PACO, IL RE DELLA STRADA 3a ed. ampliata (marzo 2011)

Paco, il Re della strada: nuova edizione ampliata

Sono circa 150.000 i cani abbandonati ogni anno per strada. Si stima che gli incidenti stradali provocati da animali abbandonati siano in media 4.000 l’anno. L’estate e il periodo compreso tra novembre e febbraio registrano i picchi più alti di abbandoni. Molti cani o anche gatti acquistati o adottati a Natale, a Pasqua sono già finiti per strada. Li aspetta quasi sempre un destino crudele. Sono davvero pochi quelli che riescono a cavarsela senza essere investiti o addirittura ammazzati volutamente. Pochissimi, poi, quelli che sopravvivono e riescono a trovare una famiglia. Paco è uno dei pochi che ce l’hanno fatta e, grazie alle sue avventure narrate in prima persona da lui, per mano della sua mamma adottiva Diana, ha svelato a migliaia di umani la realtà a molti sconosciuta del randagismo.
Paco, il Re della strada uscì per la prima volta nel giugno 1997 grazie all’editore Mursia (nella collana arCANI &C.) che per primo capì il grande potenziale di questo libro, tanto da farne anche, subito dopo, un testo di narrativa scolastica. Il libro di Paco accompagnò la nascita del Fondo Amici di Paco (al quale erano destinati i diritti d’autore) e divenne presto un cult per tutti gli amanti degli animali, una pietra miliare della narrativa animalista e un importante strumento di sensibilizzazione per capire un fenomeno vergognoso come quello dell’abbandono.
Dopo nove anni di successo con Mursia, il libro venne ripubblicato nel 2006 in una nuova edizione da Paco Editore, la casa editrice nata come emanazione del Fondo Amici di Paco per sostenere le iniziative dell’associazione. In questo modo non solo i diritti d’autore, ma anche tutto il ricavato va devoluto al Fondo Amici di Paco.
In questi cinque anni il libro ha confermato le sue valenze educative e di sensibilizzazione e ha permesso, tramite le vendite, di aiutare tantissimi animali bisognosi, in nome di Paco. Come sanno tutti coloro che hanno letto il libro, Paco è un ex cane di casa trovatosi improvvisamente randagio, che a un certo punto della sua vita diventa “re della strada”, alla testa di un branco di altri randagi.
Paco è esistito davvero. Ha vissuto per quindici splendidi anni insieme ai suoi due amici umani, Diana e Gianni. Ricordo le volte in cui andavo a trovarlo, per intervistare Diana e, successivamente, per il gusto d’incontrarsi. Ogni volta restavo colpita dalla vitalità che, nonostante gli anni, emanava dal suo sguardo. Oltre al suo sguardo, ricordo la sua celebre coda bianca, portata spesso in una superba ruota sul dorso, in segno di comando.
Quattro anni fa Paco se n’è andato. Ma tutto ciò che si faceva un tempo grazie a lui, ora viene fatto nel suo ricordo, per onorarne la memoria. Anche la nuova edizione, la terza, del suo primo libro, dopo migliaia di copie vendute, testimonia l’amore immutato di Diana per il suo Paco e la volontà di continuare ad aiutare tanti cani, gatti e altri animali ad avere una vita felice e dignitosa.
Ogni volta, andare a trovare Diana e non vedere Paco che mi viene incontro festoso fa uno strano effetto però, come dice Diana; “non bisogna ricordarlo con tristezza. Paco era un cane allegro, felice, che non ha mai fatto pesare la sua età. E non vorrebbe mai far pesare la sua mancanza.”
Tanto che si ha l’impressione che sia ancora qua. Non una presenza inquietante, ma una costante ispirazione per chi, in nome suo, continua a operare per il bene degli animali.

Diana, diciannove anni dopo il primo incontro, dopo quindici anni di vita vissuta insieme, qual è il ricordo più bello che hai di Paco?
Difficile sceglierne uno: Paco ci ha regalato tantissimi momenti di grande gioia. Quindici anni di vita in completa comunione, di totale comprensione. Però, se proprio devo scegliere uno tra i tanti ricordi, tornerei ancora a quel giorno al canile.

Intendi quando lo sceglieste, o quando lo portaste a casa, una settimana dopo?
Mi riferisco al primo incontro, quando non fummo noi ma fu lui a fare la scelta. Fu lui che, praticamente non facendo niente (al contrario degli altri cani che ci gridavano di portarli via con noi, lui se ne stava muto e immobile, in mezzo a quella gabbia, come se ci stesse sfidando), ci convinse a portarlo via.

Da quel giorno la vostra vita è cambiata. Eccome, se è cambiata. Prima d’allora non sapevo quasi nulla di abbandono e randagismo e, pur avendo sempre vissuto con cani e gatti, non ero mai stata in un canile. Nessuno spiegava mai che ogni anno per strada vengono “scaricate” come scarpe vecchie decine di migliaia di cani e di gatti, nessuno spiegava che gli animali abbandonati fanno quasi sempre una fine atroce.

Come mai si parlava poco di randagismo e canili?
Forse perché i canili allora erano pochi e non al collasso come oggi. Un tempo i cani accalappiati e portati in canile venivano soppressi dopo 3 giorni… Grazie alla legge del 1991, che impedisce la soppressione dei cani, Paco l’ha scampata per pochi mesi. Ma prova a pensare a quante migliaia di cani sono state eliminate, allora, dopo la fatidica scadenza dei tre giorni. Non solo cani abbandonati, ma anche semplicemente persi e non rintracciati dai proprietari.

Certo che adesso la situazione dei canili non è rosea.
No, purtroppo no. Molti, come dicevo, sono al collasso, in continua emergenza. Noi, tramite il Fondo Amici di Paco, facciamo il possibile per aiutarne quanti possiamo, ma ti assicuro che è sempre poco rispetto alle necessità. Vorrei fare molto di più, ma mancano sempre i mezzi. È una sofferenza non poter fare tutto quello che si vorrebbe e dovrebbe fare.

La colpa è dei gestori dei canili?
In minima parte. Ma la colpa principale è di chi abbandona i cani e di chi non applica le leggi esistenti contro i maltrattamenti. È molto più facile puntare il dito contro chi raccoglie i cani, e non avendo mezzi e aiuti a volte li fa vivere in condizioni penose, piuttosto che fare campagne di dissuasione e interventi presso le scuole per educare le persone a rispettare gli animali.

E questo è l’impegno che, in assenza delle istituzioni, vi siete assunti voi sin dall’inizio: di far capire che cos’è il randagismo e che un animale non si abbandona mai. Per farlo hai iniziato scrivendo il libro di Paco, che è diventato un mito, un punto di riferimento per tutti gli amanti degli animali e un faro in un mondo di indifferenza.
Non avrei mai pensato che Paco e la sua storia raggiungessero tanti cuori, ma è stato così.

Ora Paco il Re della strada esce in una nuova edizione, la terza. La prima fu pubblicata da Mursia nel 1997. So che hai un aneddoto da raccontare, in proposito.
Sì. Quando uscì il libro, approfittammo dell’occasione per presentare anche il Fondo Amici di Paco e anche Paco. La presentazione si svolse al Circolo della Stampa di Milano, alla presenza di molti giornalisti che, vedendo Paco e apprendendo la sua storia, s’innamorarono letteralmente di lui (era inevitabile, del resto: nessuno sapeva resistergli) e iniziarono a parlarne sui giornali, alla radio e in tv e a interessarsi di abbandono e randagismo, problemi che finora non erano interessati a nessuno. Nonostante il libro contenesse una denuncia (contro l’abbandono e i maltrattamenti), non era triste. Me lo fece notare Fiorenza Mursia, la mia editrice, durante la presentazione. A un giornalista che le chiese: «Come mai avete deciso di pubblicare questo libro?» lei rispose: «Da quando abbiamo creato la collana Felinamente e arCANI riceviamo tantissimi libri di persone che hanno scritto la storia del loro cane o del loro gatto. E tutti iniziano con “È morto”». Alle sue parole seguì una risata generale che non si fermava più. «Paco, il Re della strada», spiegò poi la signora Mursia, «è un libro finalmente diverso, che racconta una storia e lo fa in modo brillante, divertente, anche commovente, e in più fa riflettere.»

E credo che sia questo il motivo del suo grande successo: la capacità di far riflettere senza far star male. Come invece sarebbe stato facile, visto l’argomento.
Sì, non avrei potuto fare diversamente. Per me è importante far riflettere senza pugni nello stomaco. Solo così posso sperare (come in effetti succede) che il libro venga letto anche da chi non ama così tanto gli animali.

È un libro che continua a vendere tanto, anche dopo quindici anni.
Eh, sì, perché chi si accosta per la prima volta al nostro mondo desidera sapere tutto di Paco e lo fa leggendo innanzitutto il suo libro. E poi, scoprendo che cosa sia per un cane l’abbandono, decide di fare qualcosa per aiutarci ad aiutare.

Un libro che, secondo i tuoi intenti, doveva essere diverso.
Infatti era nato come la storia dell’incontro tra me e Paco, avvenuto cinque anni prima al canile, e con l’intento di raccontare la nostra vita insieme. Invece, man mano che scrivevo, è diventato la storia della vita precedente di Paco, come me la sono immaginata e come l’ho potuta ricostruire in base a determinati indizi. La storia mi aveva preso talmente la mano che più volte mi sono detta che a scriverla non sono stata veramente io… anzi, sono stata io, ma sotto dettatura di Paco.

Chi meglio di lui avrebbe potuto raccontarla?
E infatti. Se fosse stata come l’avevo intesa (una storia semplicemente autobiografica) non sarebbe stata così interessante. Invece così, come storia romanzata (ma poi neanche tanto) di un cagnolino alle prese con una miriade di avventure ha acquisito un valore aggiunto che non avrebbe avuto se fosse stata semplicemente la storia mia e di Paco.

E non avrebbe aiutato così tante persone a riflettere. Si può dire, tornando a Mursia, che ha visto giusto quando ha deciso di pubblicare Paco, il Re della strada, un libro che ha aperto tanti occhi e scosso tante coscienze, diventando la bibbia di ogni animalista.
Sì, e poi il libro è stato pubblicato anche in versione scolastica per le scuole medie sempre da Mursia Scuola (ora del gruppo Edumond Le Monnier) e adottato da tantissime scuole. Gli insegnanti lo giudicano educativo e capace di far riflettere senza pugni nello stomaco, ma con il sorriso sulle labbra. Lo considerano la base di ogni discorso sul rispetto verso le altre specie viventi.

So che molti insegnanti lo considerano anche un libro sull’amicizia e l’altruismo, valori riferibili anche all’ambito umano.
E i ragazzi, che in genere non amano le prediche degli adulti, invece le accettano molto più volentieri da un cagnolino, che considerano un cucciolo pari loro, un amico che li capisce e a cui confidarsi. Sono più propensi ad ascoltarlo.

Uno dei punti di forza di Paco, il Re della strada è che pur essendo un libro di denuncia, è un libro dolce, che usa toni morbidi. Insegna divertendo, insomma.
In effetti c’è stato qualcuno che mi ha fatto osservare che avrebbe potuto essere un libro più “animalista”. E per animalista intende uno di quei classici libri-denuncia infarciti di rivelazioni scioccanti e pugni nello stomaco. Io stessa, occupandomi nel tempo più concretamente e attivamente di randagismo, maltrattamenti e orrori vari, mi sono chiesta se fosse il caso di riversare in questo libro ciò che ho imparato, per farne partecipi anche i miei lettori. Ho pensato a lungo se trasformare radicalmente questa storia che tanti bambini leggono a scuola e dalla quale (a quanto mi dicono loro stessi o i loro insegnanti quando li incontro o mi scrivono) traggono molti insegnamenti: capire gli animali, amarli, rispettarli, considerarli esseri capaci di provare i nostri stessi sentimenti. Se farlo diventare, insomma, uno di quei libri-denuncia infarciti di dati sbalorditivi, di episodi truculenti, di invettive contro la “bestia umana”. Alla fine ho deciso di no. Ho preferito seguire il mio motto, che poi è diventato quello del Fondo Amici di Paco: “persuadere con dolcezza”. Formula che ho poi adottato anche nei due libri successivi su Paco.

So che qualche intervento, però, rispetto alla prima stesura l’hai fatto.
Sì, innanzitutto formale: negli anni il mio modo di scrivere si è modifcato, direi alleggerito, semplificato. Certe parti, dove avevo usato troppi aggettivi e termini un po’ troppo forbiti, non mi piacevano più. Così ho dato una sfoltita, ho semplificato le parti che mi parevano più ridondanti.

E poi hai aggiunto nuove foto e un capitolo nuovo. Ha a che fare con la scomparsa di Paco?
No, no. Questo è il primo libro di Paco e finisce con… un inizio: la sua nuova vita con noi. Però mi sono accorta che mancava qualcosa, qualcosa che definisse un po’ il tipo di rapporto che si era creato tra noi e Paco. Così ho voluto raccontare un episodio, un viaggio che facemmo con lui. A qualcuno potrà sembrare banale, ma dimostra l’attaccamento viscerale che Paco aveva per noi e la sua disponibilità a… rinunciare a certe comodità pur di non mollarci un attimo. Per noi quell’episodio è uno dei ricordi più teneri ed emblematici. L’ho scelto tra tanti altri per raccontare com’era Paco nella… vita privata, una volta spogliato degli abiti di Re della strada.

Tu, Diana, non ti reputi animalista, mi hai sempre detto.
Infatti. Sono semplicemente una persona che ama svisceratamente e da sempre gli animali, che sin da piccola ha avuto con loro un rapporto meraviglioso e la fortuna e il privilegio di poter condividere con gli animali ogni momento della propria vita. Un altro grande privilegio è stato adottare Paco al canile e poter così conoscere la realtà del randagismo. E di sentire dentro di me la necessità di fare qualcosa per migliorare la situazione. Cerco di farlo con passione e impegno, senza pugni nello stomaco, urla, schiamazzi, boicottaggi, ma usando gli strumenti in cui credo: la forza della riflessione, la grandezza dell’amore, la potenza del rispetto.

Tutte cose che, come hai scritto nella postfazione, hai imparato da Paco. Come sempre, parlare di Paco e parlare di un libro è riduttivo. Dietro a Paco c’è tutto un mondo: il mondo dell’abbandono, del randagismo, dei canili, del Fondo Amici di Paco, l’associazione nazionale per la tutela degli animali che tu e Gianni avete fondato nel 1997. È nato prima il libro o il Fondo Amici di Paco?
Prima il libro. Paco era con noi da cinque anni, e ogni giorno ci stupiva con la sua intelligenza e il suo attaccamento. E quasi ogni giorno Gianni, accarezzandolo, lo guardava negli occhi e gli diceva con rimpianto: «Chissà com’eri da cucciolino…» E ogni volta Paco mi guardava, come se toccasse a me rispondere a quella domanda. E col tempo aumentava la voglia di dare una forma, una dimensione al suo passato. Il Fondo Amici di Paco è nato per caso, perchè, come ho raccontato in Paco. Diario di un cane felice, l’allora responsabile della Lega Nazionale per la difesa dei cani alla quale avrei voluto versare i miei diritti d’autore mi disse: “No, grazie, non ci interessa”.

Meglio così, no?
In effetti da quel rifiuto è nato il Fondo Amici di Paco, che ci ha permesso di fare tantissime cose, sia sul fronte della sensibilizzazione che degli aiuti concreti: basti pensare che ogni anno riusciamo a distribuire, cioè regalare, migliaia e migliaia di pasti ai rifugi che ospitano cani e/o gatti, oltre a prodotti veterinari.

Grazie al Fondo Amici di Paco molte cose sono cambiate e si è creata una maggiore attenzione, anche da parte dei media e delle istituzioni, verso gli animali e i loro diritti.
È vero. Attraverso Paco e la sua storia siamo riusciti a suscitare un grande interesse intorno al problema dell’abbandono. Paco è “uno che ce l’ha fatta”, ed è diventato l’emblema di tutti i cani randagi. La storia di Paco è diventata un monito contro l’abbandono e anche una speranza per tanti tanti altri cani. Il principale obiettivo del Fondo Amici di Paco è proprio di diffondere il messaggio di amore e solidarietà verso gli animali. Per raggiungerlo, in tutti questi anni abbiamo realizzato una grande quantità di iniziative sia di sensibilizzazione che di aiuti concreti ai rifugi. Ogni anno riusciamo a sfamare tanti cani e gatti senza famiglia, a vaccinarli e fargli la profilassi antiparassitaria, perché far star meglio i cani e i gatti dei rifugi vuol dire favorirne l’adozione presso nuove famiglie.

Come riuscite a fare tante cose?
Grazie a tante persone generose e sensibili, cioè gli “amici di Paco”: i nostri sostenitori che con piccole o grandi ma comunque sempre preziosissime offerte, ci permettono di andare avanti a fare tanto, anche se purtroppo non è mai abbastanza.

Che cos’è cambiato, in tutti questi anni, a livello di diritti degli animali?
Molto. Quando è nato il Fondo Amici di Paco c’erano pochissime associazioni che facevano pochissimo. Ora sono davvero tante, locali e nazionali e fanno molto di più. La coscienza animalista è aumentata, grazie all’operato delle associazioni e a una maggiore attenzione dei media. Anche le istituzioni fanno di più. Ad esempio nel 2004 è stata varata un’importantissima legge che punisce severamente abbandoni e maltrattamenti (legge da noi fortemente richiesta, anche con una raccolta firme).

Il problema sono i comuni, mi pare.
Sì, troppi comuni sono inadempienti riguardo la creazione di canili, e quindi si creano situazioni che poi tocca alle associazioni o a Striscia la notizia affrontare.

Gli abbandoni sono diminuiti?
Io dico di sì, anche se non ci sono dati precisi per dirlo. Qualcuno, per far parlare di sé, soprattutto a inizio estate (succederà, ci scommetto, anche quest’anno) asserisce il contrario. In realtà credo che la maggiore attenzione verso il randagismo porti a parlarne di più e di conseguenza sembra che gli abbandoni siano più di una volta. La verità è che una volta semplicemente non se ne parlava…

Che cosa vi differenzia dalle altre associazioni?
Il Fondo Amici di Paco è un’organizzazione anomala, nel senso che non è un apparato. Mi spiego: non abbiamo impiegati, centralinisti, persone pagate per seguire le attività dell’associazione. I soldi che i nostri sostenitori ci danno per aiutare gli animali non devono servire per pagare persone che rispondono al telefono o altro. Non vogliamo che vadano a pagare una sede, dei mobili, dei computer, delle fotocopiatrici, la luce, il telefono, il riscaldamento: tutte le strutture e le attrezzature, insomma, che servono a far funzionare un’associazione. Tutte queste spese sono a carico nostro, mio e di Gianni. E così il Fondo Amici di Paco non ha una sede propria, ma ha sede presso gli uffici della nostra attività lavorativa (agenzia di pubblicità e studio d’architettura, infatti Diana e Gianni sono titolari di un’agenzia di pubblicità e in più Gianni è architetto, n.d.r.), che a loro volta sono nella nostra abitazione. In questo modo il Fondo Amici di Paco non ha spese vive di funzionamento, perché ce le sobbarchiamo noi. È anche questo un modo, per noi, di fare volontariato.

Se qualcuno che ancora non vi conosce vuole aiutarvi, come può fare?
Può scegliere di fare una donazione, o iscriversi all’associazione, pagando la quota annuale e diventando così “amico di Paco”, oppure acquistare i “Regali di Paco” per sé o per regalarli e far conoscere anche ad altri la nostra associazione. Abbiamo bisogno di sostegno per poter continuare ad aiutare gli animali, in nome del nostro Paco.

Grazie Diana. Ora aspettiamo l’uscita del tuo prossimo libro. Un giallo, vero?
Sì, un giallo vegetariano, dalla parte degli animali. Non so ancora se uscirà quest’estate o a Natale. Dipenderà dagli accordi col distributore.

Paola Cerini (intervista tratta da “Amici di Paco” n° 48, marzo 2011)