CUORI GRANDI COSI’ – dicembre 2022

Il 24° libro di Diana Lanciotti è un omaggio a tutti gli angeli con la coda dimenticati nei rifugi e agli angeli umani che si prendono cura di loro.

Intervista a Diana Lanciotti all’uscita del suo ventiquattresimo libro, un album fotografico toccante ed emozionante ambientato ancora una volta al rifugio Fratelli Minori di Olbia per riflettere sulla crudeltà dell’abbandono.

“Ogni volta che entro in un rifugio e leggo negli occhi dei cani o dei gatti la voglia di dare e ricevere amore, sento il dovere di mostrare al mondo quegli sguardi pieni di speranza, quei… cuori grandi così. Promesse di felicità per chi li porterà via con sé.” 

Così scrive Diana Lanciotti nella prefazione al suo nuovo libro, un fotoracconto ambientato per la seconda volta, dopo l’indimenticabile Occhi sbarrati-Reportage dal canile, al rifugio Fratelli Minori di Olbia. Dopo tre libri dedicati all’attualità e alla politica la Lanciotti fa il suo rientro nelle tematiche animaliste per cui i suoi lettori la conoscono da una trentina d’anni e lo fa con un sublime omaggio agli “angeli dimenticati” nei rifugi e a tutti i volontari che, con amore e abnegazione, ogni giorno salvano vite e ridanno dignità ad animali rifiutati da umani crudeli, incapaci di dare e ricevere amore. Ne abbiamo parlato direttamente con lei.

Diana, dopo il successo di Antivirus, Emergere dall’emergenza, Guariremo solo se… e Libera mente molti tuoi lettori temevamo che avessi scelto la politica e abbandonato definitivamente l’animalismo.
«Questo libro è la smentita dei loro timori. Del resto l’avevo promesso all’uscita di Libera mente

In effetti come spiegavi allora tu non ami rinchiuderti in compartimenti stagni.
«Assolutamente no. Occuparsi di animali non esclude la politica e viceversa. Per me è sempre stato naturale spaziare da un interesse all’altro.»

O da una causa all’altra…
«Fa parte della mia natura prendermi a cuore una causa, che sia quella animale, quella della salute, quella della libertà, quella dell’Italia. Forse è una forma di presunzione, ma io ho bisogno, un bisogno indifferibile, di sentimi utile. Lo faccio usando gli strumenti di cui sono stata dotata, cioè la scrittura e la capacità di vedere le situazioni da tante angolazioni, senza fossilizzarmi su quella più facile e comoda.»

A proposito di comodità, ultimamente hai preso delle posizioni scomode stigmatizzando la faziosità di tanti tuoi colleghi giornalisti…
«Faziosi dalla parte del potere, guarda che caso, e mai dalla parte dei veri deboli. Ne abbiamo avuto esempi infiniti in questi ultimi due anni. Hanno abbandonato l’etica professionale per diventare megafoni del potere. Certo, criticare queste scelte mi è costato in termini di visibilità: da quando hanno scoperto che non sono allineata non mi danno più lo spazio di un tempo. Tanto che molte persone mi hanno chiesto se mi sono ritirata e ho smesso di aiutare gli animali.»

E invece non hai mai mollato. Anzi. Persino nei periodi difficili per le raccolte fondi sei riuscita a portare a termine due edizioni della Campagna Antiparassiti con grandi risultati.
«È vero. Abbiamo dovuto triplicare l’impegno, ma siamo riusciti ad aiutare un numero maggiore di rifugi, nonostante il calo delle donazioni. Ci siamo attrezzati per fare miracoli…»

Sei contenta del risultato ottenuto dai tuoi libri fuori dal filone animalista?
«Sì, soprattutto del fatto che, a distanza di tempo, sono ancora attualissimi, perché hanno anticipato e spiegato cose che erano nell’aria ma si voleva tenere nascoste. Sia per quanto riguarda la pandemia, sia la guerra. Molti lettori sono praticamente cascati dalle nuvole, perché davanti a un’informazione così allineata e monocorde avevano perso (o non hanno mai maturato) la capacità di discernere le notizie vere da quelle adulterate. Però ora ho la soddisfazione di sapere che, così com’era successo 25 anni fa quando iniziai a parlare di abbandono, un fenomeno totalmente sottaciuto, sono riuscita ad accendere qualche lampadina, favorendo la riflessione su quanto ci viene propinato come verità assoluta e indubitabile.»

Bene, Diana. Parliamo di Cuori grandi così: un nuovo reportage fotografico al rifugio Fratelli Minori di Olbia, dopo quindici anni da Occhi sbarrati.
«Ti dirò che sono così affezionata a Occhi sbarrati, mi sembrava un libro così ben riuscito, che non sentivo il bisogno di farne un altro. Di Occhi sbarrati ricordo quel 31 dicembre del 2005 al rifugio Fratelli Minori di Olbia, che visitavo per la prima volta. Ricordo che, per non farmi travolgere dall’emozione, per non scoppiare a piangere davanti ai drammi che gabbia dopo gabbia mi si presentavano davanti agli occhi, mi ero armata di macchina fotografica per crearmi una sorta di corazza, per mettere qualcosa tra me e loro, che mi proteggesse in qualche modo dalla loro sofferenza. Se entri e ti soffermi davanti a ogni recinto, a ogni singolo cane e magari nel frattempo ascolti i racconti che ti fa Cosetta sulle crudeltà da cui quei cani sono scampati, non ce la fai a reggere. O scappi, come fa qualcuno, o stai lì a farti colpire come un pugile alle corde e senti il dolore che dilaga e lo scoramento ti paralizza. La macchina fotografica invece, soprattutto per come la uso io, senza automatismi, ti richiede attenzione, presenza di spirito, se non vuoi vanificare il tuo lavoro. Soprattutto se pensi che le foto che stai scattando serviranno a raccontare a tutti, fuori da lì, le storie di quei “fratelli minori” buttati via come scarpe vecchie, per far riflettere e capire che si può e si deve fare qualcosa per dire un no definitivo ai soprusi sugli animali.»

Quindi la macchina fotografica è praticamente il tuo scudo.
«Sì. È impegnativo e salvifico nello stesso tempo: non è facile fotografare cani che appena ti vedono si buttano sulla rete, ti festeggiano, vogliono la tua attenzione o, al contrario, ti urlano in faccia il loro dolore. E poi le condizioni sono sempre abbastanza difficili, con tanti passaggi tra ombra e luce, tra aperto e chiuso, con le reti spesso in mezzo che creano, appunto, l’effetto “occhi sbarrati”. »

A proposito, Diana, vorrei ricordare perché quel titolo, Occhi sbarrati, così particolare e intrigante, come tu stessa l’hai spiegato: leggo dalla prefazione: “Perché così appaiono gli occhi dei cani rinchiusi nelle gabbie di un canile. Sbarrati dalle reti, ma soprattutto sbarrati dalla paura di restare rinchiusi, dalla paura della solitudine, dalla paura di essere di nuovo maltrattati, o delusi, o rifiutati. Ogni cane rinchiuso in un canile ha un suo motivo per avere gli “occhi sbarrati”, e sono certa che guardando queste fotografie si riuscirà a farsene un’idea e a capire quanto può soffrire un cane privato della sua libertà ma soprattutto della sua voglia di amare un umano e dedicarsi a lui per la vita.”
«Ora, invece che sugli occhi, ho spostato l’attenzione sui cuori, per sottolineare che dietro quegli sguardi ci sono cuori che palpitano, soffrono. Cuori infranti che sotto il tocco di una carezza e di una parola gentile sono capaci di ricomporsi per darci tutto l’amore del mondo.»

Quindi il messaggio ora è cambiato.
«Più che altro è cambiato quello che so dell’abbandono, perché è cambiato l’abbandono. Non esiste quasi più l’abbandono del cane di casa, legato al guard rail o in una piazzola d’autostrada come succedeva un tempo. Anni di campagne di sensibilizzazione, a partire dalle nostre, hanno fatto sì che quel tipo di abbandono sia quasi del tutto scomparso.»

Perciò non è più il cane di casa a essere abbandonato…
«I proprietari sono diventati più consapevoli, e difficilmente abbandonano gli animali di casa, oggi considerati veri e propri compagni di vita. Il problema principale è la nascita di cucciolate non volute, di cui ci si libera con una leggerezza disumana. Succede perché non si sterilizza, nonostante le campagne promosse a livello locale, provinciale e regionale in molte zone d’Italia. Al rifugio Fratelli Minori di Olbia arrivano senza sosta intere cucciolate, spesso ancora da allattare, sottratte alle mamme che, per pigrizia, ignoranza o mancanza di mezzi, non sono state messe al sicuro o sterilizzate. In maggioranza sono cani da pastore o da caccia, considerati “strumenti da lavoro”, che devono rendere tanto e costare poco. Stessa storia per i gatti, lasciati liberi senza averli sterilizzati, e quando sfornano i cuccioli non ci si fa scrupoli a disfarsene.»

Una piaga che riguarda soprattutto il Sud, mi pare.
«Sì, purtroppo. I rifugi del sud Italia sono strapieni di cucciolate di cani da pastore o da caccia che difficilmente vengono adottati perché in genere si cerca il cane da compagnia, non da lavoro.»

Diana, è risaputo il tuo particolare legame con il rifugio Fratelli Minori di Olbia, dove hai adottato due cani e due gatti e che sostieni da anni anche con la Campagna Antiparassiti, con la quale da 20 anni il Fondo Amici di Paco dona a rifugi di tutta Italia prodotti antiparassitari per la profilassi dei cani e dei gatti senza famiglia.
«Tutti i rifugi che aiutiamo, e sono decine, sono per me come dei figli. E so che una brava mamma non dovrebbe avere preferenze. Diciamo perciò che per ragioni logistiche frequento molto di più il rifugio di Olbia che tutti gli altri. Ogni visita al rifugio di Cosetta finisce per rappresentare simbolicamente l’incontro con tutti i volontari che accudiscono migliaia di cani e di gatti nei rifugi che grazie ai nostri sostenitori riusciamo ad aiutare. Per non dire che la forza di Cosetta è… contagiosa e l’amicizia con lei è qualcosa di prezioso.»

L’idea di un nuovo libro fotografico, mi dicevi, è recente.
«Così recente che… è ancora in corso d’opera.»

Cioè?
«È successo che lo scorso settembre sono andata al rifugio con Mara, l’art director della nostra agenzia che da oltre 20 anni cura la parte grafica della comunicazione del Fondo Amici di Paco, dalla rivista, alle campagne, ai libri. Lavoriamo in perfetta sintonia, e insieme abbiamo fatto delle belle cose, che sono passate alla storia dell’animalismo. Come le campagne contro l’abbandono, quella di Natale, “Non siamo giocattoli”, quella di Pasqua, “Lasciamoli vivere” fino alla più recente “Tu credi. Ti sbagli” che è piaciuta così tanto che molte testate ce la chiedono per pubblicarla gratuitamente. Insomma, Mara conosce da anni, per via indiretta, Cosetta attraverso i racconti che ne ho sempre fatto, oltre che per aver  curato la grafica di Occhi sbarrati e di tutti gli articoli della rivista in cui parlo delle mie visite al rifugio. Quando è venuta in Sardegna con i suoi figli, Nicole e Matteo, mi ha espresso il desiderio di andare a vedere il rifugio. E, soprattutto far vedere ai ragazzi, che amano tantissimo gli animali, che ci sono animali che soffrono a causa di esseri umani… disumani. Confesso che quando c’è stato l’incontro tra Mara e Cosetta, quando le ho presentate, mi sono commossa. Mi si è spezzata la voce. È stato un momento per me di grande significato far incontrare due persone così importanti della mia vita e condividere con entrambe una parte della mia vita. Poi ho accompagnato Mara con i ragazzi all’interno del rifugio, tra i “viali”, come li chiama Cosetta, che passano davanti ai recinti. E, osservando le loro reazioni… ho rivisto il rifugio attraverso i loro occhi. Dapprima increduli, poi sempre più consapevoli dell’esperienza straordinaria di vedere dal vivo creature rifiutate ma ancora piene di amore da dare. Un’esperienza che non capita a tutti e che non tutti sanno affrontare. Naturalmente avevo con me la mia Nikon e scattavo, per evitare il solito groppo in gola. Poi a casa, scaricando le fotografie nella cartella del computer dedicata al rifugio di Olbia, mi sono accorta che avevo una quantità immane di materiale, e che tenerlo per me non ha senso, mentre è molto più utile diffonderlo per sensibilizzare altre persone.»

Rispetto al tuo primo reportage che cosa vuoi comunicare di nuovo ai tuoi lettori?
«La mia prima vista al rifugio di Olbia risale a dicembre 2005. C’ero andata per portare aiuti e… cercare consolazione dopo la scomparsa di Boris, il mio angelo custode. Avevo il cuore gonfio di dolore, che però piano piano la visita al canile è riuscita a sciogliere. Lo stesso è successo l’anno dopo, dopo la morte di Paco, quando Cosetta al telefono mi ha detto, piangendo per lui: “Vieni qua, vieni a trovarmi.” E anche lì, in mezzo a tutti quei cuori pieni d’amore, il mio dolore si è stemperato. È successo tante altre volte, di andare lì con qualche angoscia e piano piano ritrovarsi a sorridere.»

Chi non c’è mai stato, però, credo faccia fatica a collegare il concetto di sorriso con cani chiusi in gabbia.
«Proprio perché non c’è mai stato. Camminando per i recinti del rifugio non vedi cani tristi, afflitti, chiusi nel proprio dolore. O meglio: sono così quelli appena arrivati, magari feriti nel corpo e soprattutto nell’anima. Ma una volta curati, spesso miracolati dalle cure e dall’amore di Cosetta e dei suoi ragazzi, li vedi il più delle volte allegri e, se possibile in un canile, felici. Felici quando Cosetta e gli altri angeli del rifugio entrano in un box a portare le pappe, o a dare una ripulita. Come dico sempre, qua capita di vedere persone spalare la m… col sorriso sulle labbra, un sorriso che nasce dal cuore e dall’amore per queste creature gettate via come scarpe vecchie. Certo, quello dei Fratelli Minori di Olbia è pur sempre un rifugio, e si sa che tutti i cani e i gatti dovrebbero avere una casa e una famiglia tutta per loro. Ma finché ci saranno persone che si disfano di loro con la stessa disinvoltura con la quale gettano nella pattumiera gli scarti dell’insalata, per fortuna ci sono i rifugi che salvano migliaia di vite. Tornando alla tua domanda precedente, quello che vorrei dire, ora più che mai, è che se anche le nostre vite vanno avanti lo stesso senza di loro, senza sapere che nei canili e nei gattili ci sono tutti quei “cuori grandi così”, se anche noi abbiamo altri problemi più importanti, un briciolo del nostro tempo da dedicare a loro possiamo e dobbiamo trovarlo. Ognuno può scegliere come: andando là ad aiutare materialmente, adottando un cane o un gatto, facendoci un’offerta, comprando questo libro, il cui ricavato è devoluto in parte al rifugio: l’importante è fare. Ognuno può decidere che cosa, in base alle proprie possibilità.»

Dici che il tuo nuovo libro è in corso d’opera. Che cosa intendi?
«Che l’idea è nata a metà settembre e i tempi tecnici per selezionare le foto, scrivere i testi, impaginare, andare in stampa, controllare le bozze sono molto ristretti. Perciò probabilmente sarà disponibile a fine gennaio. Ma, d’accordo con Simona, l’addetta stampa del Fondo Amici di Paco, abbiamo pensato di presentarlo subito sul numero di Natale di Amici di Paco, per chiedere ai nostri sostenitori di prenotarlo e ai destinatari dei loro regali di pazientare per un altro mese. Molte persone per fortuna amano fare regali solidali.

Per loro sarà solo un piccolo sacrificio aspettare, ma ne vale la pena. Tutti i tuoi libri, Diana, sono scritti per sostenere la causa che hai sposato più di 25 anni: aiutare gli animali bisognosi. E tutto il ricavato, compresi i diritti d’autore, va al Fondo Amici di Paco per aiutare i rifugi. In questo caso specifico, mi dicevi che hai deciso di devolvere i tuoi diritti proprio ai Fratelli Minori di Olbia, per sostenerne uno specifico progetto.
«Sì: il “Grande Sogno di Salvo“, la mascotte del rifugio. Un cane dalla storia terribile al quale è stata ridata la vita grazie all’amore e devo dire alla caparbietà di Cosetta. Il “Sogno di Salvo” è un progetto che prevede la ristrutturazione e messa in sicurezza di tutte le aree del rifugio ormai usurate dal tempo. Se consideriamo che ci sono recinti che hanno oltre 20 anni, per tanto che siano ben manutenuti devono essere sostituiti. Poi servono tettoie per riparare dal sole, un impianto fognario efficiente e piani rialzati per i recinti che si allagano quando piove. Una serie di lavori quantificati in circa 200 mila euro. Ecco: i diritti d’autore di Cuori grandi così saranno utilizzati per questo importantissimo progetto. In base a quanto riusciremo a raccogliere con il mio libro concorderò con Cosetta quale parte del progetto finanziare.»

Un ottimo motivo per prenotarne più copie per sé e da regalare. In bocca al lupo, Diana.
«Viva il lupo!»

Paola Cerini – Amici di Paco 78, dicembre 2022

Diana Lanciotti, giornalista ed esperta di comunicazione, è autrice di ventidue libri di grande successo, come la trilogia di Paco e i romanzi d’amore e avventura con i quali ha inaugurato il filone del “romanticismo d’azione”. Fondatrice del Fondo Amici di Paco, associazione nazionale per la tutela degli animali, da 26 anni realizza importanti campagne di sensibilizzazione e aiuta concretamente decine di rifugi in tutta Italia. Tra questi, I Fratelli Minori di Olbia dove ha adottato due cagnolini (uno è Benny, con lei nella foto) e due gatti. Da 21 anni è l’organizzatrice della Campagna Antiparassiti a favore dei rifugi per la prevenzione di gravi malattie. Indiscussa figura di riferimento nel mondo animalista, si distingue per l’approccio equilibrato, secondo il motto “persuadere con dolcezza”. Il ricavato dei suoi libri è devoluto al Fondo Amici di Paco per aiutare gli animali senza famiglia. I diritti d’autore di “Cuori grandi così” saranno destinati ai Fratelli Minori di Olbia per finanziarne la ristrutturazione e la realizzazione di un’oasi felina.

 

 

 

Il libro Cuori grandi così, in tiratura limitata, è in vendita direttamente dall’editore per consentire ricavi maggiori da destinare in beneficenza rispetto alla vendita in libreria: www.amicidipaco.it  (link), tel. 030 9900732, paco@amicidipaco.it

Il ricavato dei libri di Diana Lanciotti (compresi i diritti d’autore) è devoluto al Fondo Amici di Paco per aiutare gli animali senza famiglia.
I diritti d’autore di Cuori grandi così, in particolare, saranno utilizzati dal Fondo Amici di Paco per finanziare “Il grande sogno di Salvo”, la mascotte del rifugio Fratelli Minori di Olbia, che prevede la ristrutturazione del rifugio e la realizzazione di un’oasi felina.

Cuori grandi così
Diana Lanciotti
Paco Editore
228 pagine, con oltre 300 fotografie a colori – 24,90 euro

Per informazioni e acquisti
tel. 030 9900732, fax 030 5109170
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