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Diritti umani negati a Cuba

Ricevo da Amnesty International questo comunicato stampa sulla situazione dei diritti umani a Cuba. Non aggiungo commenti, se non che manderei là per un paio di mesi, ospiti del buon Fidel, coloro che denunciano una condizione di “dittatura” qui da noi, in Italia.

La limitazione della libertà di espressione, di associazione e di riunione è una grave violazione dei diritti umani che deve cessare immediatamente: è quanto afferma Amnesty International in un nuovo rapporto sui prigionieri di coscienza a Cuba, diffuso in occasione del secondo anniversario del giro di vite contro il dissenso del marzo 2003.
Secondo Amnesty International, sono 71 i prigionieri di coscienza attualmente in carcere per aver espresso in modo pacifico le proprie idee e convinzioni. L’organizzazione per i diritti umani chiede al governo dell’Avana il loro rilascio immediato e incondizionato.
A Cuba l’esercizio della libertà di espressione è un crimine. I "reati" comprendono lo svolgimento di attività in favore dei diritti umani, la pubblicazione di articoli, la concessione di interviste a organi d’informazione considerati critici nei confronti del governo, il contatto con funzionari statunitensi presenti sull’isola o i rapporti con la comunità cubana in esilio.
"Per finire in carcere per mesi o anche anni, è sufficiente essere in disaccordo con le autorità" – ha dichiarato Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International. L’organizzazione ha ricevuto denunce relative ad almeno quattro casi di maltrattamenti ai danni di detenuti da parte dei secondini, talvolta come vendetta nei confronti di chi aveva denunciato le proprie condizioni di prigionia, lo scarso accesso alle cure mediche e le limitazioni ai contatti col mondo esterno.
Juan Carlos Herrera Acosta, che sta scontando una condanna a 20 anni nella prigione Kilo 8 (provincia di Camaguey), è stato picchiato il 13 ottobre 2004 da un gruppo di guardie. Per protesta ha iniziato uno sciopero della fame.
Amnesty International non è a conoscenza di alcuna inchiesta su questo e altri casi analoghi. L’organizzazione per i diritti umani chiede al governo cubano di avviare indagini imparziali e indipendenti su tutte le denunce di maltrattamenti ad opera del personale carcerario.
Nel corso del 2004 almeno nove prigionieri sarebbero stati tenuti in celle di punizione per periodi di due-quattro mesi. Queste celle sono assai piccole (due metri per uno) e sono prive di suppellettili e luce naturale. I prigionieri non ricevono cure mediche o acqua potabile ed è vietato loro uscire dalle celle, ricevere visite o fare esercizio fisico; talvolta non possono lavare i vestiti o avere lenzuola pulite. Queste condizioni costituiscono un trattamento crudele, inumano e degradante.
Normando Hernandez Gonzales è stato tenuto in cella di punizione per quattro mesi per aver portato avanti uno sciopero della fame di 17 giorni in protesta contro il suo trasferimento alla prigione Kilo 51/2 insieme a criminali comuni.
Ad alcuni prigionieri di coscienza e ai loro familiari sono state negate le visite, le telefonate e la corrispondenza per periodi imprecisati di tempo poiché questi ultimi avevano denunciato alla stampa internazionale o alle organizzazioni per i diritti umani il trattamento dei propri parenti reclusi.
Nel corso del 2004 e nei primi mesi del 2005 sono stati rilasciati 19 prigionieri di coscienza; 14 di essi hanno ottenuto il "rilascio condizionale", che consente di scontare fuori dal carcere, per motivi di salute, il resto della condanna ma sotto la minaccia di poter essere nuovamente imprigionati.
Amnesty International rinnova le seguenti richieste al governo cubano:
– ordinare l’immediato e incondizionato rilascio di tutti i prigionieri di coscienza;
– garantire un’inchiesta indipendente e imparziale sulle denunce di maltrattamenti ad opera del personale carcerario, disponendo la sospensione dal servizio degli indagati e portando in giudizio i responsabili;
– sospendere la Legge 88 e tutte le altre norme che consentono la detenzione dei cittadini cubani attraverso la limitazione illegale dell’esercizio delle loro libertà fondamentali
– rispettare gli standard internazionali sui diritti umani relativi al trattamento dei detenuti;
– ratificare il Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.
Amnesty International ritiene che l’embargo unilaterale degli Usa contro Cuba contribuisca a minacciare i diritti civili e politici fondamentali sull’isola. Per questa ragione, Amnesty International chiede che sia tolto immediatamente. L’organizzazione sollecita le autorità cubane a cessare di usare l’embargo come pretesto per violare i diritti umani dei propri cittadini. La maggior parte dei dissidenti arrestati nel corso del giro di vite del 2003 è stata condannata a lunghi periodi di carcere, stabiliti dall’art. 91 del codice penale e dalla Legge 88. L’art. 91 prevede pene da 10 a 20 anni o anche la fucilazione nei confronti di chi "nell’interesse di una nazione straniera, svolge attività il cui fine è di danneggiare l’indipendenza dello Stato cubano o la sua integrità territoriale". La Legge 88 prevede dure pene detentive per chi è giudicato colpevole di sostenere le politiche statunitensi su Cuba con l’obiettivo di "pregiudicare l’ordine interno, destabilizzare il paese e distruggere lo Stato socialista e l’indipendenza di Cuba".
FINE DEL COMUNICATO Roma, 18 marzo 2005
Il rapporto "Cuba: prigionieri di coscienza. In 71 ad aspettare la libertà", è disponibile in lingua inglese all’indirizzo: http://web.amnesty.org/library/index/ENGAMR250022005

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