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Dalla mente al cuore: un altro passo avanti verso la comprensione tra noi e i nostri migliori amici

Giovedì 12 marzo a Verona si è tenuta la seconda serata promossa da New Thought per approfondire la conoscenza dei nostri “migliori amici”. Ne fa il resoconto Diana Lanciotti, fondatrice del Fondo Amici di Paco, che condivide con New Thought il progetto di abbattere le barriere dell’incomprensione, cause principali dell’abbandono, e che, come esperta di comunicazione, con il concetto “Dalla mente al cuore” ha sintetizzato e rappresentato in pieno l’approccio innovativo di New Thought: tutto ciò che parte dalla nostra mente arriva direttamente al cuore del nostro cane.

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Giovedì 12 marzo a Verona si è tenuta la seconda serata promossa da New Thought per approfondire la conoscenza dei nostri “migliori amici”. Ne fa il resoconto Diana Lanciotti, fondatrice del Fondo Amici di Paco, che condivide con New Thought il progetto di abbattere le barriere dell’incomprensione, cause principali dell’abbandono, e che, come esperta di comunicazione, con il concetto “Dalla mente al cuore” ha sintetizzato e rappresentato in pieno l’approccio innovativo di New Thought: tutto ciò che parte dalla nostra mente arriva direttamente al cuore del nostro cane.

Di nuovo sala piena, giovedì sera, allo Spazio Accademia di Verona per la seconda parte della conferenza “Dalla mente al cuore – La comprensione tra uomo e cane” organizzata da New Thought, il centro di educazione cinofila di Demis Benedetti, in collaborazione con l’Accademia Vibrazionale di REI-SHEN-KI.
E, di nuovo, tocca a me farne il resoconto, perché c’ero, perché ci credo, perché condivido ciò che Demis Benedetti e il suo team stanno facendo per avvicinare sempre di più il mondo umano a quello canino.
Qualcuno penserà che mi sia venuta la fissa dell’educazione cinofila e stia trascurando i temi del randagismo e dell’abbandono. Ma non è affatto vero. Anzi: da quando ho scoperto (anche sulla mia pelle e… il pelo del mio cane… ma dopo vi spiegherò come) che una delle cause più tristemente frequenti dell’abbandono è proprio la nostra incapacità di gestire i nostri cani, e che quest’incapacità deriva il più delle volte non da problemi insiti nei nostri cani ma da una mancanza di comprensione tra noi e loro, be’… mi sono dedicata a capire che cosa si può fare per abbattere le barriere che impediscono a noi e ai nostri cani di comunicare in modo corretto e vivere… felici e contenti. Insieme, appassionatamente.
Ma passiamo alla cronaca della serata.
Demis Benedetti, educatore ENCI e titolare di New Thought, ha esordito spiegando l’importanza di scegliere il cane in base alle caratteristiche caratteriali e attitudinali, non morfologiche. Conoscere e rispettare le sue qualità naturali (genetiche e di razza) è alla base di un rapporto sereno. Rapporto che deve basarsi sul rispetto reciproco, concetto che Demis mette sempre al disopra di tutto il resto.
«Convivere con il nostro cane deve essere un piacere, non un sacrificio Quando scegliamo un cane dobbiamo avere in mente il tipo di vita che potremo fare insieme a lui. Se quando torniamo a casa dal lavoro siamo troppo stanchi per assecondare la sua voglia di compagnia, di movimento e di gioco, se non riusciamo a trovare gli spazi e i tempi giusti da dedicargli, dobbiamo rinunciare ad avere un cane. È sbagliato umanizzarlo, perché vuol dire privarlo della sua vera Natura. E se lo umanizziamo, non lo rispettiamo. E se noi non lo rispettiamo, come possiamo pretendere che lui ci rispetti?»
Un cane snaturato, ha spiegato ancora Demis, è un cane che può andare incontro a disturbi del comportamento, quali iperattività (anche distruttiva), o al contrario apatia, aggressività o paura (che a volte sono collegate).
In alcuni casi anche a malattie da stress, come ha rimarcato Eleonora Beccarelli, direttore dell’Accademia Vibrazionale REI-SHEN-KI: dermatiti, intolleranze alimentari, addirittura epilessia. Eleonora è poi passata a sottolineare quanto l’espressione “Vita da cani” abbia connotazioni negative solo dal nostro puto di vista.
«In realtà il cane che vive “da cane” è un cane felice.»
«È nostro dovere», ha spiegato poi Demis, «capire i veri bisogni del cane in base alle sue caratteristiche psicofisiche. Il cane ha bisogno di avere al suo fianco un leader, una persona che sia un punto di riferimento coerente e rassicurante.» Attenzione, però a non confondere tra leader e boss. «Leader è colui che si propone con autorevolezza e credibilità. Boss è colui che si impone con la forza, ma non necessariamente è una persona forte e autorevole.»
Sia gli interventi di Demis che di Eleonora sono stati prevalentemente incentrati sull’equilibrio personale, come base dell’equilibrio del rapporto uomo-cane. Se in noi manca un buon equilibrio psicofisico, sarà difficile che il rapporto con il nostro cane sia equilibrato.
Insomma, il nostro cane è il nostro specchio, e riflette il nostro mondo interiore.
«Il cane percepisce esattamente tutte le nostre sensazioni interiori, che si manifestano anche attraverso segnali olfattivi, oltre che i gesti e la mimica facciale», ha spiegato Eleonora.
Demis è poi tornato a sottolineare la necessità della chiarezza e dell’incisività nella comunicazione.
«Il linguaggio del corpo è molto più facile e immediato da capire di quello parlato, per il nostro cane. Una parola in più nella comunicazione con lui diventa una parola di troppo. Ancor più se è una parola ripetuta.»
Per chiarire questo concetto, Demis ha voluto fare un esperimento coinvolgendo il pubblico.
«Vi chiedo di fingere di essere un cane. E adesso vi darò un comando: alzatevi in piedi!»
Il pubblico è stato volentieri al gioco e si è alzato.
«ALZATEVI IN PIEDI!» ha ripetuto Demis. I presenti si sono guardati tra di loro perplessi: erano già tutti in piedi!
«ALZATEVI IN PIEDI!» ha continuato a ripetere Demis che, tra il divertimento e l’ilarità generale, è riuscito a dimostrare in modo efficace quanto sia sbagliato ripetere i comandi al nostro cane, come purtroppo facciamo di frequente. Ripetere un comando non fa altro che ingenerargli confusione, rendere difficoltosa la comunicazione e… farlo dubitare delle nostre facoltà mentali!
Quindi chiarezza, sintesi, coerenza. Poche ciance, insomma, ma tanta attenzione a ciò che gli stiamo realmente comunicando: col corpo, con la mente, con la parola.
Per quanto riguarda i feedback che dobbiamo dare al cane in seguito a un suo comportamento, Demis ha spiegato l’importanza dell’immediatezza: il nostro rinforzo (positivo o negativo che sia) deve seguire immediatamente all’azione commessa dal cane.
«Non devono trascorrere più di 5 secondi (meglio sarebbe zero secondi…) tra la sua azione e il nostro rinforzo, altrimenti il cane non sarà in grado di percepire la correlazione tra il suo comportamento e la nostra reazione.»
Immediatezza e contestualità del rinforzo sono fondamentali per fissare o, al contrario, scoraggiare un determinato comportamento.
Demis ha quindi illustrato la differenza tra rinforzo positivo e rinforzo negativo, analizzando i nostri stati d’animo che li accompagnano.
«Quando al nostro cane diamo un rinforzo positivo (una lode, una carezza, un premio), ci sentiamo felici. Quando gli diamo un rinforzo negativo (una sgridata, una correzione), spesso ci poniamo in uno stato d’animo negativo, che va dal dispiacere fino alla vera e propria rabbia.» Dobbiamo invece evitare di trasmettere ai cani i nostri stati d’animo negativi. «È molto importante imparare a gestire le nostre emozioni e mantenerci concentrati sul presente per essere in sintonia col nostro cane, per il quale l’unica dimensione che conta è quella presente.»
Su questo punto, Eleonora è intervenuta spiegando quanto le risposte emozionali agli stimoli esterni e interni siano quelle che “creano” la nostra realtà. La nostra realtà è costruita, cioè, dalle nostre emozioni.
La serata si è conclusa con le domande dei partecipanti e la proiezione di un filmato che illustra i mille volti del cane, cioè i tanti modi in cui il cane sa essere utile all’uomo: per il salvataggio in acqua, la ricerca sotto le macerie, la guida per i ciechi, la condotta delle greggi, la difesa personale.

Anche quello del 12 marzo si è rivelato un incontro molto interessante, ricco di spunti di riflessione: punti da cui partire (o ripartire) per creare un buon rapporto con i propri migliori amici. Con l’obiettivo di diventare, noi, i loro migliori amici.
Ancora una volta Demis Benedetti ha parlato con la chiarezza e la concretezza che gli derivano da trent’anni di lavoro sul campo, secondo un approccio che va “dalla mente al cuore”: quel ritorno a una comunicazione semplice, diretta, efficace, senza fumo negli occhi, senza paroloni e concetti astrusi da incantatori di serpenti, come a volte succede nel campo della cinofilia, dove siamo ancora a uno stadio di approssimazione e improvvisazione pericoloso. Pericoloso perché certi pseudoesperti rischiano di fare danni alzando un velo di nebbia intorno alla questione del rapporto tra uomo e cane, finendo per snaturarlo e privarlo della spontaneità e della naturalezza che dovrebbero connotarlo, senza le quali si rischia di non capirsi e gettare la spugna alle prime difficoltà. Fino a decidere di spezzare per sempre l’amicizia con il nostro cane.
Io stessa, come accennavo prima, poco più di un anno fa sono stata a un passo dal… disfarmi del mio cane. Ma come, direte: la fondatrice del Fondo Amici di Paco (quella che da 18 anni la mena in tutti i modi che i cani non vanno abbandonati) che abbandona il proprio cane? No, tranquilli, non farei mai una cosa del genere, non commetterei mai un atto così crudele e disumano, non mi macchierei mai di un delitto tanto atroce. Semplicemente (si fa per dire, perché di semplice in questa faccenda non c’è stato niente) è successo che a un certo punto il rapporto col mio cane ha avuto un intoppo, anzi una serie di intoppi, e sembrava arrivato al capolinea. Lui si comportava in modo strano, indecifrabile (posso dire che è il primo cane della mia vita con il quale ho faticato a entrare in sintonia); io non riuscivo a gestirlo, ero sempre più tesa, confusa.
Mi ero rivolta a una scuola “gentilista” e dopo un bel po’ di tempo passato senza venirne a capo mi ero sentita dire: “Ti sei presa un cagnone.” Come se non ci fosse speranza di cambiare la situazione, come se dovessi rassegnarrmi a… farmi mettere le zampe in testa dal mio cane.
Ero tesa, ogni uscita con lui diventava uno strazio, con me che me ne stavo attaccata al guinzaglio come una piovra e, attraverso il guinzaglio, trasmettevo tutta la mia tensione a lui che, quindi, era sempre teso, in allerta, sul piede di guerra. Colpa mia, me ne rendevo conto. Ma non riuscivo a uscire da quello stato di paura. Una cosa orribile, mai provata prima con un cane, mio o di chiunque altro. Certo, lui non è un cagnolino tutto “sì-mamma-dimmi-cosa-vuoi-da-me-che-io-lo-faccio-per-te”, però non è neanche quel mostro che qualcuno mi aveva portata a credere. Anzi.
Ormai la situazione era diventata insostenibile, il rapporto si stava guastando in modo che pareva irreparabile. Finché successe un fatto, la classica goccia che fa traboccare il vaso: lui in Sardegna mi strappò il guinzaglio per correre dietro a un cinghiale, e non ci fu verso di farlo tornare chiamandolo… Tornò dopo mezz’ora, e mi trovò in uno stato di “grave alterazione”, per usare un eufemismo. Avevo trascorso quella mezz’ora immaginando la sua pancia squartata dalle zanne del cinghiale.
Lo riportai a casa arrabbiatissima e, dopo aver pianto per un’ora buona, telefonai al dottor Dalzovo, il nostro veterinario: «Dottore, deve aiutarmi a trovargli una famiglia: così non si può andare avanti. Va a finire che lui rovina la vita a me e io la rovino a lui.»
Il dottore mi conosceva da 23 anni e conosceva perciò la mia malattia cronica: l’amore devastante e irriducibile per gli animali, un male incurabile che più passa il tempo più progredisce. Non c’è cura. E lui lo sapeva bene. Non so quanto, perciò, abbia preso sul serio la mia richiesta. Fatto sta che mi diede un consiglio: «Quando torna, provi ad andare da Demis Benedetti: ha risolto molti casi difficili.»
Niente giri di parole, ma una delle tipiche frasi lapidarie del dottor Dalzovo, come quando nel 1992 mi disse: «Vada al canile: ci sono tanti cani che cercano una famiglia.» E fu così che arrivò Paco, che ci aprì gli occhi e la mente sul fenomeno del randagismo, cambiandoci la vita (a noi ma anche a tanti altri cani e a tante altre persone…)
O come quando, dopo aver visitato Joy, a cui era stato diagnosticata una grave (e per qualcuno letale) malformazione all’esofago per cui tutti mi sconsigliavano di prenderlo, mi disse: «Se non lo prende lei, per me non se la cava», convincendomi a portarmi a casa uno dei cani più straordinari che abbia mai conosciuto, uno dei grandi amori della mia vita.
Frasi che sembrerebbero gettate lì, ma che hanno avuto il potere di cambiarmi la vita. Ed è stato così anche questa volta.
L’incontro con il centro di Demis Benedetti è stato una svolta, mi ha aperto gli occhi su una realtà e un’opportunità. Mi spiego: se io, che amo così visceralmente e svisceratamente gli animali, di fronte a un problema che non riuscivo a risolvere sono arrivata alla decisione (disperata e devastante) di rinunciare al mio cane, a quante altre persone può succedere?
E allora mi sono resa conto che, davvero, il confine tra l’abbandono e il non abbandono può essere labile. Se è capitato a me di pensare a una scelta così dolorosa (nel mio caso non di abbandono, ma in ogni caso di rinuncia), a quante persone meno motivate, meno “malate” d’amore per gli animali, può succedere di arrivare a dire: “BASTA, le nostre strade da oggi si dividono”?
Ecco, ecco perché mi è venuta questa “fissa” dell’educazione cinofila. Definizione comunque riduttiva di tutto un modo di pensare e agire nei riguardi dei nostri cani, e anche di noi stessi.
Ero assolutamente consapevole di essere io la causa dell’incomprensione tra me e il mio cane, di essere io la causa principale dei suoi sbagli, e a Demis ho chiesto una mano per riannodare un rapporto che si era logorato e guastato. Mi sono rimessa in discussione e ora posso dire di aver riconquistato la fiducia, la comprensione e, perché no, l’amore tra me e il mio “cagnone”. Ho ritrovato la strada che avevo smarrito. Ho ritrovato me stessa e il mio grande e incrollabile amore per gli animali, tutti: anche quelli capatosta come il mio cane.
Sotto la guida di Demis abbiamo costruito un percorso individuale, perché il rapporto tra me e il mio cane non è paragonabile al rapporto di nessun’altra persona con il suo cane. Abbiamo lavorato insieme sul problema, analizzandolo da varie angolazioni, fino ad arrivare al cuore. Passando per la mente.
Poi un giorno ho rivolto a Demis la fatidica domanda che da tempo mi frullava nella testa, ma non avevo il coraggio di fare: «Secondo te, che cosa prova per me il mio cane?»
Lui ha risposto immediatamente: «Rispetto.»
Al momento sono rimasta delusa. Avrei preferito che mi rispondesse: «Amore. Un grandissimo amore.»
Per me era quella la base di tutto. E invece, andando avanti, mi sono resa conto che l’amore non basta, e che un rapporto corretto, equilibrato e felice deve innanzitutto basarsi sul rispetto. Rispetto che non ha nulla a che vedere con il timore o la sottomissione. Anzi: amore e rispetto sono intimamente collegati. Se non c’è rispetto (per il nostro cane e le sue “qualità naturali”) non c’è amore.
Ottenere rispetto dal nostro cane significa saper occupare, nel suo cuore e nella sua mente, il ruolo che lui vuole darci: essere la sua guida in questa vita, così diversa oggi da com’era agli inizi del sodalizio tra uomo e cane, che gli chiede spesso di rinunciare alle sue prerogative squisitamente canine per calarsi in una realtà molto lontana dalla sua natura. Ecco, allora, che noi dobbiamo essere per lui una guida coerente, rassicurante, un punto di riferimento a cui dare la sua piena fiducia, il suo rispetto e (questo viene da sé)… il suo amore!
Quando si entra nel mondo di New Thought si impara l’importanza del rispetto sopra a qualunque altra cosa. Al New Thought non c’è nulla di preconfezionato, nulla di standardizzato. Quello che conta, e che è al centro di tutto, è l’individuo uomo e l’individuo cane. Non si va in campo in dieci persone e relativi cani a fare esercizi ripetitivi (di cui a volte è poco chiara l’utilità), ma si va soli con il proprio cane e si affronta con concretezza la questione, andando al nocciolo del problema, qualunque sia.
E alla fine non si dice più “BASTA”, ma si dice e si pensa: “OK, ANDIAMO AVANTI”. Più uniti e amici di prima, con la voglia di stare insieme: perché stare insieme, noi col nostro cane, è finalmente bello e appagante.

Per finire: il prossimo appuntamento con Demis Benedetti e il suo team è presso il centro New Thought il 23 e il 24 maggio, con il passaggio dalla teoria alla pratica: dimostrazioni dal vivo di educazione cinofila e tecniche di comunicazione.
Ah, magari vi interessa: ci sarò anch’io, con la mia macchina fotografica, per fotografare i vostri cani. Se volete un ritratto del vostro cane, prenotatevi per tempo (trovate tutte le informazioni sul sito del Fondo Amici di Paco: http://www.amicidipaco.it).
Vi aspettiamo!

Diana Lanciotti

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