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Celentano: da “Azzurro” a… tendente al rosso?

No, non l’ho visto. E con questo rispondo alle decine di lettere che mi sono arrivate, tutte all’incirca con la stessa domanda: “Hai visto Celentano? Che cosa ne pensi?”
Ne penso quello che ho sempre pensato: che quando uno sa fare bene una cosa, anzi molto bene, è bene che continui a farla e perseveri per migliorarsi. E Celentano sa cantare molto bene… e allora perché si ostina a fare il conduttore/intrattenitore/predicatore/politico, quando non gli riesce per niente bene?

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Certo, qualcuno dirà: “ma se non l’hai visto cosa giudichi?”
E’ vero, non l’ho visto questa volta, ma l’ho visto in passato e ogni volta non l’ho retto, e sforzandomi tanto, più di venti minuti.
L’altra sera, la prima puntata di Rockpolitic (ma che bel titolo…) ho provato a guardarla, ma appena ho visto il faccione di Santoro ho cambiato canale. No, proprio non lo sopporto, Santoro, con quel ghigno mi ha sempre ricordato un orco travestito da agnello, in procinto di azzannare la sua vittima di turno (nel suo caso chiunque non la pensi a senso unico come lui).
Ma tornando all’Adriano nazionale: ma che cosa vuole dimostrare? Che siamo in un regime totalitario? Ma che provi ad andarsene in Iran, o a Cuba, o in Cina e provi a fare i suoi patetici show, e poi ci dica, di nuovo, dov’è che sta la democrazia.
A qualcuno dà fastidio se le televisioni sono in mano a una sola persona? A parte che non è vero, ma si dà il caso che quella persona, finora, sia l’unica a essersi dimostrata capace di salvare emittenti che rischiavano di chiudere e di garantire la pluralità dell’informazione, arrivando addirittura a concedere maggior spazio ai giornalisti di parte avversa.
Ma torniamo a Celentano: che cosa vuole dimostrare, con il suo poco spettacolare spettacolino?
Che è diventato di sinistra?
Ma che cosa vuol dire, oggi, essere di sinistra? Vuol dire indossare il cashmere e avere la erre moscia come Bertinotti, frequentare ambienti esclusivi e ricordarsi dei lavoratori solo in tempi di elezioni (primarie) saltando da privilegiato su treni assiepati di pendolari che ogni mattina, non una volta ogni vent’anni, si fanno chilometri schiacciati come le sardine e sballottati come tanti pungiball?
Vuol dire frequentare i circoli nautici e i salotti bene e avere una barca da 2 miliardi, come D’Alema?
Vuol dire avere le mani in pasta con i maggiori affaristi italiani e non sapere proprio niente delle “classi” che si asserisce di tutelare, come il “professor” Prodi?
Non sono mai stata di sinistra, né tantomeno la diventerò osservando l’esempio di questi campioni della “sinistrità”.
Essere di sinistra vorrebbe dire essere dalla parte dell’uguaglianza, ma a me pare che tutti questi e tanti altri signori che si professano di sinistra siano proprio i simboli della più assoluta “disuguaglianza”. Da chi? Ma da noi, noi “comuni mortali”, noi che ogni giorno ci arrabattiamo per far quadrare i conti, mentre “loro” vivono immersi in un mondo di privilegi che li tengono lontani e ben preservati dai problemi nostri, quegli stessi problemi che lor signori, “espressione democratica” del voto popolare, sarebbero chiamati a risolvere.
…Risolvere?… Ma come li risolvono, se nemmeno li conoscono? Che cosa volete che ne sappiano, questi signori, del carovita, della microcriminalità, della burocrazia, loro che volano al disopra delle nostre meschine quotidianità? Loro che vivono scortati, in case blindate, che viaggiano in auto blu, e il contatto con la gente vera non sanno nemmeno cosa sia (anzi, ho l’impressione che gli faccia anche un po’ schifo…)
Ma torniamo al buon Celentano. Che cosa vuole dimostrare? Tutti se lo stanno chiedendo: massmedilologi, politici, filosofi, giornalisti… tutti a farsi le stesse domande. Ma nessuno che ammetta quello che, probabilmente in cuor suo, sa: che a Celentano interessa provocare e se alla provocazione segue anche un bel gruzzoletto, lui porta a casa, lo fa fruttare e per qualche annetto se ne sta zitto e buono.
E invece nessuno, nessuno che abbia il coraggio di dire quello che tanti pensano: Celentano… ma va a cantare!

(Diana Lanciotti)

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