I nostri migliori amici

Il taglio delle orecchie

Gentilissima Diana, sono un veterinario che da più di quarant’anni svolge la professione solo con animali d’affezione e ricevo regolarmente la vostra  rivista che come vede leggo attentamente. Non posso non fare a meno di fare delle considerazioni su quanto è stato scritto sul Dogo Argentino e le razze pericolose.
Mi sembra che spesso un certo tipo di allevatori contraddicano se stessi se dicono che non vogliono “dare  un’impressione di aggressività della razza” e vogliono destinare i loro cani a persone che non li amino per il loro aspetto aggressivo, e poi tagliano loro le orecchie. Tutti i cani che compaiono nelle foto degli album dei siti di questi allevamenti hanno le orecchie tagliate (alcuni sono molto giovani quindi abbondantemente entro la data del divieto di taglio ), il logo stesso di alcuni allevamenti presenta un’immagine con le orecchie tagliate, anche quelli che vengono presentati in posizione di foto con le orecchie lunghe spesso vengono tirate su ad arte per dare un aspetto più aggressivo e non mi vengano a dire che hanno tutti avuto delle lesioni alle orecchie per cui è stato necessario il taglio. Lo sanno tutti come e da dove vengono i certificati; ma ammettiamo che sia vero, non è che si fa una bella figura con tutte queste “lesioni” per quanto riguarda l’aggressività dei soggetti!
Mi diceva avvilito qualche tempo fa un mio caro amico famoso giudice di Esposizioni che era indignato ma a rigore di regolamento non poteva fare nulla, perché nel giudicare i dogo argentini si sono presentati 8 soggetti giovani, di vari allevamenti, tutti con il loro certificatino!!!   Quindi non mi vengano a raccontare che tagliando le orecchie non vogliono far apprezzare il loro aspetto più aggressivo ed il target più “macho” degli acquirenti!
Cari saluti

Massimo Buzzanca

(clicca su “continua” per leggere la risposta di Diana)

Gentile dottor Buzzanca, la ringrazio per averci fatto notare la discrepanza tra l’immagine che alcuni allevatori vorrebbero (e dovrebbero) dare dei loro cani e quella che effettivamente, magari senza essere in  malafede, danno. Grazie alla sua segnalazione ho fatto un giro tra i siti e le pagine facebook di alcuni allevatori e ho notato, soprattutto nel logo ma anche in certe foto, diverse immagini di cani con le orecchie amputate. Tra l’altro trovo che molti cani, con le orecchie integre, abbiano migliorato il loro aspetto. I Dogo Argentino, ad esempio, ma anche i Dobermann, i Boxer, i Rottweiler, tutti cani condannati in nome di una malintesa estetica a ostentare un’aria truce che per fortuna in rari casi concide con la reale indole. E se e quando coincide è colpa dell’uomo che ci ha malauguratamente messo lo zampino per esasperare l’aggressività dei soggetti e rispondere alle richieste di una clientela che, anziché accontentata e incoraggiata, andrebbe presa a calci nel didietro e spedita al Polo Nord a rinfrescarsi le idee.
“Ma ce li chiedono”, dice qualcuno, e piuttosto che perdere il cliente lo accontenta. Ennò, se quel cliente lo perdete, fate solo un grande regalo a voi e alla cinofilia, oltre che alla sicurezza dei cittadini, perché l’abbinata padrone-macho e cane-truce è quanto di peggio ci possa  essere in circolazione.
Nel libro Boris, professione angelo custode, ricordo che quando scelsi Boris, lo scelsi proprio perché, pur essendo un cane di taglia gigante, il Leonberger ha un carattere equilibrato, tutt’altro che aggressivo. E quando Boris crebbe e mi fermavano per strada chiedendomi speranzosi se oltre che bello fosse “cattivo” (qualcuno arrivava a chiedermi addirittura se fosse “feroce”), rispondevo: “No, è buonissimo e soprattutto molto equilibrato.” E vedendoli andar via delusi dal fatto che a tanta mole non corrispondesse altrettanta aggressività (mi sembrava di leggere sulle loro teste il fumetto “Ma a che cosa serve un cane grande se non è cattivo?”) pregavo dentro di me che persone del genere non decidessero mai di prendere un cane.
Sempre nel libro di Boris, ho ricordato le telefonate con Lucia, l’allevatrice, e le risate miste ad arrabbiature quando mi raccontava le richieste di chi la chiamava per comprare un cane e, sentendole dire che il Leonberger non è un cane cattivo, sbatteva giù il telefono brontolando.
«Io voglio un cane grande, bello, che fa paura e che lo metto in giardino e tutti i vicini me lo invidiano», le disse una volta un potenziale cliente.
«Si prenda una statua», gli rispose Lucia. «Le costa meno.»
«Da me starà bene», le disse un altro. «Gli lascio una catena lunga dieci metri, così può muoversi quanto vuole. L’importante è che mi faccia la guardia. La fa, vero?»
«No, guardi, per quell’uso le conviene prendersi un leone. O una guardia giurata», fu la risposta di Lucia.
Un allevatore serio si comporta come Lucia. Non c’è scusa che tenga: se si vuole salvaguardare la salute psicofisica dei cani, non si può cedere alle richieste del mercato (o in certi casi addirittura condizionarle o favorirle).
Come ho scritto recentemente nel mio libro L’esperta dei cani: “Chi alleva cani di razza ha una grande responsabilità, che è quella di salvaguardare l’integrità della razza stessa e di mantenerne intatte le caratteristiche psicofisiche. Agli allevatori, a certi allevatori, imputo la colpa di non essere capaci di coalizzarsi per far cambiare standard che sono assurdamente crudeli o di prestarsi comunque a un gioco al massacro condotto per esasperare in modo atroce e a volte caricaturale certe caratteristiche delle razze. Ad alcuni imputo anche la colpa di non essere chiari con i compratori e, pur di vendere, di non informarli esaurientemente circa le caratteristiche di una determinata razza e arrivare, se è il caso, a sconsigliarne l’acquisto a chi non si rivela adatto a convivere con un certo tipo di cane.”
A quelli che mi ha segnalato lei, imputo la colpa di non essere chiari o coerenti con ciò che affermano e ciò che invece mostrano o fanno.
La ringrazio perciò per avermi segnalato queste situazioni che spero si estinguano, grazie all’attenzione che persone come lei mantengono viva. Anzi, lo sa? Mi ha dato l’idea per una campagna di sensibilizzazione. Mi ci faccia riflettere.
Facciamo sì che avere un cane con le orecchie amputate diventi riprovevole e “fuori moda” per tutti. Anche per coloro che faranno fatica a capirlo.
Cordialmente

Diana Lanciotti

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