LA VENDETTA DEI BROCCOLI (luglio 2014)

Intervista a Diana Lanciotti, autrice di tante straordinarie storie di animali, all’uscita del suo quindicesimo libro

Proprio pochi mesi fa su queste stesse pagine, in occasione dell’uscita de La gatta che venne dal bosco (di cui avevo previsto il grande successo), parlavo di Diana Lanciotti definendola “autrice unica nel panorama letterario italiano per l’originalità e l’eterogeneità delle sue opere”. E ricordavo i due filoni finora da lei esplorati: gli animali (protagonisti di storie famose, come Paco, il Re della strada, un vero cult per tutti gli amanti degli animali, o Boris, professione angelo custode, che è stato definito “la più toccante testimonianza d’amore per i cani che sia mai stata scritta”) e i romanzi d’amore e avventura, come Black Swan-Cuori nella tempesta o Red Devil-Rotte di collisione. Con Silver Moon, Diana ha saputo coniugare i due filoni, fondendo in un unico libro i temi a lei cari: amore, mare e animali. E i suoi lettori l’hanno premiata con un meritato successo.
Ora, con l’uscita del suo quindicesimo libro, La vendetta dei broccoli, Diana riesce a spiazzarci, offrendoci una storia assolutamente diversa dalle precedenti, ma diversa anche da qualunque altra storia che sia finora stato scritto da chiunque. Si tratta infatti di un “giallo vegetariano”, una tipologia che non rientra in nessun genere, ma destinata a far genere. Prevedo infatti che, così come successe tanti anni fa con i suoi libri sugli animali e poi con i suoi romanzi che hanno inaugurato il filone del “romanticismo d’azione”, anche La vendetta dei broccoli aprirà una strada che anche altri scrittori senz’altro decideranno di seguire.
Ma sentiamo direttamente dalla voce di Diana che cosa pensa dell’idea che mi sono fatta.

Diana, stavolta hai scritto un libro che “non sta né in cielo né in terra”, nel senso che è qualcosa di assolutamente innovativo. Sei della mia stessa idea che altri seguiranno questo tuo filone?
Sinceramente non lo so. Quando l’ho scritto non mi sono posta (non me lo pongo mai) il problema del “filone” in cui collocarmi. Di solito sono cose che decidono i critici o gli editori. Chi scrive difficilmente pensa al “posizionamento” di marketing ma capisco che, essendo il libro alla fine un “prodotto”, per dargli una connotazione sul mercato si finisca per collocarlo in questo o quest’altro genere.

Tu in questo caso sei autrice e anche editrice… ed ecco la provocazione: l’editrice Diana Lanciotti in quale filone collocherebbe il nuovo libro della scrittrice Diana Lanciotti?
Come hai anticipato, è un “giallo vegetariano”. Direi che è già questo un genere che finora non è stato trattato. Sì, è questo il filone: “giallo vegetariano”.

Lasciami dire che già il titolo è tutto un programma… nel senso che è assolutamente intrigante e anticipa una trama altrettanto intrigante e originale. Persino io, che per mestiere leggo decine di libri l’anno, una volta che l’ho iniziato non sono riuscita a staccarmi fino all’ultima pagina. Ci credi se ti dico che mi sono persino dimenticata di mangiare, quel giorno? A pagina 30 ho staccato il telefono per non essere disturbata: ero talmente dentro la storia che non potevo tollerare interruzioni.
Ti ringrazio… e ti confesso che io stessa ogni volta che l’ho riletto facevo fatica a smettere. Di solito correggo due o tre capitoli alla volta, poi faccio una pausa. Con La vendetta dei broccoli ogni volta che iniziavo arrivavo alla fine senza pause. Così per tutte le dieci riletture che (come minimo) faccio di solito per ogni libro che scrivo.

Ti sei divertita?
Oh… tantissimo! E spero che si divertiranno anche i miei lettori.

Puoi scommetterci: hai creato dei personaggi di un’immediatezza e una veridicità che escono dalle pagine. Non solo i protagonisti, ma anche quelli di contorno.
A voler guardare, il protagonista è uno… gli altri sono le sue pedine.

Come mai hai deciso di svelare praticamente subito chi è l’assassino?
Perché quello che conta in questa storia è non chi è il colpevole, ma il suo movente e… se riuscirà a farla franca. Non è il solito gioco del gatto col topo, classico dei polizieschi: qui sono in tanti i poliziotti a rincorrere l’omicida in giro per l’Italia.

Ecco, infatti: un altro punto di grande originalità è che a far sfondo ai vari delitti sono varie località italiane, e incaricati delle indagini sono diversi poliziotti che solo alla fine capiscono di essere impegnati a inseguire tutti lo stesso serial killer.
Sì: tutti sono alla caccia dello stesso personaggio, senza saperlo.

C’è una frase emblematica che già nei primi capitoli sembra segnare la svolta nelle indagini, anche se poi tutti continuano a brancolare nel buio: “C’era qualcosa, effettivamente, che accomunava i due delitti. Era tutta una questione di broccoli.” Perché i broccoli?
Tu lo sai, perché l’hai letto. Ma se ora lo dico… svelo tutto l’arcano.

Giusto, meglio lasciare la giusta suspense. Puoi dirci almeno perché il “serial killer dei broccoli” ce l’ha tanto con i cuochi?
Anche in questo caso devo avvalermi della facoltà di non rispondere… Scherzi a parte: è tutta lì o quasi la questione… anche se man mano che si procede ne vengono fuori altre.

Giallo vegetariano… credi che lo leggeranno solo i vegetariani?
Oh, no! Sarebbe come dire che poiché Il nome della rosa è ambientato in un monastero è un libro religioso, quindi adatto a lettori di… testi sacri.

Come al solito, non è solo una storia di evasione. Persino i tuoi romanzi, (anche se per modestia li definisci di evasione) sono ricchi di spunti di riflessione: in Black Swan, ad esempio, hai trattato le problematiche di una disabilità come il sordomutismo, in White Shark la forza dell’amicizia capace di sublimarsi in sacrificio, come del resto anche in Red Devil, dove hai aggiunto la lealtà che, in campo sportivo, può portare a scelte che potrebbero sembrare criticabili, in Silver Moon hai sviscerato lo spirito di sacrificio di una madre nei riguardi di una figlia. Ne La vendetta dei broccoli c’è un tema in particolare che hai voluto approfondire?
Ovviamente il vegetarismo e in ogni caso l’atteggiamento prevaricatore e utilitarista dell’uomo nei riguardi degli animali, considerati meno che oggetti.

Visti i contenuti, poteva diventare il solito pistolotto sulla scelta vegetariana, di quelli che solo i già convinti leggono…
Cosa che ho evitato accuratamente. Se si vuole fare sensibilizzazione è inutile continuare a dirsela tra pochi, e sempre gli stessi. Per diffondere un messaggio, non credo nell’efficacia delle prediche, né di numeri e statistiche, né tantomeno dei pugni nello stomaco. Come sai il mio motto, che è poi lo stesso del Fondo Amici di Paco, è “persuadere con dolcezza”.

Anche se, bisogna dire, in questo libro di dolcezza ce n’è poca…
Per forza. Del resto è un giallo, no? Quello che intendo è che per puntare l’attenzione sulle sofferenze degli animali non ho scelto di descrivere le sofferenze degli animali (basta fare una ricerca in rete e si trova tutto lì), ma ho fatto “soffrire” (in senso letterario… non letterale) chi fa soffrire gli animali, attraverso questa serie di delitti che, alla fine, creeranno più scalpore e riflessioni di qualunque denuncia o proclama.

O manifesto animalista o vegetariano.
Appunto. L’intento è quello.

Diciamocelo: in questo bellissimo libro c’è anche tanta ironia, come del resto in tutti i tuoi libri: come nel caso del randagismo e dell’abbandono sai dire le cose più sconvolgenti col sorriso sulle labbra… e suscitando il sorriso più che l’orrore.
Perché sono convinta che funzioni di più, che questo approccio avvicini molto di più alle tematiche che mi preme portare all’attenzione di tante persone.

Come in effetti è successo con Paco, il Re della strada e con tutti i tuoi libri: sai parlare di cose brutte e pesanti con dolcezza. Direi che la dolcezza e l’ironia sono i segreti del tuo successo. Condividi?
Sì. Nessuno, per riflettere su un problema che magari non lo riguarda direttamente o che comunque non sente così vicino o impellente (come è il caso del randagismo o del vegetarismo), ha voglia di farsi prendere a pugni nello stomaco o di leggere una serie di cifre, o di sentirsi offendere da qualcuno perché non va ad adottare un cane al canile o mangia una bistecca invece dell’insalata. Se invece queste tematiche sono contenute all’interno di una storia, che sia possibilmente interessante e coinvolgente, sarà molto più facile avere l’attenzione di chi non ama l’approccio violento e intransigente che a volte è proprio degli animalisti e dei vegetariani. Ecco perché ho scelto la forma del romanzo, che tutti potranno (e mi auguro vorranno) leggere.

Saranno in tantissimi, puoi scommetterci. Ma tu, Diana, sei vegetariana?
Sai che non mi piacciono le etichette… Non mi piace neppure essere definita animalista: sono semplicemente una persona che ama con tutta sé stessa gli animali, la natura… la vita, e fa quanto è in suo potere per fare di questo mondo un mondo migliore. E la mia concezione di mondo migliore contempla di non cibarsi di animali.

Per chiudere, Diana, come sempre invito i lettori a non perdersi questo nuovo gioiello e a regalarne tanti. Ricordo che, come per La gatta che venne dal bosco, hai deciso di presentarlo in anteprima esclusiva su questa rivista, perché gli “amici di Paco” possano sceglierlo come lettura per l’estate. Comprandolo direttamente tutto il ricavato va in beneficenza (non essendoci i costi di distribuzione) e, grazie a… un broccolo, tanti cani, gatti e altri animali potranno avere una vita migliore.

Paola Cerini (intervista pubblicata su “Amici di Paco” n°57)