiti sotto l’ombrello di queste “superpotenze” dell’editoria. La parte restante del mercato è ripartita tra medi e piccoli che a volte… tirano semplicemente a campare e devono accontentarsi delle briciole lasciate dai grandi. Le librerie sono lo specchio di questa situazione: pile di libri Mondadori, Rizzoli, Longanesi, e dei rispettivi confratelli Sperling, Frassinelli (entrambi della Mondadori), Sonzogno, Bompiani (entrambi Rizzoli), Corbaccio, Salani, Ponte alle Grazie, per citare alcuni della Longanesi, un po’ di Feltrinelli, Garzanti, Baldini & Castoldi (che poi è sempre una costola della Mondadori) e poi non c’è quasi più spazio per nessuno. Se andiamo a vedere gli autori, notiamo che la stragrande maggioranza è fatta di stranieri, anche se negli ultimi anni si stanno facendo spazio gli italiani. La situazione è molto stabile, comunque, perché le case editrici puntano da anni sui loro autori “portanti”, bestie da soma che tirano il carro per tutti gli altri: Wilbur Smith, Chricton, Ken Follet, Grisham, Stephen King, Daniell Steel, per gli stranieri, la Tamaro, la Mazzantini, la Casati Modignani per l’Italia. E poi ci sono i politici, i comici, i calciatori, gente che ha scoperto un nuovo modo di comunicare per essere sempre a contatto col proprio pubblico anche in quei rari giorni in cui non compare in tv: scrivere libri. E allora se arriva una Diana Lanciotti qualsiasi, che non è un’autrice straniera che possa vantare milioni di copie vendute (l’editoria italiana non rischia, va sempre e solo sul sicuro), non è un’attrice, una cantante, un calciatore, un comico, un politico, un personaggio dello spettacolo che tre giorni su due appare in tv, ai grandi editori non interessa. Sono finiti i tempi in cui gli editori (i grandi uomini che hanno fatto grande l’editoria italiana) andavano a caccia di nuovi talenti. Adesso si prendono pacchettini già confezionati provenienti dall’estero e ci si limita a tradurli, con rischi zero e responsabilità idem. Se un libro straniero fa fiasco in Italia, di chi è la colpa? Di nessuno, ovviamente. Ma come, ha venduto milioni di copie in America… E se si lancia un libro italiano (di autore noto, anche se non scrittore) non gli si fa neanche l’editing, come è successo al povero Faletti che, pur avendo scritto un buon libro, è stato penalizzato dalla mancanza totale di editing, cioè di un supporto e di una revisione da parte di un editor (razza in estinzione, in Italia). Si è pensato che bastasse il nome, senza dover perdere tempo e soldi per pagare qualcuno che ci mettesse le mani a sistemarlo ed eliminare errori e svarioni di cui il libro è pieno zeppo. E vengo al dunque: perché Paco Editore? Semplice, nel momento in cui per i grandi editori di cui sopra Black Swan non è interessante perché non è firmato da Wilbur Smith o da Adriano Celentano, abbiamo pensato che, dovendo andare su un editore minore, tanto valeva pubblicarlo con Paco Editore e poter destinare così il ricavato a sostegno del Fondo Amici di Paco. Tutto qua. Se poi questo è conflitto d’interessi, mi va bene. Almeno ho la soddisfazione di sapere che tutto il mio impegno serve per una buona causa.

Mi sembra molto chiaro. Insomma: stavolta non ha scritto un libro sui cani, ma in ogni caso le vendite saranno d’aiuto a tanti cani e gattini. Comunque in Black Swan c’è un personaggio canino di grande rilievo.
Eh, sì, non sono riuscita a non inserire un cane, il dolce Bubu, a cui ho affidato una parte davvero importante da… cane eroe. Naturalmente mi sono ispirata a Paco.

Chi prevede che leggerà Black Swan?
Tantissime persone, spero, uomini e donne, ragazzi dai 15 anni in su e adulti. Innanzitutto chi ama il mare e la vela. La passione per la vela, anche grazie alla Coppa America, in Italia è molto diffusa, sia tra gli uomini che le donne. Mi immagino, ad esempio, i miei amici che d’estate vanno in crociera in barca e leggono il mio libro sdraiati in coperta… E come loro le migliaia di italiani che ogni anno scelgono la barca a vela come loro vacanza ideale. Poi immagino chi ama le storie d’amore, con anche un po’ di avventura e suspense. Per fare dei riferimenti al discorso iniziale, credo piacerà ai fan di Sveva Casati Modignani, di Nicholas Sparks, di Nicholas Evans, ma anche del primo Wilbur Smith, quello di “Come il mare”. Mi accontenterei di avere il loro numero di lettori…

Nelle note finali del libro lei ringrazia suo marito e lo definisce “Enciclopedia vivente della vela”. Davvero le è bastato consultare lui per tutta la parte tecnica relativa alle barche?
Sì, è così. Mio marito è un grande esperto di vela (è l’autore del Libro di Bordo, un’importante pubblicazione per i velisti, venduta da anni in tutte le librerie specializzate in nautica). Quindi dove non arrivavo io, dove avevo un dubbio, invece di scartabellare manuali su manuali mi bastava rivolgermi a lui per avere una risposta pronta e precisa.

Quando uscirà il prossimo?
Tra un anno, spero.

Intanto buona navigazione a tutti. A bordo del Black Swan.

Paola Cerini (“Amici di Paco” n° 25)