I nostri migliori amici

I cani di Green Hill

Ho scoperto la vostra rivista a marzo 2009 mentre ero dal veterinario con il mio cagnolino, e ho deciso di associarmi. Da piu’ di un anno ricevo la vostra rivista ma non ho mai visto un servizio su Green Hill. Come mai? Eppure è vicino a voi; non credete che anche quei poveri cani abbiano diritto di vivere?

Lisa

(clicca su “Leggi tutto” per leggere la risposta di Diana)

Cara Lisa, ha ragione: quei cani hanno diritto di vivere. Nel modo in cui tutti i cani devono vivere, non come cavie da esperimento, ma come noi li abbiamo voluti nel tempo: nostri compagni di vita, da amare, proteggere e rispettare.
Ne siamo talmente convinti, che in più occasioni abbiamo aderito alle iniziative del Coordinamento "Fermare Green Hill", che sta lavorando sul problema egregiamente.
Forse abbiamo peccato nel non parlarne sulla nostra rivista, ma come sa è un trimestrale e non consente di dare notizie in tempo reale, cosa che invece fa egregiamente internet.
Avevamo pensato di lanciare a nostra volta un appello, ma abbiamo preferito aderire a ciò che altri stanno già facendo con tutto l’impegno.
Sarebbe dispersivo prendere un’altra iniziativa su quel problema (continuo a chiamarlo problema, ma in realtà dovrei definirlo barbarie o peggio) quando ci sono già grosse associazioni come la LAV (nata proprio per questo obiettivo, e non per occuparsi di abbandono o randagismo). Nel mondo animalista c’è tantissimo da fare e se tutti ci mettiamo a fare le stesse cose si disperdono le energie. Ritengo più giusto che ognuno si scelga un proprio ambito e lavori su quello. Magari sbaglio, però è così che la penso.
Il Fondo Amici di Paco è un’organizzazione microscopica, se raffrontata alle grandi realtà come la LAV e altre grosse associazioni, e se i nostri pochi mezzi (in termine di tempo, energie e disponibilità economiche) li disperdiamo in tante attività va a finire che non facciamo bene né l’una né l’altra.
La stessa richiesta ci venne fatta anni fa con i cani di Bucarest, che salirono tristemente alla ribalta. Dapprima raccogliemmo dei fondi e li destinammo all’associazione nata proprio per salvare quei cani, poi ci rendemmo conto che così facendo li sottraevamo ai rifugi che finora avevano potuto contare su di noi.
Purtroppo, quando si tratta di animali è sempre molto poco ciò che si riesce a raccogliere e chi ti dà 10 euro, te li dà una volta sola, anche se le emergenze sono tante, e se quei dieci euro li dai a Tizio, Caio resta senza. E se finora Caio aveva contato su quei dieci euro che tu gli facevi avere, ora si trova in difficoltà perché tu li hai dirottati su Tizio. Non so se mi sono spiegata.
Ciò che intendo è che alla fine le somme che si raccolgono sono sempre le stesse, e se li dai a uno l’altro resta senza. Sono decisioni sempre difficili da prendere, per noi, e ci creano grosse crisi di coscienza, perché le richieste d’aiuto sono sempre superiori alle disponibilità. E’ dura dover dire di no a qualcuno che ha bisogno di aiuto.
Lo stesso vale con gli appelli, come nel caso di Green Hill: non ce la facciamo, umanamente, a star dietro a tutto. Non abbiamo l’apparato organizzativo delle grosse associazioni, siamo nati (per caso, come sa se ha letto la nostra storia) con l’intento di fare qualcosa per combattere il randagismo. Siamo andati ben più in là, in questi anni e, mi creda, a volte facciamo anche più di quello che potremmo.
Il fatto che per la vicenda di Green Hill sia nato un movimento (ne trova notizia sul sito http://www.fermaregreenhill.net/wp/), così come per i cani di Bucarest sono nate associazioni apposite, è significativo: significa che per un problema del genere c’è bisogno di gente che si occupi proprio di quello, c’è bisogno di gente ferrata sulle questioni della vivisezione, gente che conosca le leggi, i regolamenti, eccetera. Quello che ha sempre fatto in passato la LAV, anche se ora si dedica anche ad altre cose. Ma loro, grandi come sono, possono farlo. Noi, piccolini come siamo, no.
Ecco, la nostra scelta (magari è un limite, visto da fuori, e comunque è un limite "fisiologico", legato cioè alle piccole dimensioni della nostra organizzazione) è di continuare a occuparci di ciò di cui ci siamo occupati finora, ciò per cui siamo nati: diffondere un messaggio d’amore e rispetto verso gli animali e aiutare concretamente i rifugi.
Ciò non toglie niente all’appoggio che ci sentiamo di dare a organizzazioni nate proprio per quella specifica problematica.
Se ha altri dubbi o osservazioni non esiti a riscrivermi.
Un cordiale saluto

Diana Lanciotti

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