I nostri migliori amici

Lettera da una cacciatrice

Gentilissima Signora Diana Lanciotti , sono una sua ammiratrice nonché lettrice dei suoi meravigliosi romanzi.
Ho appena ordinato il suo nuovo libro e non vedo l’ora che arrivi.
Adoro gli animali (tutti) , conosco molto bene Cosetta Prontu e per quello che posso do un piccolo contributo per i suoi meravigliosi e sfortunati cani . Vivo con quattro cani in casa : una meticcia di 18 anni (trovatella), una beagle ( per scongiurare pericolo vivisezione) , e due stupendi epagneul breton , cioè due cani da caccia.
Ho letto il suo articolo sul setter rubato e sulle ovvie considerazioni riguardo ai cacciatori .
Signora Diana , ahimè , io sono una cacciatrice e non me ne vergogno e Le spiego il perché.
Anche io ero un’anticaccia (soprattutto quando ero più giovane) presa anche nell’onda emotiva di manifestazioni animaliste , proteste e informazioni sui mass media non sempre obiettive .
Ma la realtà è un’altra . Quando ho incominciato ad accompagnare mio marito mentre andava a caccia con il suo cane ( io lo seguivo perché avevo paura che si facesse male il cane! ) mi sono resa conto dell’alone di magia ancestrale che c’è in ogni cane , soprattutto in quelli da caccia .
Quello che fanno questi cani ( addestrati o meno) è un patrimonio che hanno nel DNA da secoli da quando erano lupi e lottavano per la sopravvivenza e quando prendevano la preda la portavano al capobranco . E non solo i cani da caccia , ma anche quelli da soccorso dall’acqua o quando trovano persone scomparse . E’ un ritorno atavico , cercano la preda . A differenza , a mio parere , di quei cani che si prodigano con entusiasmo nell’agility ( ma loro si divertono veramente? ) o in spettacoli da circo , attività totalmente estranee alla loro natura . Quando un cane la mattina ti vede mentre prepari l’attrezzatura venatoria , e ti subissa di feste perché è contento di andare a cercare ; quando segue un filo di vento a noi sconosciuto e si paralizza (cioè va in ferma) di fronte ad un’emanazione a lui nota da tempi antichi e ti guarda e ti indica…. e là stai attento ! E quando con occhi adoranti ti riporta con soddisfazione quello che hai abbattuto e gli basta solo una carezza per chiederti una conferma della sua bravura. ..ecco quando accade tutto ciò ti senti tutt’uno con il tuo compagno a 4 zampe e chi ama il suo cane va in estasi ! Lei mi dirà Signora Diana: e quei poveri animali abbattuti ? Le stragi signora non le facciamo noi cacciatori. Abbiamo dei territori ristretti , la caccia è limitata a pochi mesi . Ci sono le zone di ripopolamento dove noi cacciatori ne curiamo il rispetto da bracconieri e male intenzionati e dove la selvaggina si riproduce e cresce indisturbata . Se torniamo indietro nel tempo ho letto di vere e proprie stragi a incominciare dagli antichi romani con gli animali usati per gli spettacoli dei gladiatori e andando avanti si legge ancora di cacce fatte senza alcuna regola e discriminazione .
Ora non è così . Sapesse quanti animali ho imparato a conoscere e a distinguere da quando ho preso la licenza di caccia e quanti angoli di natura ho visto che non avrei mai immaginato esistessero . Ripeto la strage non la fanno i cacciatori , ma le coltivazioni intensive , i pesticidi , le costruzioni senza criterio che tolgono l’habitat naturale .
E adesso mi ricollego al povero Mardok . Il povero MArdok era un cane da prova , cioè un professionista che fa le gare . Significa che quasi mai gli viene abbattuto alcun selvatico (ecco perché inseguire e non ammazzare) . Questi cani devono cercare in un certo modo , essere nella nota del concorso , fermare il selvatico e rispettarlo senza rincorrerlo . Queste sono le prove zootecniche dell’ ENCI che proclamano i cani campioni ( ne faccio anche io a livello amatoriale) che saranno poi usati in riproduzione per la conservazione della razza tipica .
Mi dispiace deludere la Sua speranza di saperlo libero e felice .
Quel cane è stato rubato sicuramente per la riproduzione e non potrà più circolare in vita sua ( se vita ha ancora) . Sicuramente ne avranno congelato il seme e fatto sparire il donatore .
E neanche all’estero è finito perchè sicuramente durante le prove cinofile lo si riconoscerebbe .
Era meglio per lui stare nel suo piccolo box , ma avere la certezza di un “padrone” che sicuramente lo avrebbe ancora portato a cogliere le sottili emanazioni di selvaggina a fil di vento , che è ciò per cui è stato creato . Per noi cinofili che conosciamo il valore zootecnico di questi cani , lui era un fuoriclasse , ha vinto tutto senza troppi sforzi , era naturale per lui vincere .
E il suo padrone è tuttora disperato e ha messo in palio una cifra superiore al valore del cane stesso. Magari in televisione non ha palesato troppo la sua emozione , visto anche quello che gli hanno risposto i Carabinieri quando li ha chiamati per denunciare il rapimento del cane : “ E lei ci chiama per un cane ………..?
Certo , le persone che hanno compiuto questo ignobile gesto sono dei delinquenti che non vanno a caccia ma che usano il cane per ottenere dei guadagni con la sua progenie .

Mi creda signora Diana , ho visto “padroni cacciatori” piangere la morte del proprio cane (mio marito è uno di quelli) , spendere patrimoni per curarli o rimettergli a posto gambe rotte , ho visto cani con le protesi all’anca andare a caccia perché “così è felice finchè vive” ha detto qualche padrone .
Stendo un velo pietoso sulla Brambilla , che non sa quello che dice e che usa gli animali solo per propri fini elettorali e politici . Ormai è risaputo . Lei e il suo taglio delle code : il cane si rovina la coda a caccia ? Non bisogna tagliargliela ., non deve andare a caccia . Se poi il cane va in depressione perché non va più a caccia o in giro per i boschi alla Brambilla questo non interessa: l’importante è non andare a caccia ! E lei si è messa la coscienza (politica!) a posto .

Sa a me chi fanno pena Signora Diana , i cani con i collari di brillantini (e lo sguardo triste ) , i cani con il divano- cuccia da 800 € ( e non escono mai di casa) ,o sotto braccio a veline e starlette dentro borse di pelliccia (puah!)
Io preferisco i miei cani tutti infangati dopo una mattinata trascorsa con la loro padrona in mezzo ai boschi ma felici , per poi tornare a casa ( perché i miei cani da caccia vivono in casa) a farsi asciugare e pulire e mangiare una super ciotola di riso e carne cucinata apposta per loro .

Sono tanti i padroni a trattare i cani da caccia così , ma si sa, fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce . E coloro che trattano male gli animali (tutti) hanno tutto il mio disprezzo e la mia condanna e se ci sono cacciatori che trattano male il loro compagno di caccia , condanno pure loro; le mele marce ci sono in tutto il mondo e in tutti gli ambienti ma è anche vero che per un peccatore non si può fare affondare tutta la nave.
Mi permetto di mandarle qualche immagine dei miei compagni di avventure: non mi pare se la passano male vero ?
Con stima e ammirazione per Lei e la Sua famiglia (inclusi i pelosi)

Patrizia

Gentilissima Patrizia,
quando si riceve una lettera così cortese e piena di complimenti, come si fa a contraddire chi l’ha scritta senza rischiare di urtarlo e… alienarsi le sue simpatie?
Eppure, mi dispiace, ma dopo aver letto la sua lettera più volte devo dirle che mi trovo in completo disaccordo con lei. Inutile che ci giri intorno e cerchi di infiorare le mie parole: non condivido ciò che lei dice. Tantomeno quello che fa.
La sua lettera, oltretutto, arriva dopo un’accesa discussone che ho avuto, come ogni anno, più volte l’anno, con i soliti cacciatori che imperversano dalle nostre parti. Da quando ci siamo trasferiti da Desenzano, 6 anni fa, in una zona verde confinante con un bosco dove vivono vari tipi di uccelli, tra cui cuculi, upupe, tortore selvatiche, rigogoli (che per fortuna quando arriva la stagione della caccia se la sono già data a gambe) e poi lepri e scoiattoli e qualche fagiano allevato e ridotto a poco più di un pollo, e liberato dai cacciatori per avere l’illusione di “cacciare il selvatico”… da allora, dicevo, abbiamo avuto tantissimi problemi.
Sono iniziati subito, con l’apertura della caccia. I signori cacciatori non hanno gradito che nel posto dove loro erano abituati a “praticare il loro sport” preferito fossero sorte delle case e ci hanno subito presi di mira con dispetti, disturbi, angherie. Ogni volta che gli chiedevamo e chiediamo di allontanarsi dal nostro confine e di osservare le distanze di legge ci offendono, ci minacciano, si appostano tra gli alberi dando vita a vere e proprie sparatorie da Far West. Spesso i pallini ci arrivano contro le finestre o sul tetto. Due anni fa un vecchio fanatico fucilemunito è arrivato a minacciarmi, dopo che gli avevo chiesto di smettere di sparare sotto le nostre finestre: “Attenta. Veniamo qua e ti bruciamo la casa quando ci sei dentro.” Ho fatto denuncia ai carabinieri, ma non avendolo potuto identificare il tutto è finito in nulla. Ma non sono finite le angherie di questa gente. Le guardie forestali ci hanno consigliato di non discutere con quelle persone, perché sarebbero capaci di ritorsioni.
L’ultimo fattaccio è di due giorni fa. Per tutta la mattina due cacciatori con due cani sono rimasti appostati a poca distanza da casa (distanza non regolamentare) e tutti i cani del vicinato (i miei compresi) hanno messo su una cagnara che non le dico. Era impossibile lavorare e riuscire a parlare al telefono. Gli ho chiesto di allontanarsi e, in un incomprensibile dialetto bresciano, hanno incominciato a inveire. Come sempre loro “hanno diritto” di andare a caccia e siamo noi gli intrusi, che pretendono di non essere svegliati dagli spari alle 6,30 del mattino o dall’abbaiare dei cani (i loro e i nostri che proteggono legittimamente la propria proprietà) e di poter stare in giardino senza dover saltare per lo spavento perché qualcuno si mette a sparare a dieci metri da te.
Faccio un po’ fatica a essere benevola verso i cacciatori, non fosse altro che per questi comportamenti scorretti e arroganti. Ma è ben altro che non mi fa accettare la caccia: è la presunzione di compiere un omicidio facendolo passare per una cosa buona e giusta.

Ma veniamo alla sua gentile lettera. Lei afferma di adorare gli animali (tutti). Mi scusi, ma non vedo il nesso tra amare e sparare. Gli animali che uccide con il suo fucile, li adora anche quelli?
Certo, lei ha l’accortezza di non chiamarli animali, ma “quello che hai abbattuto”. Ma crede forse che non ammettere la loro identità di animali, e definirli invece come fossero oggetti, serva a far loro meno male? O serve piuttosto ad alleggerirsi la coscienza?

Conosco molto bene i cani da caccia: Paco lo era e lo è pure Tommi, un segugino sardo con… la caccia al cinghiale nel sangue. Bene, noi viviamo parte dell’anno in Sardegna, in una zona che è riserva di caccia. Conviviamo con i cinghiali che amiamo e rispettiamo perché erano lì molto prima di noi. Siamo noi gli intrusi. Fuori da lì li cacciano, purtroppo, ma lì da noi sono protetti. Tommi sente il loro odore, li vede, si agita un po’, come quando vede un gatto, ma non si sognerebbe mai di andarli a cacciare, perché nessuno gliel’ha mai insegnato, mai nessuno ha esasperato il suo istinto. E così lui si rifà fingendo, ripeto fingendo, di cacciare le lucertole. Fa loro la posta per ore, ma poi quando potrebbe prenderle non ne prende mai neanche una. Eppure non è né frustrato né triste per non poter cacciare. Tommi è un folletto felice. Quando lo portiamo a spasso o a correre in spiaggia, lui è la gioia fatta cane, ma lo è anche quando è in casa sdraiato sul divano, o quando esce a correre in giardino, o quando fa il matto con Joy, o quando… sempre. Tommi è un cane felice.
Tommi e Joy, come molti cani, quando vedono un gatto estraneo vorrebbero rincorrerlo. Dovrei forse lasciarglielo prendere per farli felici? Invece gli insegno a non rincorrere i gatti.

In Sardegna incontriamo spesso cacciatori che guardano Tommi con ammirazione e dicono: “Questo qua a caccia renderebbe molto.” Qualcuno ci ha chiesto persino di venderglielo… Povero Tommino, non voglio nemmeno pensare a che cosa vorrebbe dire, per lui, finire tra le mani di un cacciatore. Non per niente proprio Cosetta (Tommi viene dal suo rifugio) mi diceva che i cani da caccia li affidano sempre con triple attenzioni, per essere sicuri che non finiscano in mano di qualche cacciatore.
Visto che la conosce, provi a chiederle il motivo.
Li vedo, signora Patrizia, nel bresciano e in Sardegna, come sono tenuti i cani da caccia: in gabbie anguste, senza uscire per tutta la settimana, così poi si scatenano il sabato e la domenica… Che tristezza.
Il fatto che i suoi dormano sui divani non assolve il resto della categoria. Lei senz’altro li tratta bene, ma quanti invece li trattano proprio da… cani?

Posso immaginare che i vostri cani siano felici quando vi vedono armarvi per partire a sparare a qualche uccellino o a qualche altro animale. Ma anche i nostri si agitano e fanno i pazzi quando vedono che ci prepariamo per uscire con loro, seppur disarmati. A Paco, tanto era contento e si agitava, non riuscivamo a mettere il guinzaglio. Ci voleva qualche minuto perché si calmasse. Non crede che ai suoi cani basterebbe fare una bella passeggiata (magari nei boschi) con lei per essere felici? No? Io sono convinta di sì.
I cani amano la caccia? Basterebbe non addestrarli e sarebbero felici lo stesso.
Lo stesso vale per tanti cani nati per il combattimento, per primi i Bulldog, diventati col tempo animali da compagnia. Per farli felici dovremmo forse farli combattere ancora?

Mi chiedo ancora: per imparare a conoscere gli animali e distinguerli, c’è forse bisogno di armarsi di fucile, quando basterebbe un bel binocolo e magari una macchina fotografica con un teleobiettivo? Certo, l’adrenalina, il senso di onnipotenza che si provano ad avere un fucile tra le mani e, premendo un grilletto, spegnere una vita, non si possono provare semplicemente guardando attraverso un binocolo o premendo il pulsante di una macchina fotografica…

Lei parla di “vere e proprie stragi a incominciare dagli antichi romani con gli animali usati per gli spettacoli dei gladiatori”. Ma sta parlando dei tempi che furono, e credo e voglio sperare che l’uomo da allora abbia fatto qualche progresso e abbia il dovere di avere un atteggiamento etico e rispettoso verso tutto il creato.
Perché, poi, condannare le “stragi” di animali e non, invece, anche l’uccisione di uno solo di loro? Dove sta la differenza? Forse che chi ammazza un uomo è meno condannabile di chi ne ammazza una decina? Vogliamo farne solo una questione di numeri? E non, invece, di diritto alla vita che vale sia per i singoli che per le collettività?

Dalla sua lettera parrebbe quasi che la caccia diventi il modo (l’unico modo) per far divertire i cani. A parte il fatto che non è così, vogliamo far divertire i nostri cani a scapito della vita di altri esseri viventi? Allora, perché per far divertire qualche spietato assassino non gli diamo la possibilità di ammazzare qualche umano? Non è tanto diverso, sa?

Lei ha letto i miei romanzi. Forse non ha letto “Mamma storna”, dove parlo della mia esperienza con un piccolo storno caduto dal nido. Grazie a lui ho scoperto (anzi dovrei dire che ne ho avuto la conferma) l’intelligenza, la bellezza, la capacità di amare di esseri che di solito ci si limita ad ammirare su un albero o… ad ammazzare con un fucile. Ho scoperto che anche un esserino all’apparenza umile come uno stornello può dare tanto, e privare il mondo della sua presenza sarebbe blasfemo. Tutto ciò che vive con noi, con cui condividiamo questa terra, va preservato, protetto, rispettato.
Lei dice che una volta era contraria alla caccia perché “presa nell’onda emotiva di manifestazioni animaliste, proteste e informazioni sui mass media non sempre obiettive.” Io sono sempre stata contraria alla caccia perché sin da piccola ho amato con tutta me stessa gli animali e l’idea di privarne volontariamente uno della vita mi repelle.

Dopo tanti anni di vita in Sardegna, lo scorso inverno ci è capitato di investire un cinghiale con la macchina. Io ho pianto, mio marito è tornato indietro a controllare se era ferito, per poterlo aiutare. Quando ha visto che era morto, gli ha chiesto scusa. E dopo aver provato il dolore che abbiamo provato per quell’incidente, continuiamo a chiederci come si faccia, come si possa imbracciare il fucile e ammazzare questi animali. Vederli correre liberi, fino a un attimo prima, e poi vederli schiantare al suolo.
Come le dicevo, in Sardegna conviviamo con i cinghiali. Sa quante volte sono rimasta estasiata vedendo mamma cinghiala che lecca amorevolmente un piccolo, sdraiato a terra a occhi chiusi, in estasi per queste dolcissime attenzioni? Che diritto abbiamo, noi, di decidere che quel cinghialino domani dovrà morire, smettere di ricevere amore e coccole da mamma cinghiala? Che diritto abbiamo di decidere che da domani mamma cinghiala non potrà più riversare le sue affettuose attenzioni sui propri figli? Non è poesia, non è esagerazione, quella che so facendo: è la verità. Gli animali soffrono, pensano, né più né meno di noi.
Si parla di animali feroci, dimenticando che in testa alla classifica degli animali feroci c’è sempre l’uomo. L’unico essere che ammazza altri esseri viventi per “sport”, per divertimento. Suo… o dei propri cani!

In quanto alla Brambilla, non la conosco e quindi mi esimo da giudizi. Penso però che se una persona che ne ha il potere fa qualcosa di concreto per gli animali sia da applaudire, non da criticare.
Che poi il cane vada in depressione perché non va a caccia… mi scusi, ma è la prima che sento. Ha mai provato, signora, invece di imbracciare il fucile, a prendere una pallina e uscire a giocare con il suo cane? Ha mai provato a portarlo a spasso e farlo correre solo per farlo correre, senza voler spegnere una vita? Finché non ci proverà non potrà mai sapere che è possibile. Eppure, gliel’assicuro, è possibile. Ed è l’augurio che le faccio, con tutto il cuore.
Cordialmente

Diana

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