– OGNI GATTO È UN’ISOLA (aprile 2018)

Ogni gatto è un’isola. Un viaggio appassionante e divertente alla scoperta del più misterioso degli animali domestici

Intervista a Diana Lanciotti, autrice di storie di animali di grande successo, in occasione dell’uscita del suo diciottesimo libro.

Trovare uno scrittore che scriva di cani e anche di gatti non è facile. Di solito, come gli estimatori delle due diverse famiglie animali, tendono a contrapporsi, a non… mescolarsi. In ogni caso, mentre può succedere di trovare persone che amano sia i cani che i gatti, è molto difficile che nella produzione letteraria di uno scrittore si trovino opere dedicate sia ai… bau che ai miao, come li chiama la mia nipotina.
Ma Diana Lanciotti, che non a caso ho definito “autrice unica nel panorama letterario italiano per l’originalità e l’eterogeneità delle sue opere”, spezza il mito dello scrittore solo cinofilo o solo gattofilo. Lei è indistintamente innamorata degli uni e degli altri.
Sapete già, perché non ne ho mai fatto mistero, che sono una fan sfegatata di Diana, e più passa il tempo e più mi trovo in buona e abbondante compagnia, come dimostrano le migliaia di libri venduti nella sua più che ventennale carriera di scrittrice e ben diciassette titoli pubblicati, in prevalenza storie che sono diventate dei veri e propri cult.
Libri appassionati e appassionanti, che hanno prodotto un cambiamento profondo nel modo di intendere il nostro rapporto con gli animali e con la natura che ci circonda.
Nota come scrittrice ma anche come fondatrice del Fondo Amici di Paco, l’associazione che da oltre vent’anni si impegna a favore degli animali, e a cui devolve il ricavato dei suoi libri, Diana continua a sorprenderci affrontando, con eclettismo raro in campo letterario, temi ogni volta diversi: dopo una serie di libri dedicati agli animali, tra cui la famosa trilogia di Paco, si è proposta (con un successo strepitoso) come romanziera, con quattro romanzi d’amore e avventura che l’hanno fatta conoscere anche a chi non segue la letteratura “animalista”; quindi come fotografa (con tre libri fotografici dedicati ai suoi “musi ispiratori”), quindi come giallista con La vendetta dei broccoli, “giallo vegetariano” apprezzatissimo anche dai non veg; con L’esperta dei cani, scritto in collaborazione con Demis Benedetti, e I cani non hanno colpe ha voluto dissipare la nebbia che avvolge il mondo dell’educazione cinofila e aiutare tanti proprietari a migliorare il rapporto con i loro cani.
Sorprendendoci per l’ennesima volta, Diana ha voluto cimentarsi con un libro che riprende i temi de L’esperta dei cani e I cani non hanno colpe ma… in versione gattofila. Anche se, come lei stessa dice, è molto difficile “educare” un gatto. Però si può fare molto per capirlo e, evitando i più grossolani errori, creare una felice convivenza.
Ne parliamo nelle pagine successive con la stessa Diana, per cercare di capire in che cosa possiamo migliorare l’intesa con i nostri amati gatti.

Diana, siamo a quota diciotto. Sono lontani i tempi in cui ti schernivi quando ti chiamavano scrittrice.
«In effetti suonerebbe strano se rifiutassi questa definizione. Piano piano, quasi senza accorgermi, ho finito per fare quello per cui ero evidentemente predestinata e che tutti mi hanno sempre indicato come il mio sbocco naturale.»
A proposito di persone che ti hanno sostenuta, vorrei, e credo non ti dispiaccia, fare un cenno alla tua mamma, che se n’è andata un mese fa. Lei è sempre stata una tua strenua estimatrice. Entusiasta e orgogliosa dei tuoi successi.
«Sì, infatti questo nuovo libro lo dedico a lei. Ed è un grande dispiacere che sia il primo che non può leggere e per il quale… farsi venire gli occhi lucidi.»

Come stanno venendo a te…
«Per forza. Non averla più qua è un grande dolore.»

Hai scritto delle parole bellissime, per ricordarla, sul tuo sito e sulla rivista che dirigi.
«Sì, le ho pubblicate sul mio sito e anche su Amici di Paco, perché voglio far sapere a tutti quelli che da anni mi vogliono bene e mi sostengono che buona parte di ciò che sono e di ciò che faccio, anche per aiutare gli animali, è merito della mamma.»

L’amore per gli animali, perciò, ti deriva da lei.
«Sì, da lei e dal papà, ma anche dai nonni e dagli zii. Ho avuto la grande fortuna di vivere in una famiglia in cui tutti amavano gli animali e, facendomi crescere in mezzo a cani e gatti, mi hanno insegnato ad amarli a mia volta, a non averne mai paura e a rispettarli. Ad amare e rispettare tutto il Creato, con quello che di buono e meno buono contiene: persino l’essere umano!»

Ti ritieni privilegiata?
«Sì, faccio quello che amo e amo quello che faccio, sia dal punto di vista professionale che delle passioni: gli animali, la scrittura, la fotografia, il giardinaggio, la natura in genere. Ho l’immensa fortuna di poter mettere insieme passioni e competenze professionali per metterle al servizio di una causa.»
Fortuna, sì, ma anche capacità… Ma veniamo al libro. Anche stavolta hai scelto un titolo originale e intrigante.
«Ogni gatto è un’isola fa il verso al famoso libro di Thomas Merton Nessun uomo è un’isola, che a sua volta si ispira a un passo di John Donne, secondo il quale ogni essere umano non è solo, ma esiste e ha senso in quanto parte di tutta l’umanità.»

Verrebbe da chiedere… e che c’azzecca coi gatti? Anche se io, avendo letto il libro in anteprima, so che c’azzecca…
«In effetti ha un senso, ma in senso contrario. I gatti, al contrario di noi umani e dei cani, non sono esseri così sociali e socievoli e possono cavarsela molto bene da soli. Il senso di cooperazione è molto meno sviluppato, in loro. Alcuni sono dei veri e propri solitari, e accettano la compagnia dei propri simili solo se vi sono abituati sin da piccoli, oppure se hanno sufficienti risorse (cibo, acqua, rifugio) da condividere. Sennò se ne stanno da soli. E poi… sono anche molto più contemplativi rispetto a un cane. Raramente si vede un cane in posa ieratica a contemplare il mondo dall’alto della propria… superiorità. Il gatto lo fa, regolarmente. E quasi sempre in perfetto e sublime isolamento.»

Isole, però, anche in quanto diversi, diversissimi, tra di loro.
«Vedo che hai letto con attenzione (ride, n.d.r.) Scherzi a parte, in effetti la felinità, più che un denominatore comune, è un fattore altamente differenziante. Al contrario della caninità, che alla fine accomuna tutti i cani, rendendone più facilmente interpretabili i comportamenti e prevedibili le reazioni.»

Ma un gatto si può educare?
«Direi che è una missione quasi impossibile. Almeno se intendiamo per educazione quell’insieme di regole comportamentali che impartiamo ai cani, o ai figli. Per tanto che ci illudiamo di averlo addomesticato, il gatto mal si presta a quella che noi intendiamo (caninamente e umanamente ragionando) per obbedienza. Il fatto è che mentre quando si parla di problematiche canine si tende a essere seri (e preoccupati… a volte addirittura disperati), quando a crearci dei problemi sono i gatti, be’… si tende a essere più indulgenti, se non addirittura rassegnati. O a sorriderci su. Siamo sempre più condiscendenti, nei loro riguardi. In certi casi conniventi, in altri complici, in altri rassegnati. Spesso, vere e proprie vittime.»

Mi ha colpito questa tua frase: «Si sa quanto i gatti siano abitudinari, metodici, attaccati alle cose che possiedono. Che non significa, come molti fraintendono, che si attacchino più alla casa che ai propri familiari umani: semplicemente, tra le “cose che possiedono”, ci mettono anche i propri umani». Vuoi sfatare il mito che il gatto si attacchi alle cose e non alle persone?
«Sì, infatti. Forse perché per loro siamo a nostra volta “cose” da possedere… Tornando seri, dobbiamo ricordare che, come del resto i cani, i gatti contano molto sulla disponibilità delle risorse che garantiscano la loro sopravvivenza. Tra queste ci siamo noi, che a nostra volta garantiamo altre risorse, come cibo, acqua eccetera. D’altro canto è vero che il gatto è molto più abile di un cane a procacciarsi da solo queste risorse, diventando un po’ meno umanodipendente rispetto al suo collega cane. Motivo per cui a volte vuol farci credere di poter fare addirittura senza di noi… ma poi subentrano, alla faccia di chi dice che gli animali sono mossi solo da pulsioni e opportunismi, dinamiche come l’affetto, l’affinità, la tenerezza. Ci sono gatti che lontani dai loro umani soffrono né più né meno dei cani.»

Hai qualche episodio da raccontarci?
«Ti faccio un esempio fresco fresco. Pochi giorni fa la nostra Mara (l’art director che da una ventina d’anni collabora con la Errico & Lanciotti, l’agenzia di marketing e comunicazione di cui Diana e il marito sono titolari e che cura gratuitamente tutta la comunicazione del Fondo Amici di Paco, n.d.r.), alla quale vogliamo bene come a una figlia, ha avuto un breve ricovero in ospedale. Per tutto il tempo Kitty, la sua Certosina che è legatissima a lei (e viceversa), ha girato per casa miagolando disperata. Eppure la casa era sempre la stessa, il marito e i figli di Mara idem, e la ciotola sempre piena. Potremmo dire che non le mancava nulla, ma sbaglieremmo: a lei mancava la sua amata “mamma”. Quando Mara è tornata, Kitty le ha fatto un’infinità di feste, poi si è piazzata a letto con lei, e per ore e ore l’ha letteralmente abbracciata, circondandole il collo con le zampine. Lo stesso aveva fatto anni fa la mia Maggie quando, per colpa di uno sciagurato intervento alle tonsille (per cui Diana ha rischiato la vita due volte, n.d,r.), passai giorni e giorni a letto e Maggie restò sempre al mio fianco a prendersi cura di me, meritandosi il… diploma di infermierina… No, mi dispiace, ma chi dice che i gatti non si affezionano agli esseri umani si sbaglia di grosso.»

Il gatto è un inguaribile disobbediente?
«Il gatto non obbedisce: aderisce benevolmente alle nostre aspettative, si degna di compiacerci, ci concede i suoi favori. Ma per una volta che ci va bene, quante altre volte non va come vorremmo? Ma, così come i cani non hanno colpe quando sbagliano, ancora meno l’hanno i gatti: è la natura che li… dipinge così. E come ogni bel quadro ben riuscito, ogni pennellata di troppo potrebbe rovinarlo.»

Bell’immagine, quella del quadro. Mi fai venire in mente che difficilmente il gatto viene dipinto senza quell’aria di mistero e signorilità che lo contraddistingue. Ma torniamo al dunque: educarli, quindi, è una causa persa.
«Più che altro è inutile. Ciò che possiamo fare è cercare di capirli. Innanzitutto per l’amore che ci lega a loro, e che si meritano, e poi anche per poter prevenire o eradicare comportamenti che, andando in aperto contrasto con le nostre aspettative, rischiano di rovinare la convivenza. Se pensiamo di affrontare un gatto come si affronta un cane, e di ricevere da lui ciò che solitamente ci aspettiamo da un cane, be’… rischiamo davvero delle pesanti delusioni. Non per niente gli estimatori di cani e di gatti si dividono molto spesso in due partiti: chi ama gli uni odia (o comunque non ama) gli altri. Non sempre è così, per fortuna, e ci sono tanti casi di felici convivenze con cani e con gatti. È il mio caso e quello di tantissime altre persone.»

Attualmente vivi con…
«Due cani e tre gatti. E un marito…»

E la convivenza com’è?
«Con il marito? Non male, grazie (ride, n.d.r.) Scusa, so cosa intendevi: cani e gatti sono amici per la pelle e per il pelo.»

Cani e gatti possono andare d’accordo?
«Eccome! In casa mia cani e gatti sono sempre convissuti in perfetta armonia, e però mai mi sognerei di pretendere da un gatto ciò che pretendo da un cane. Il giusto, anzi, sarebbe proprio non pretendere nulla, da un gatto. E goderne solo i favori, le fusa e gli strusciamenti; quando, ovviamente, sua maestà te li concede. A volte, contrariamente a quanto si crede, è più facile far andare d’accordo cani e gatti che gatti e gatti. Con i cani non c’è competizione, perciò può esserci amicizia. Purché il cane accetti il ruolo che gli spetta nella scala gerarchica stabilita dal gatto: almeno due, se non tre, gradini più in basso…»

Gatto contro cane: nelle tue preferenze, chi vince?
«Entrambi a pari merito, ma per meriti diversi. Diciamo che nell’arco della stessa giornata ci sono momenti in cui mi sento più vicina alla natura del gatto, altre volte a quella del cane. La compagnia del cane è adatta a certi momenti, a certi stati d’animo, quella del gatto ad altri. Ma l’amore che provo per loro è talmente forte che non mi sento di fare delle preferenze.»

Gatto contro cane: chi è più intelligente?
«Sono due intelligenze completamente diverse, non paragonabili. Intelligenze che vanno applicate alla risoluzione di problemi diversi. Certo, se chiediamo a un gatto di salvare una persona sepolta dalle macerie non sarà in grado di farlo. Ma non significa che sia meno intelligente di un cane da salvataggio. D’altro canto, se chiediamo a un cane di arrampicarsi su un albero o saltare giù dal tetto lui non ne sarà capace. Anche in questo caso non è questione di intelligenza. Si tratta di attitudini, fisiche e mentali. Per certi versi il gatto sembrerebbe più dotato dalla natura ad affrontare la vita e le sue difficoltà, ancora sin da piccolo. Il cane è meno autonomo, ha bisogno della madre più a lungo e, dopo, di noi umani. Un cucciolo di cane di un mese ha ancora bisogno della mamma, da solo non può cavarsela. Un micio di un mese è già capace di arrangiarsi e affrontare il mondo, prendendo delle decisioni di vitale importanza. Ti faccio l’esempio della mia Cipì, gattina nera che poco più di un anno fa si è presentata a casa mia per… fare un sopralluogo, né più né meno come tredici anni fa aveva fatto la Maggie (la protagonista de La gatta che venne dal bosco, n.d,r.), altrettanto determinata a insediarsi nella nostra famiglia. Aveva sì e no un mese, eppure ha attraversato un territorio impervio, scalando rocce e penetrando nel folto dei cespugli, ed è arrivata fino a me illesa e baldanzosa, per nulla impaurita. Un cagnolino della sua età non ce l’avrebbe mai fatta a compiere un’impresa tanto complicata. I cani hanno bisogno di avere una guida, i gatti possono farne a meno. Ma, ripeto, non è questione di essere più o meno intelligenti. Semplicemente, di aver ricevuto una diversa dotazione dalla natura.»

C’è un tipo o una razza di gatto che preferisci?
«Una volta avevo una predilezione per i gatti a pelo lungo, e infatti ho vissuto con diversi Persiani per anni. Ma, grazie alla Maggie, ho scoperto che i gatti a pelo corto hanno delle caratteristiche forse più… feline. E ultimamente ho riscoperto la magia e il magnetismo dei gatti neri, che già avevo scoperto, ma poi dimenticato, con il mio gatto Teo, tanti anni fa.»

Perché i gatti neri?
«Forse è vero che hanno una marcia in più. Mio marito è convinto che dipenda dal fatto che nei secoli hanno dovuto difendersi dai pregiudizi, dalle superstizioni, fuggendo da chi li considerava creature demoniache. E loro si sono fatti più forti, più furbi, più “gatti”. Tutt’altro che demoniaci, sono in ogni caso gatti speciali… forse magici!»

Circola la voce che un nuovo film americano, Black Panther, abbia causato un aumento delle adozioni di gatti neri. Il mio timore è che diventi una moda come per la Carica dei 101 e altri film. Pensi che possa esserci il rischio?
«Potrebbe essere una bufala diffusa per pubblicizzare il film, che non ha nulla a che fare con i gatti ma è uno dei soliti fantasy con supereroi dalle sembianze sovrumane. Voglio sperare che non sia vero: dopo i cani di razza comprati per moda sull’onda del successo di un film, e poi finiti in canile, il gatto non merita lo stesso trattamento. Difficile, comunque, che un gatto si presti a… diventar moda. Più facile che sia lui a dettarla!»

Perché, anche dopo tanti millenni, il gatto continua a esercitare questo fascino magnetico su di noi?
«Hai usato la parola giusta: magnetico. Emana infatti un magnetismo che solo i felini, grandi e piccoli, possiedono. Anche qualche essere umano ne è dotato, e infatti gli si riconosce un “fascino felino”. Credo che l’incessante successo del gatto, soprattutto oggi, in un’epoca in cui impera un’omologazione spinta, stia proprio nel suo essere “isola” in mezzo a un mare di… onde piatte una uguale all’altra. A causa di una cultura omologata, a cui contribuisce in buona parte il mondo dei “social”, non troviamo più intorno e dentro di noi quegli elementi differenzianti che ci rendono unici. Siamo, inconsapevolmente o no, sempre più “massa” indistinta, che conta perché consuma e fa guadagnare i grandi poteri che governano il mondo: le banche, le case farmaceutiche, le case automobilistiche, le società petrolifere e la grande finanza. Poteri che attraverso il Grande Fratello internettiano regolano le nostre vite. Ecco: l’unicità, la personalità e la non omologazione del gatto, in questo appiattimento generale, esercitano su di noi una grande attrazione. L’errore che non dobbiamo fare è di cercare di “possederlo” e piegarlo alle nostre regole. Dobbiamo invece capirlo e rispettarne la felinità, cioè la sua natura più essenziale.»

Da tempo insisti molto sull’importanza di creare con cani e gatti un buon rapporto. È una missione, per te.
«Sì, infatti. Abbiamo appurato che una delle cause principali dell’abbandono è l’incapacità di gestire il proprio cane e il proprio gatto. Manca una vera cultura cinofila, ma anche gattofila, che ci permetta di capire veramente i nostri quattrozampe. Ed è proprio l’incomprensione a determinare comportamenti negativi, fino al rifiuto, se non all’abbandono. Sia dei cani che dei gatti.»

Dobbiamo capirli e anche farci capire.
«Per quanto riguarda i cani è essenziale, oltre che capirli, farci capire. Non inondarli, cioè, di informazioni contraddittorie, non ubriacarli di parole, essere coerenti, convinti, convincenti e sintetici. Se vogliamo che ci capiscano (e obbediscano, ma non necessariamente per diventare dei soldatini pronti a eseguire gli ordini), dobbiamo metterli in grado di capirci. Per i gatti è diverso: siamo noi che fatichiamo a capire loro. Ma loro sanno capire molto bene noi, grazie a quel filo sottile che ci lega e al loro eccezionale intuito. Se non ci “obbediscono” come noi vorremmo, perciò, non è perché non ci capiscono. Ci capiscono, eccome, però non sono geneticamente programmati per obbedire. È come se gli mancasse… il cromosoma dell’obbedienza. Ma forse sta proprio qui il loro fascino: di essere una copia in formato ridotto di una tigre, capace di conservare quel lato di “selvaticità” che ci mantiene più connessi alla natura che ci circonda e ci accoglie.»

Bella, questa immagine della natura che, oltre a circondarci, ci accoglie.
«Sì, è la nostra grande casa, che dobbiamo tenere pulita, in ordine, rispettare e onorare.»

Diana, tu hai scritto: “Quando si parla di gatti vige il detto vietato vietare. Forse perché il gatto che abbia deciso di fare qualcosa lo fa, indipendentemente dal fatto che noi vogliamo o no.” È sempre così?
«Nella maggior parte dei casi. Tu che hai un gatto (e anche un bel bricconcello!), fai una prova. Mentre Milky è nei paraggi, apri un cassetto, della scrivania o di un armadio, dove lui possibilmente non ha mai avuto modo di ficcanasare. Vedrai che in un attimo si precipiterà per curiosare e possibilmente intrufolarcisi in cerca di qualche tesoro. Ma tu non vuoi… Prova a dirgli NO. Milky lo ignorerà, anche se userai un tono secco come useresti con un cane. Tutt’al più ti guarderà tra l’oltraggiato e lo stupito. Per lui NO non vuol dire NO come per noi, e per un cane. Per lui il nostro “no” vuol dire… “no in questo momento”, ma tra un secondo sarà un “forse”, e tra due… “fai quel che vuoi”. Infatti, dopo un massimo di due secondi, lui proverà di nuovo a zompare nel cassetto. Ma tu non hai cambiato idea: non vuoi che lui entri. E allora gli ripeterai “NO” e in più lo scosterai gentilmente ma fermamente con la mano. Ma senza chiudere il cassetto. A questo punto, lungi dall’averlo dissuaso, l’avrai incuriosito e gli avrai insinuato il dubbio, anzi la certezza, che in quel cassetto ci sia qualcosa di prezioso e imperdibile. Tempo altri due secondi, e sarà tornato per sferrare l’assalto alla fortezza. Ma tu non hai cambiato idea, e gli dirai di no, lo prenderai gentilmente in braccio e lo metterai fuori dalla stanza, ma senza chiudere la porta. A questo punto hai ingaggiato un braccio di ferro con il tuo gatto, uno dei più lunghi ed estenuanti che si possano affrontare. E indovina un po’ chi vincerà? Se non chiuderai la porta e il cassetto, lui non si darà per vinto. E comunque sta’ certa che, anche se per quel giorno non riuscirà, lui ci riproverà alla prima occasione: ormai lui sa che là dentro, in quel cassetto, c’è qualcosa a cui non può assolutamente rinunciare!»

Hai centrato in pieno il problema!
«Ricordiamoci sempre, però, che il gatto non vuol farci dispetto, ma è in un certo senso prigioniero di un processo mentale, che potremmo definire “libertà di pensiero”, che non gli fa capire, nonostante la reiterazione del nostro divieto, che quella determinata cosa non si fa.»

Una curiosità: come mai nella copertina di questo libro sui gatti non c’è una tua foto con gatto, ma solo con cane?
«Hai mai provato a fotografare insieme due soggetti (io e un gatto) assolutamente refrattari a mettersi in posa?»

Già… Diana, quando un gatto ci lascia è giusto sostituirlo?
«È difficile dare consigli, perché ognuno vive i sentimenti (per i propri simili e anche per gli animali) in modo soggettivo, e quel che vale per me non sempre vale per gli altri. Però, per esperienza personale e grazie alle tante testimonianze che ho raccolto in tutti questi anni, so che questo grande dolore si può trasformare. Si può trasformare in amore, un amore nuovo, diverso, ma pur sempre amore. Nessun gatto, e nessun cane, come sa chi ne ha amato uno e l’ha perso, può essere sostituito. Però lo spazio che ha lasciato nel nostro cuore e nella nostra casa può essere riempito di nuovo. Non ci vedo un tradimento, ma un onorare la memoria di chi ci ha voluto tanto bene, e che continueremo ad amare. Se ogni volta che mi è mancato un animale avessi detto “No, basta”, ora non potrei guardarmi indietro e ripensare alla mia vita sempre felicemente piena di presenze a quattro zampe. Qualcuno ha paura di soffrire ancora, alcuni addirittura si stupiscono o si vergognano per le lacrime versate per un gatto o un cane. Ma io credo che i nostri animali si meritino tutte le nostre lacrime, quando se ne vanno, e anche tanti sorrisi per le gioie che ci hanno procurato.»

So che consideri molto importante accompagnarli con la nostra presenza anche in “quel momento”.
«Certo: se li amiamo tanto (come meritano) è giusto condividere con loro tutto, della nostra e della loro vita. Gioie, quindi, ma anche dolori. Tra le pagine più belle che ho stampate nel cuore ho tanti momenti felici con i miei cani e gatti, ma anche gli ultimi momenti passati con loro. Stare con loro fino alla fine è giusto e doveroso nei confronti di creature che ci vogliono tanto bene e fanno di noi il centro del loro universo.»

Che cosa significa la frase che hai messo in apertura al libro: “L’aspetto spirituale del valore è evidenziato dalla compostezza, una serena presenza mentale. La tranquillità è il coraggio a riposo”?
«Oh, è una frase scritta nel libro Bushido (La via del guerriero) di Inazo Nitobe: si riferisce a una delle virtù dei Samurai, la tranquillità come “coraggio a riposo”. Leggendola mi è venuto subito in mente il gatto. Il gatto, con la sua imperturbabilità, la sua compostezza, la sua tranquillità e, diciamolo, la sua classe. Difficile vedere un gatto che si scompone o si affanna. Lui resta sempre padrone di sé stesso e della situazione. Se davvero la tranquillità è una faccia del coraggio, allora il gatto è un animale molto coraggioso. Oltre che il più elegante.»

Che cosa possiamo imparare dai gatti?
«A vivere! A vivere meglio: a prendere la vita con più leggerezza, a dedicarci un po’ di più a noi stessi, a regalarci tempi e spazi che la classica “corsa del topo”, in cui siamo costretti da ritmi di vita sempre più frenetici, ci sottrae; a fermarci per osservare il mondo, a calmarci per ammirare ciò che ci circonda e sentirci in sintonia col Creato, invece di violentarlo o sentircene respinti; a guardare e vedere, non solo guardare; a divertirci e trovare il lato divertente delle cose. A goderci il momento presente, facendo tacere il rimbombo del passato e il canto delle sirene del futuro. A non voler “possedere” un altro essere vivente, ma rispettarne l’individualità. A vivere con classe ed eleganza, non tanto esteriori, quanto interiori. Ad affrontare la vita con tranquillità, e perciò… coraggio.»

Chiacchierata interessante e appassionante come sempre, Diana. Peccato che per questioni di spazio non possiamo pubblicare anche tutte le altre opinioni che ci scambiamo sui nostri animali durante questi incontri. Un’ultima domanda sui gatti. Qual è il problema principale che può rendere difficile se non impossibile la convivenza con loro?
«Sai che cosa penso? Che il vero problema dei gatti siamo noi umani che… invidiando la loro libertà mentale, vorremmo farne degli animali arrendevoli e obbedienti. Ma non sarebbero più gatti!»

Diana, facciamo un appello ai tuoi lettori e sostenitori?
«Pensaci tu: sei sempre più brava di me!»

Ok: comprate e regalate questo libro delizioso. Volete due motivi? È bellissimo e aiuta il Fondo Amici di Paco. Se ne comprate dieci copie a testa e le regalate, darete un grande segnale di incoraggiamento a Diana, che si merita tutto il vostro appoggio per questi 20 anni di impegno incessante a favore degli animali.

Paola Cerini
(intervista tratta dal libro Ogni gatto è un’isola e pubblicata parzialmente su Amici di Paco n° 68, aprile 2018)