I nostri migliori amici

Ancora da un veterinario

Salve signora Lanciotti, sono (sarei tentato di aggiungere purtroppo) un veterinario di quelli che penso Lei non ami particolarmente e cioè di quei veterinari che sono prima dei Medici e poi dei “baciatori” di cani che inevitabilmente diventano “leccatori” di proprietari “baciatori” di cani. Al contrario della Collega di Napoli che Lei ha redarguito così duramente nel n° 31, io leggo con molta attenzione la Sua rivista che mi viene recapitata in ambulatorio, per cercare di capire il punto di vista di coloro (Lei compresa) che io definisco “emotivi”, cioè di coloro che non riescono a vivere con il necessario distacco la Vita e quindi anche la malattia dei loro animali, umanizzando troppo i loro comportamenti. Per esempio: ha pensato cosa voleva dire realmente il Suo (anzi Nostro se posso permettermi) amato Paco quando Le ha mostrato i denti allorché l’ha vista arrivare per l’ennesima volta col termometro in mano destinato ad insinuarsi in una parte del suo corpo della quale è legittimamente geloso? Quante volte le ha misurato la febbre in quei terribili quattro giorni di malattia? Quello di Paco era forse un sorriso di ringraziamento per l’assistenza che le ha offerto per la durata della malattia? Non credo. Vede: i cani e tutti gli animali in genere hanno un modo molto diverso e molto più dignitoso di noi umani di vivere la malattia; loro soffrono e stanno zitti non vogliono tanta gente intorno, tendono spesso ad isolarsi anche dai loro simili non perché sanno che solo così potranno guarire ma perché non sanno cosa è la malattia, non conoscono il concetto di malattia né quello di guarigione ma rispondono ad un modello comportamentale dettato da millenni di selezione naturale. Ora, se qualche Collega Le fa presente, forse con toni un pò accesi lo ammetto (ma non più dei Suoi usati nella sua risposta da pontificatrice) che degli argomenti inerenti la Medicina Veterinaria è bene lasciare parlare i Medici Veterinari non si deve adirare perché è la verità. Un esempio? Sempre rimanendo nell’argomento piroplasmosi di Boris e Paco e facendo esplicito riferimento alla sua mail pubblicata sul giornale (Ma che bei compleanni……..) c’è una grossa imprecisione nelle sue parole allorché scrive che i prodotti antiparassitari usati contro le zecche sono efficaci solo quando le zecche assumono il loro “pasto di sangue” (colorita immagine del gergo dei veterinari per definire l’azione di attaccarsi, mordere e succhiare sangue) e con esso la sostanza antiparassitaria. Senza stare a dissertare la patogenesi delle patologie trasmesse da zecche deve sapere che i prodotti antipulci e antizecche hanno non solo un’azione abbattente per contatto ma anche un’azione REPELLENTE nei confronti di pulci, zecche e, adesso, pure zanzare. Probabilmente quindi i Suoi cani si sono ammalati perché non ha correttamente usato l’antiparassitario e non per colpa dell’antiparassitario. Vede, anche questo è un comportamento tipico degli “emotivi”: accollare le colpe agli altri e non a se stessi. Una volta la colpa è del Veterinario che alle 3 di notte non si è precipitato a visitarmi il cagnolino malato da tre giorni ma anzi mi ha mandato a quel paese!….. un’altra volta la colpa è di quella maestra o di quel professore che si è permesso di sgridare o di riprendere quell’angioletto del mio figliolo che a scuola è tanto buono, è tanto bravo e mai e poi mai potrebbe aver fatto quello che dicono abbia fatto……..
Bene, adesso la saluto e continuerò ancora a leggere la Sua rivista (se continuerò a riceverla!) ma la prego, a noi Veterinari troppo Medici e poco animal-lecchisti ci capisca e non ci tratti da insensibili: io la notte precedente un intervento chirurgico dormo con difficoltà al pensiero che la vita di un essere vivente l’indomani sarà nelle mie mani e, mi creda, sono profondamente dispiaciuto quando devo porre fine alle sofferenze di un cane o un gatto con un’iniezione letale, ogni volta qualche goccia di quel veleno è come se penetrasse anche nel mio sangue. Abbiamo solo una diversa sensibilità, meno “emotiva” e più “professionale”.
Con sincera simpatia
Luca V.

Gentile dottore, La ringrazio per la Sua simpatica mail. Poiché l’ho letta alle undici di sera al termine di una pesante giornata di lavoro, devo dire che mi ha aiutato a distrarmi dalle pesantezze lavorative odierne. Non ho però capito una cosa. L’emotività è una colpa, un difetto? Mi scusi, ma non la ritengo tale. Per quanto riguarda la mia risposta alla dottoressa di Napoli, penso, visto il tono che la signora ha usato senza che ci conoscessimo e quindi io lo meritassi, di essere stata anche troppo gentile. Certe cose basterebbe dirle col sorriso, e anche le verità più pesanti potrebbero essere accettate. Invece quando si attacca (immotivatamente, tra l’altro) si rischiano solo rispostacce.
Devo però dissentire con Lei quando mi rimprovera di trattare argomenti veterinari senza cognizione di causa. Ho la fortuna di poter contare da 15 anni su un veterinario al quale ogni giorno farei un monumento e con il quale ho instaurato un rapporto di grandissima fiducia, credo reciproca: una persona che possiamo considerare un amico di famiglia, che sa quanta passione io abbia e quanto io ami approfondire le tematiche legate alla salute dei miei animali e mi spiega sempre per filo e per segno cause ed effetti, sapendo che sono in grado di capire, in quanto ho la fortuna di avere un padre medico (e che medico!). Anche se le sembrerò immodesta, posso dire di essere piuttosto addentro alle questioni, appunto, mediche: prima per nascita e vita vissuta, poi per personale passione. Mai mi sognerei di parlare a vanvera di cose sotto l’impulso dell’emotività. Sono ben conscia del potere che la rivista che dirigo può esercitare (12.000/15.000 copie a numero) e sento di avere una responsabilità verso i miei lettori/sostenitori. Ho inoltre la fortuna di avere per amici veterinari con i quali discuto molto spesso di questioni mediche e, guardi un po’, ho la presunzione di capirci qualcosa. Perciò non mi dia della sprovveduta, gentile dottore, visto che non la sono!
Se Lei legge con attenzione la rivista, avrà notato che in tutti questi anni non ho mai criticato la categoria dei veterinari, anche perché non ne avrei motivo. Ho sempre avuto (salvo rari casi, ma fa parte delle cose della vita) esperienze più che positive con i veterinari e le rare volte in cui mi è capitato di pubblicare lettere in cui un lettore addebitava colpe a un veterinario ho sempre cercato, credo con equilibrio, di far capire che, anche se è facile, non è giusto prendersela con chi in teoria ha in mano le sorti della salute dei nostri animali. Quindi, mi scusi, ma non mi rispecchio proprio nel ritratto che Lei fa di una persona che scaricherebbe le responsabilità sugli altri. Certo, trovo divertente il quadretto che Lei dipinge, peccato che non dipinga me, una che in tutta la sua vita non si è mai sottratta alle PROPRIE responsabilità.
In quanto all’uso… improprio degli antiparassitari, credo di essere abbastanza preparata e se un veterinario mi consiglia il tale o talaltro prodotto e poi mi dice che in effetti le proprietà repellenti non si esercitano contro le zecche non ho motivo di non credergli. Tra l’altro basta leggere i foglietti illustrativi, che recitano testualmente: “Poiché il prodotto nei confronti delle zecche non ha un’azione repellente classica, è possibile osservare la presenza di zecche anche dopo l’applicazione del collare. I parassiti muoiono una volta esposti al principio attivo presente sul cane.” E quindi, esattamente al contrario di quanto Lei afferma (non voglio credere che non abbia letto quelli che in gergo medico si chiamano bugiardini…), le zecche possono pungere il cane NONOSTANTE il prodotto, e se una di queste è portatrice di Babesia Canis succede quello che è successo ai miei cani. Vede, dottore, il fatto è che io m’informo e mi rivolgo a professionisti informati, visto che ho a cuore (già, ha letto bene: A CUORE) la salute dei miei ADORATI cani e gatti.
In ogni caso non ho dato la colpa agli antiparassitari (legga con attenzione: ho solo riferito un dato di fatto), ma a quel disgraziato di un pastore che, contravvenendo a un’ordinanza comunale, ha infestato i terreni confinanti con la mia abitazione.
Infine. Per quanto riguarda Paco e la sua reazione al termometro, mi crede, oltre che emotiva, così cretina da non capire che cosa significasse?
Mi dispiace deluderla, ma Paco, sia durante la malattia che dopo, mi è rimasto sempre incollato e non ha mai manifestato il desiderio di isolarsi; anzi, è diventato una presenza addirittura ingombrante. Lui, cane di solito indipendente, ora sembra pendere dalle nostre labbra! Mi dica: chi è che pontifica ora? Quelli che dicono “i cani e tutti gli animali fanno così”, oppure quelli che, umilmente, sanno che ogni cane risponde a regole della specie solo in linea di massima, ma poi ha un suo proprio modo di comportarsi ed esprimersi?
Un’ultima domanda: mi ha mai sentita dare dell’insensibile a un veterinario? Ci pensi, e se trova una sola frase da me scritta che lo lasci pensare sono pronta a fare ammenda.
Non so, non capisco, sinceramente. Sembra che Lei avesse un sassolino nella scarpa, ma abbia scelto l’occasione e forse la persona sbagliate per toglierselo. Se però la cosa l’ha aiutata a stare meglio, sono contenta di aver contribuito.
Buonanotte e tante cordialità

Diana Lanciotti

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