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Tolleranza (ospitalità mal ripagata)

Giorni fa è successa una cosa che mi ha fatto riflettere, e sulla quale
credo che La Fontaine avrebbe potuto scrivere una delle sue favole.
Eravamo in ufficio, e dalla finestra aperta è entrato un insetto.
Noi li chiamiamo martinelli: sono grosse vespe con il corpo allungato che
finisce in una specie di pendolo. Eravamo in due: l’abbiamo guardato danzare
silenzioso contro il soffitto, ma per pigrizia, tolleranza o non so cos’altro lo abbiamo lasciato fare.


Non l’abbiamo più guardato.  A un certo punto l’abbiamo visto uscire. Dopo un po’ è rientrato. Solita svolazzatina in giro. L’abbiamo guardato, con pigrizia e tolleranza.
Ha volato per qualche minuto. Poi, forse era stanco, si è posato su una trave che corre sopra la vetrata. Non gli abbiamo fatto più caso. Finché non l’abbiamo visto
uscire di nuovo.
«Probabilmente si è stancato di stare qua», abbiamo commentato con tollerante pigrizia.
Ma dopo qualche minuto eccolo che torna di nuovo. Ormai si è affezionato. Senza emettere il minimo zzz, se ne vola qua e là, poi, probabilmente stanco, si posa di nuovo sulla trave, nello stesso punto di prima. Basta, per un po’ ce ne dimentichiamo. Finché lui esce di nuovo, senza ringraziare né salutare.
La mattina dopo è ancora in ufficio.
«Ma ancora qui sei?», gli chiediamo quasi con simpatia, mista a pigrizia e tolleranza. Forse dovremmo mandarlo fuori… Ma in fondo che male fa? E poi è silenzioso, quasi beneducato…
È stanco, già di primo mattino. Si posa di nuovo sulla trave, nello stesso punto di ieri. Poi esce, poi rientra, per almeno una decina di volte. E per almeno una decina di
volte attira i nostri sguardi pigramente tolleranti.
Il giorno dopo è ancora qui che vola in ufficio. Chiuderlo fuori è
impensabile. Fa caldo, le finestre restano aperte. E poi, che male può fare?
Oggi, però ha scelto un nuovo posto per posarsi sulla trave, a qualche metro
di distanza. Sopra la fotocopiatrice. Mi alzo per fare un paio di fotocopie.
Come un aereo kamikaze in picchiata quello piomba giù dalla trave, mi punta e cerca di pungermi… Quello? Quelli! Sono due. Ma il secondo da dov’è sbucato?
I due pungiglioni mi inseguono, furiosi e frementi di pungermi.
Scappo (scena ridicola), e a questo punto decidiamo di buttarli fuori. Ma loro non
sono disposti a mollare così facilmente. Si trovavano bene, qui, gradivano
tanto la nostra tollerante ospitalità…
Siamo in due contro due, ma non è facile ricondurli alla ragione.
Finalmente, alla fine ce ne liberiamo.
Il giorno dopo tentano (in due) di rientrare. Ma stavolta ci opponiamo. Ma
perché insistono? Che cos’è che li attira? Prendiamo una scala e andiamo a
vedere. Due bei nidi, con dentro ognuno tre martinelli in fasce, sono
cementificati alla trave. Hai visto, zitti zitti, in due giorni, che cosa
sono riusciti a farci sotto il naso?
Una bella fatica, staccarli.
Però, scusate, ma ormai, dopo aver visto ricompensare così malamente la
nostra ospitalità, anche l¹ultimo barlume di tolleranza se n’è andato.

Diana

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