– MOSTRI CANINI – Dietro le quinte di una mostra canina (dicembe 2018)

Intervista a Diana Lanciotti, autrice di storie di animali e libri fotografici di grande successo, all’uscita del suo diciannovesimo libro

Sono passati pochi mesi dall’intervista in occasione dell’uscita del suo diciottesimo libro, Ogni gatto è un’isola, che ha conquistato i gattofili ma non solo. Un libro interessantissimo, che rivela una capacità di vedere dietro le apparenze e i preconcetti, per avvicinarci con il giusto stupore e il giusto rispetto al mondo per tanti versi sconosciuto dei piccoli felini che ci vivono accanto ma non si concedono mai del tutto, mantenendo quell’aura di mistero che ce li rende ancora più affascinanti. Ora Diana ci stupisce con una nuova sorpresa, una chicca che per il prossimo Natale farà la gioia di tanti amanti dei cani che lo riceveranno in regalo.
Come l’ho già definita “autrice unica nel panorama letterario italiano per l’originalità e l’eterogeneità delle sue opere”, stavolta Diana è tornata ad armarsi di macchina fotografica, attrezzo che non ha comunque mai abbandonato, come dimostrano le copertine dei libri di Paco Editore e i Calendari di Paco che ogni anno presentano una selezione dei suoi celebri ritratti di cani e di gatti.
Ritratti dove si scorge l’anima del soggetto fotografato. Come scrive la stessa Diana nella prefazione di un suo grande successo, I miei musi ispiratori, che l’ha consacrata anche come fotografa: “Quando scrivo di loro cerco di immedesimarmi, intrufolandomi nella loro mente, e quando li fotografo cerco soprattutto i primi o primissimi piani, che mi consentono di “cogliere l’anima” del cane o del gatto che sto fotografando.
Quando inquadro uno dei miei soggetti preferiti, subito prima dello scatto… scatta un momento magico, in cui ci siamo solo io e solo “lui”, e tutto il resto scompare. E in quel momento, tra noi, si compie una magia, e ci parliamo, in una sorta di miracolosa comunicazione. E lì, in quel momento, il momento che precede lo scatto, riscopro ogni volta la verità, da molti e per troppo tempo negata: che gli animali hanno un’anima.”
Nota come scrittrice e fotografa ma anche come fondatrice del Fondo Amici di Paco, l’associazione che da ventun anni si impegna a favore degli animali, e a cui devolve il ricavato dei suoi libri, Diana dimostra un eclettismo raro in campo letterario, affrontando progetti e temi ogni volta diversi: dopo una serie di libri dedicati agli animali, tra cui la famosa trilogia di Paco, ha avuto grande successo come romanziera, con quattro romanzi d’amore e avventura che l’hanno fatta conoscere anche a chi non segue la letteratura “animalista”; quindi come fotografa (con tre libri fotografici dedicati ai suoi “musi ispiratori”), quindi come giallista con La vendetta dei broccoli, “giallo vegetariano” mozzafiato, apprezzatissimo anche dai non veg); con L’esperta dei cani, scritto in collaborazione con Demis Benedetti, e I cani non hanno colpe ha voluto dissipare la nebbia che avvolge il mondo dell’educazione cinofila, e disorienta troppi padroni in cerca di soluzioni semplici e pratiche.
Stavolta Diana esce con una vera e propria strenna natalizia, un libro che si presta a essere regalato e anche a far riflettere sul nostro rapporto con i nostri migliori amici. L’argomento sono le esposizioni canine, di cui Diana, ben lontano dalle ostentazioni da ring, ci racconta i retroscena, il “dietro le quinte”. E lo fa con ironia, senza condannare, tutt’al più prendendo benevolmente in giro certi eccessi, ma sempre per dimostrare che i nostri cani pur di compiacerci sono disposti a tutto. Anche a… diventare dei divi da passerella, o meglio (ma senza offesa) dei “mostri canini”.
Ne parliamo con la stessa Diana, per conoscere l’idea che sta alla base di questa nuova avventura editoriale.

Diana, chi sono i “mostri canini”?
Si tratta di un gioco di parole, per definire i cani che partecipano alle esposizioni canine, e che da anni mi diverto a fotografare, non sul ring, ma dietro le quinte, per coglierne le espressioni più sincere.

Da una che… bazzica i canili, che aiuti da tanti anni, tutto mi sarei aspettata meno che bazzicasse anche le mostre canine…
Io sto bene in mezzo ai cani e alle persone che li amano. Non faccio differenze tra cani di razza o acquistati o trovatelli. L’importante è che vivano felici e rispettati.

Infatti nella prefazione di Mostri canini hai scritto “Dove ci sono cani, c’è gioia”.
Sì, per me è così. Èd è il motivo per cui ogni tanto vado alle esposizioni canine. Mi piace vederli, stare in mezzo a loro, osservarli, e più sono più mi diverto. Non ho nulla in contrario ai cani di razza. Non sono… razzista e non sono d’accordo con chi afferma che le razze non dovrebbero esistere. Le razze dei cani appartengono alla storia dell’uomo e per la “creazione” di buona parte di queste potremmo anche essere orgogliosi.

Certo che rispetto a “Occhi sbarrati”, il reportage fotografico che hai realizzato al rifugio I Fratelli Minori di Olbia, sembra quasi che tu abbia preso le distanze dal mondo dei canili.
Ma no, assolutamente no. Capisco che passare dal fotografare cani derelitti a fotografare cani superblasonati possa sembrare un controsenso. In realtà proprio il confronto tra questi cani, supervezzeggiati, curati, imbellettati da parer a volte finti, dovrebbe farci riflettere su come e quanto il mondo vada a velocità diverse e sia pieno di contraddizioni. Da un lato cani trattati come una scarpa vecchia, insultati nella loro dignità, schiacciati sotto i tacchi dell’indifferenza, del disprezzo, della crudeltà, della disumanità. Dall’altra cani che occupano spesso i divani di casa, trattati come principini se non come gingilli, viziati come bambini capricciosi, venerati come piccoli dei, protetti come statuine di porcellana. I primi, a vivere gran parte della loro vita con le zampe immerse nel fango, o sulla ghiaia o sul cemento, gli altri con le zampine curate che sembrano appena uscite dalla manicure, abituate a calpestare nulla di più duro del velluto dei divani o della moquette. L’abnormità della situazione è la disparità di trattamento verso appartenenti alla stessa specie.

Però succede anche tra appartenenti alla specie umana…
È vero. Solo che nel caso dei cani siamo stati noi, migliaia e migliaia di anni fa, a firmare con loro un patto di reciproca assistenza. Un patto che troppe volte, e solo da parte nostra, viene disatteso. Mi rendo conto che per me è difficile, quando si parla di cani, non far cadere il discorso sugli errori, o addirittura le atrocità, che noi compiamo verso gli animali. Da quando grazie a Paco e al Fondo Amici di Paco ho iniziato a guardare più in profondità le cose, a non accontentarmi di dire “Mi piacciono i cani” ma a dire “Voglio aiutare i cani”, ho scoperto tante situazioni ingiuste, crudeli, a volte terribili.

In ventun anni te ne sei fatta una bella cultura.
Sì, grazie a Paco, che mi ha aperto gli occhi su una realtà che non conoscevo. Fa specie che ci siano cani trattati come rifiuti da gettare in discarica e altri trattati come tanti damerini.

Possibile che non ci sia una via di mezzo?
C’è, per fortuna, ed è quella che segue la maggior parte delle persone con i propri cani: membri a tutti gli effetti della famiglia, amati e rispettati, non obbligati a starsene in una gabbia a mendicare cibo e amore ma nemmeno a passare ore e ore in… sala trucco per poter competere con i propri colleghi di razza sul ring di un’esposizione canina.

Anche se però tu non li giudichi, con questo libro.
Io evito sempre di atteggiarmi a giudice. Chi sono, per farlo? Piuttosto, mi piace far riflettere.

Insomma, le esposizioni canine per te hanno un senso?
Non è che io le disapprovi. Però a volte mi fa sorridere, a volte addirittura indignare, che i cani debbano sottostare a vere e proprie torture ed essere agghindati come tante damine per potersi presentare in tutto il proprio splendore al cospetto dei giudici. Prendiamo per esempio lo Yorkshire Terrier, per citare una delle razze più “trattate” con bigodini, lozioni, phon e chissà cos’altro: non è di certo un cane meno bello se non lo piazziamo per ore su un tavolino a imbellettarlo. Basterebbe qualche colpo di spazzola per renderlo bello e sicuramente meno “finto”.

Raccontaci della tua esperienza di espositrice con i tuoi cani.
Un’esperienza quasi da ridere. Con Boris (il protagonista di “Boris, professione angelo custode”, n.d.r.), tantissimi anni fa partecipai a tre esposizioni a Verona, sia per la vicinanza a casa che per incontrarci con gli amici che avevano scelto i suoi fratelli di cucciolata. Era una specie di rimpatriata e come tale la vivemmo. Nulla di più di qualche spazzolata, e non gli tagliavo nemmeno il pelo che gli sporgeva tra le dita. Partecipai anche alla Mondiale di Milano, nel 2000. Un’occasione una tantum, da non perdere. Tutti i cani erano in gran tiro, persino i Leonberger, cani rustici per eccellenza. Anche loro erano particolarmente curati. Si incominciava a vederne alcuni collocati sopra i tavolini da toelettatura, spazzolati, phonati e cosparsi di lozioni. Il mio Boris si presentò, come al solito, nature. Devo dire che non l’avevo presa molto sul serio, e fino alla sera prima eravamo stati in giardino a tirarci la palla e rotolarci nell’erba, anziché “farci belli” come l’occasione meritava. Nel giudizio, redatto da un impeccabile giudice inglese con tanto di giacca di tweed e pantaloni di velluto, fu segnalato che il mio Boris, pur essendo di ottima impronta, molto bene in standard, eccetera, aveva il pelo del posteriore “untended”, cioè… non curato. Io mi ero limitata a spazzolarlo come faccio sempre con i miei cani, mentre gli altri esibivano delle “coulottes” vaporose come tanti piumini da cipria. Eppure Boris non se la prese. Anzi, fu ben contento di non partecipare più, come gli avevo promesso, a quegli eventi che per lui non avevano proprio senso.

Adesso però stai esprimendo un giudizio negativo.
No, non dico di abolire le esposizioni, ma mi chiedo se è davvero il caso di sottoporre i cani che vi partecipano a trattamenti “cosmetici” estenuanti e a tosarli in modo a volte così irrispettoso della loro dignità. Hai idea di quanto sia bello un Barbone col pelo naturale? E invece quelli che vanno alle esposizioni sono pieni di ponpon, col didietro rasato come tanti babbuini… Io non so se sono felici di essere conciati così. Mi sembra che perdano la loro dignità, e ne siano consapevoli e anche piuttosto offesi. Le donne che vanno dal parrucchiere a fare taglio, colore e trattamenti vari sono loro stesse a deciderlo. Ma se i nostri cani potessero scegliere tra una mostra canina e una corsa nei prati, che cosa sceglierebbero? Ecco, ho deciso di perorare la loro causa: meno shampoo e bigodini e più guinzaglio e passeggiate.

Nel tuo libro si vedono anche razze poco conosciute. Che senso hanno, oggi, le razze?
Non ho nulla in contrario alle razze: sono il frutto di impegno, passione, competenza. L’impegno degli uomini in questo senso ha dato origine a razze splendide e importanti come il Pastore Tedesco, il San Bernardo, il Terranova, il Labrador, per citarne solo alcune di quelle che da anni affiancano gli uomini offrendo i loro importantissimi servigi. Purtroppo la selezione estrema e principalmente tesa a fissare i caratteri di bellezza ha creato per alcune razze problemi patologici: vere e proprie tare genetiche, fisiche e a volte anche mentali, che purtroppo sono comuni agli appartenenti di una stessa razza. Per citarne una, la displasia dell’anca che si è diffusa tra i Pastori Tedeschi a causa dell’inclinazione eccessiva della groppa voluta per imprimergli quell’andatura caratteristica ma innaturale.

In questo caso il problema è la selezione.
Non voglio fare un discorso sulla selezione, che non mi compete. Vorrei invitare all’equilibrio e al buon senso tutti coloro che sono coinvolti nell’allevamento e nella diffusione delle razze: gli allevatori, che dovrebbero pensare principalmente a tutelare le razze (e se questo significa rinunciare a qualche cucciolata in più l’anno, è giusto adeguarsi in nome della salute e del benessere degli animali); i proprietari, che dovrebbero trattare i loro animali con amore e rispetto (ciò significa non maltrattarli e abbandonarli, ma anche lasciarli più vicini alla loro condizione animale senza snaturarli costringendoli a diventare tante bamboline); i club di razza e le federazioni cinofile nazionali e internazionali, che dovrebbero rivedere insieme certi standard che comportano una selezione eccessivamente improntata all’estetica, più che alla salute.

E i meticci, come si collocano?
Hanno il ruolo, importantissimo e prezioso, di raccogliere in sé le caratteristiche di tutte le razze e di regalarci, attraverso la loro splendida, variegata e inimitabile unicità, un patrimonio di intelligenza, affetto, personalità che li rende altrettanto belli e preziosi dei cani di razza. Con gli stessi diritti di vivere nelle nostre case e di essere amati e rispettati.

Parlare di meticcci e non parlare di Paco sarebbe impossibile.
È grazie a Paco, al Fondo Amici di Paco, se è migliorata nel tempo la coscienza di ciò che dobbiamo e possiamo fare per gli animali. È merito suo se abbiamo deciso di renderci utili in questo senso e di dare l’esempio a chi sentiva dentro di sé la voglia di fare qualcosa ma non sapeva da che parte incominciare. È merito suo se ora ci sono tantissime associazioni che operano a favore degli animali. Prima ce n’erano tre, forse quattro, e facevano francamente molto poco. Dopo che Paco ha aperto gli occhi a tante persone, c’è stata una “chiamata alle armi” e tante persone hanno avuto finalmente il coraggio di uscire allo scoperto e di manifestare liberamente il proprio amore per gli animali, senza più sentirsi esagerate o fuori luogo. E, dandosi da fare giorno per giorno per aiutare tanti animali in difficoltà, hanno trovato la felicità e ne hanno data tanta.

Diana, una nota tecnica per chi si diletta di fotografia. Che attrezzatura usi peri tuoi splendidi ritratti?
Nikon, con grande soddisfazione. Le foto del libro sono state scattate in epoche diverse, ma le ultime, e probabilmente si vede dalla qualità, sono scattate con la mia amatissima D5, una macchina professionale di una nitidezza, precisione e velocità straordinarie. Ovviamente se dotata degli obiettivi adatti, che ne enfatizzano le grandi prestazioni.

Ricordiamo a chi ci legge che tu realizzi anche servizi fotografici a cani e gatti per aiutare i cani e i gatti senza famiglia.
Sì, da qualche anno ho deciso di mettere a disposizione la mia passione per la fotografia anche in questo modo, devolvendo il ricavato dei miei servizi fotografici al Fondo Amici di Paco.

Perciò se volete un ritratto o un album fotografico del vostro cane o del vostro gatto e aiutare i cani e i gatti più bisognosi, potete scrivere a paco@amicidipaco.it o telefonare al Fondo Amici di Paco (030 9900732) per concordare con Diana le modalità. Le foto di Diana sono anche disponibili per agenzie e aziende, per la realizzazione di campagne e materiale pubblicitario o per l’editoria. Ora, Diana, chiudiamo con il solito appello?
Certo, sei bravissima.

Come tutti i libri di Diana, anche “Mostri canini” nasce per aiutare tanti cani e tanti gatti meno fortunati di Paco: il ricavato va infatti al Fondo Amici di Paco, che lo impiega per i tanti rifugi che sostiene in tutta Italia. È un libro di grande valore, con fotografie molto belle e originali, dove si intuisce l’amore che sta dietro l’obiettivo. E il senso speciale di questa operazione è che cani “blasonati”, attraverso le loro fotografie, aiutano tanti cani sfortunati a sperare in un futuro migliore. Compratelo, regalatelo: farete un grande gesto di solidarietà e un regalo graditissimo. Potete comprarlo direttamente dall’editore (col modulo al centro rivista o sul sito www.amicidipaco.it) oppure in libreria.

 

Paola Cerini – Amici di Paco 70 – dicembre 2018