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Addio, grande Paco

Carissimi amici di Paco
stavolta tocca a me parlarvi. E se vi è già corso l’occhio alla firma, avrete di certo compreso.
Sì, è così: Paco ci ha lasciati. Dopo mesi di alti e bassi, di “ma sì che ce la fa” e “no, no che non ce la fa”, stavolta il mio, il nostro, il vostro Pachino non ce l’ha fatta.
Molti di voi lo sanno già: l’hanno letto sui giornali o sul nostro sito, o l’hanno saputo direttamente da me al telefono, in una delle tante telefonate che negli ultimi tempi mi facevate per avere sue notizie.
Ma tanti di voi lo stanno scoprendo adesso… mi dispiace, non sapete quanto mi dispiace dovervelo dire…


Su, però, non fate così… Non piangete. Paco se n’è andato in pace, e credo anche felice. E sono certa, credetemi, che se ne sia andato quando ha deciso lui che era l’ora. Fino quasi all’ultimo il mio, il nostro, il vostro Paco ha fatto la sua vita normale, e questo mi rende almeno serena. Non felice, ma serena sì. Non avrei mai potuto immaginare il mio Paco, il Paco forte, coraggioso, indomito, spegnersi un po’ alla volta, cedere agli acciacchi dell’età, restare paralizzato (sì, sono sicura che sarebbe finito presto così, visto come gli stavano cedendo sempre più le zampe).
Il mio “re della strada” non avrebbe mai accettato, orgoglioso e indipendente com’era, di dipendere in tutto e per tutto da noi, pur amandoci tanto. E così ha deciso che era ora di lasciare le “scomodità” di questo mondo terreno per assurgere alle comodità del paradiso dei cani (che, come ha sempre detto lui, e come sostengo anch’io, è lo stesso degli umani). Paco la stava covando da qualche settimana, questa decisione. Era dimagrito tantissimo, nonostante i tre pasti quotidiani. E da almeno due settimane non voleva più prendere la medicina, la stessa che gli davo da mesi senza che lui avesse nulla da ridire. Ogni sera, per obbligarlo a ingoiare quelle due pastiglie e mezzo, era una lotta. Nel cibo le avrebbe scovate, isolate e lasciate lì. E così dovevo obbligarlo. E lui ogni volta mi faceva capire che non gli interessava più, di essere curato. Era stanco, lo vedevo, me ne accorgevo ogni giorno di più. Ma speravo che anche stavolta, come ogni altra volta, la Sardegna avrebbe compiuto il miracolo. L’ultima volta era stato in ottobre, quindi due mesi prima, e nonostante gli acciacchi Paco là aveva ripreso energia, appetito, si era fatto le sue lentissime ma lo stesso lunghe passeggiate con noi. La Sardegna era il posto che lui amava, dov’era felice di andare, come noi. Da anni passavamo là l’ultimo dell’anno, via dai botti e dalla confusione, in compagnia dei nostri cani. Stavolta Paco ha voluto arrivarci, fin là. E ha deciso di restarci. Per sempre.
Il grande Paco ora è là, sotto il corbezzolo che lui amava e saperlo là mi fa star bene. Là, finalmente, ha trovato la pace. Così ha voluto, e dobbiamo accettarlo. E ora che è successo, capisco che è giusto così. Paco ha voluto che la sua storia finisse là, ma ha voluto indicarci la strada, perché tutto, di nuovo, riprendesse da là.
Qualcuno mi ha detto: peccato che non sia sepolto a Padenghe, insieme a Boris. Ma io sono convinta che, anche se i loro corpi giacciono lontani, in realtà i miei due splendidi cagnoni, che si amavano tanto, si siano ritrovati. E che, come ogni mattina Boris usciva per primo dalla porta della cucina e poi si girava ad aspettare Paco, anche ora, quando gli angeli loro amici aprono la porta sul giardino celeste, lui esca per controllare se è tutto a posto, e poi si giri ad aspettare che Paco lo segua, e poi quando lo vede arrivare protenda il muso in un bacio fraterno, aprendo il suo faccione in quel sorriso da ragazzone che mi manca sempre. Così come mi mancherà la coda bianca di Paco, sempre pronta a sventolare, mai stanca d’essere gioiosa. Mancherà a me, a Gianni, a Joy, ai mici. Ma, lo so, lo so per certo, mancherà anche a voi. Anche a chi non l’ha conosciuto “di persona”, ma in tutti questi anni gli ha voluto bene, l’ha seguito e sostenuto nel suo impegno per far sì che tanti cani e gatti senza famiglia possano sperare in un mondo migliore. Lo so, mancherà a tanti. Me ne sono resa conto da quando la notizia si è diffusa, a metà gennaio. Da allora ogni giorno ricevo decine di dimostrazioni di quanto Paco fosse amato e fosse diventato in questi anni un simbolo per tanti. Paco, il mio, il nostro, il vostro Paco ha aperto il cuore e la mente a tante persone e ha indicato la via da seguire: quella del rispetto, della comprensione, dell’amore. Senza lotte, urli e strepiti. Con dolcezza, perseveranza, tolleranza.
Questo numero è dedicato a lui, al grande Paco, allo straordinario cane che è stato. Ricordiamolo insieme, e poi andiamo avanti, tutti insieme, nella strada che lui ci ha indicato.

Diana

P.S. Ecco, è nelle piccole cose di sempre che mi manca. Come mettere la sua firma rossa alla fine di questo pezzo… e di tutti gli altri che scriverò da qui in poi. Senza di lui, sdraiato sotto la scrivania, a guidarmi e ispirarmi.

GRAZIE, DOTTORE

Grazie, dottore
Di solito era lui, Paco, a ringraziarlo. Ora tocca a noi. Spesso diciamo che è “l’uomo del destino”, perché è merito suo se, quindici anni fa, mettemmo per la prima volta piede in un canile e scoprimmo la realtà del randagismo. E adottammo Paco, quello che lui definì subito “un simpatico ragazzo”.
Paco era anche suo, del dottor Dalzovo, che da più di sedici anni si prende cura della nostra famiglia. Una presenza importante, insostituibile, sulla quale sappiamo di poter sempre fare affidamento. Anche questa volta. Pur da lontano, con in mezzo il mar Tirreno, il dottor Dalzovo ci è stato vicino e ci ha seguiti e aiutati ad affrontare i momenti più critici, finché è arrivato il momento che il nostro Paco ci lasciasse.
Ringraziando lui, vogliamo ringraziare tutti i veterinari che, con impegno e passione, aiutano tutti noi che amiamo i nostri amici a quattro zampe a curarli fino all’ultimo e ad affrontare il momento terribile del distacco.

Diana e Gianni

(Amici di Paco 36 – gennaio 2007)

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