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Addio, Paco

Ecco il messaggio con il quale, sul forum del sito www.amicidipaco.it e sul numero 36 di Amici di Paco, Diana ha dato l’annuncio della scomparsa di Paco. Sulla rivista (e qua e anche qua trovate alcuni dei messaggi inviati dagli “amici di Paco”, in ricordo di Paco.

Cari amici,
stavolta il nostro Paco non ce l’ha fatta.
Scusate la brutalità dell’annuncio, ma io che con le parole ci lavoro e ci gioco, questa volta non trovo proprio le parole. E allora, allora mi limiterò a una comunicazione sintetica, mi atterrò ai fatti.
E’ successo alle 7,30 del 26 dicembre. Una delle tante crisi cardiache che negli ultimi mesi lo avevano colpito, ma dalle quali, a volte acchiappandolo “per i capelli”, riuscivo a tirarlo fuori. Viaggiavo sempre armata di farmaci, e la mia borsa era diventata una valigetta del pronto soccorso. Eppure stavolta non è servito. Abbiamo appena fatto in tempo a mettere piede in Sardegna, la nostra, la sua amatissima terra, dove ormai da anni ci rifugiavamo per passare i fine anno più tranquilli, via dai botti e dagli schiamazzi, io, Gianni e i nostri cagnoni. A farci passeggiate e respirare aria pulita e riempirci gli occhi della bellezza di quella natura ancora selvaggia, ancora capace, dopo tanto tempo, di stupirci e lasciarci senza fiato.
Stavolta Paco non si era piazzato accanto alle valigie come faceva ogni volta alla partenza, per paura, forse, che potessimo, non vedendolo, “dimenticarlo” a casa. Era rimasto a dormire sulla sua trapuntina, a far riposare i suoi sedici meravigliosi ma ormai pesanti anni. Eppure, quando gli ho detto: “Su, Paco, dai che si parte”, lui ha radunato le sue forze e le sue zampette, che negli ultimi tempi tendevano ad andare ognuna per conto proprio, si è alzato e, barcollando un po’, ci ha seguiti fino alla macchina. L’ho preso in braccio, notando ancora una volta quanto fosse dimagrito e seguendo con una carezza la triste trama delle costole e delle vertebre che (nonostante i 3 pasti quotidiani) ormai sbucavano da sotto il pelo. Un pelo ancora bello e lucido, nonostrante tutto. Nonostante il fegato scassato (probabilmente dalla piroplasmosi, contratta nel giugno 2005, la stessa che ci portò via Boris nel novembre dello stesso anno) e il cuore impazzito.
Ne aveva parlato, Paco, di questi suoi problemi, di questi alti e bassi che ci facevano a sperare e disperare e poi di nuovo sperare. Ne aveva parlato agli “amici di Paco”, quelli che ricevono la rivista “Amici di Paco”, cioè tutti coloro che hanno deciso di fare qualcosa di concreto e perciò di seguire e sostenere Paco nella sua grande avventura di cagnolino impegnato a migliorare le condizioni dei suoi simili.
Paco non stava bene da maggio, e già da maggio io e Gianni ci stavamo piano piano preparando. Però non si è mai veramente preparati. Mai. Mai, a perdere e non rivedere mai più un faccino che ormai da quasi 15 anni (sarebbero stati 15 il prossimo 7 marzo… ma non era possibile, e lo dico al destino, lasciare che arrivassimo almeno a quel traguardo?…) ci dava il buongiorno e la buonanotte, quella frangetta che lasciava vedere due occhi sempre attenti e brillanti… salvo quelle ultime ore, quando si erano velati, quando il sipario stava per calare definitivamente su questo mondo.
Lo spettacolo è finito, per Paco, e per noi si chiude un capitolo fondamentale della nostra vita. Non pare vero. Lo sapevo che sarebbe successo, l’avevo dato per perso già altre volte, eppure ora che è successo ha quasi dell’incredibile. Dire che Paco non c’è più sembra una menzogna. Crudele, cinica.
Lui che ci ha insegnato tanto dell’amore dei cani per gli umani, lui che è stato un simbolo, una luce, una guida, che ci ha condotti nei meandri sconosciuti del mondo del randagismo e della crudeltà umana verso gli animali. Lui, quel cane lì, quel cane straordinario, non c’è più. Lui, il grande Paco, era mio, era di Gianni, ma era anche di tutti i suoi “amici” che lo amavano e lo sostenevano. Mancherà a tanti, lo so, non solo a noi. Eppure è a noi, che giorno per giorno l’avevamo accanto, noi che con lui abbiamo passato momenti indimenticabili, è a noi che tocca di sentirne di più la mancanza.
A rendermi serena è la consapevolezza che il prossimo passo, per Paco, sarebbe stato di restare paralizzato alle zampe posteriori. Negli ultimi tempi faticava ad alzarsi e ci chiamava perché lo aiutassimo. Ma credo che non avrebbe mai accettato, indomito e indipendente com’era, di dover dipendere in tutto e per tutto dagli altri. Sarebbe stato uno strazio. Per lui e per noi.
“Paco ha voluto restare qua”, ha detto la nostra amica Pepita, vicina di casa in Sardegna, quando vedendomi in faccia ha capito, senza che glielo dicessi, che cos’era successo. E mentre stavamo pensando di rientrare a casa, sul lago, per portarlo accanto a Boris, lo sguardo mi è caduto sul corbezzolo all’ombra del quale lui amava ripararsi. La sua residenza estiva, la chiamavamo. E ho avuto una folgorazione. Ho capito che, come diceva Pepita, Paco avrebbe voluto restare lì, per sempre.
E ora lui è là, sotto il suo corbezzolo, sotto il cielo più azzurro, cullato dal fruscio del mare, riscaldato dal sole che amava tanto, salutato dai tramonti più infuocati che insieme restavamo ad ammirare dalla terrazza, prima di rientrare in casa a trascorrere le nostre serate tranquille facendoci tanta compagnia e tante coccole.
Paco, come noi, amava la Sardegna. Ogni volta, come noi, là si ritemprava, ringiovaniva di parecchi anni, ritrovava l’entusiasmo e l’appetito. Speravamo tanto che succedesse anche stavolta. E invece è proprio là, in quella terra tanto amata, che Paco ha voluto concludere il suo bellissimo discorso.
L’abbiamo preso come un segno e abbiamo voluto accettare la sua volontà. Così come, dopo due settimane, abbiamo colto un altro segno. Forse morendo là, Paco aveva voluto indicarci la via.
Siamo andati a trovare Cosetta, al Rifugio dei Fratelli Minori di Olbia. Cosetta che quando ha saputo di Paco ha pianto, tanto che quasi l’ho dovuta consolare. Siamo andati al Rifugio “per vedere”, ci siamo detti, pensando che dopo Paco difficilmente sarebbe scoccata presto un’altra scintilla.
E, invece, è scoccata. Dentro una gabbietta dell’infermeria di quel rifugio, dove 700 cani sono accuditi con straordinario amore da persone meravigliose (e dov’eravamo stati un anno fa per “smaltire” un po’ il dolore per la scomparsa di Boris), c’era uno scriccioletto di cane di un mese e mezzo, mollato la vigilia di Natale davanti al cancello del rifugio in un sacco di iuta, insieme ai suoi tre fratellini. Un’altra delle tante buone azioni che gli umani compiono sotto Natale. Quando tutti siamo più buoni.
E in mezzo a tutti quei cani non più voluti e a quelle persone che nonostante tutto sanno renderli felici, ho capito che la vita DEVE andare avanti. Che c’è sempre qualcuno che ha bisogno e che sarebbe ingiusto non rispondere al richiamo.
Ed ecco che là c’era quel cosino di due chili, mollato esattamente due giorni prima che Paco ci lasciasse. La sua fortuna è stata che al Rifugio di Cosetta c’è sempre qualcuno pronto a donare il proprio tempo e il proprio amore, anche nei giorni di festa.
Forse, attraverso il tam tam canino, Paco aveva saputo di questo ennesimo abbandono e ha pensato che fosse arrivato il momento di farsi da parte per lasciare il posto a qualcun altro. O almeno così mi piace pensare, convinta come sono che dietro gli eventi importanti ci sia sempre un preciso disegno del destino.
Non ne avevamo davvero l’intenzione, eppure Tommi ora è con noi, desideroso di affetto e di una vita dignitosa che qualcuno voleva negargli. E noi siamo pronti a darglieli, in ricordo del nostro straordinario Pachino. Che non c’è più ma vivrà sempre nei nostri cuori.
Grazie a tutti voi per avergli voluto bene e scusate se stavolta non è lui a salutarvi

Diana

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