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Universitari e accademici contro il greenpass

Diverse decine di docenti, ricercatori e tecnici universitari hanno scritto una lettera aperta al Presidente del Consiglio contro il greenpass. Una lettera dettagliatissima, che considero una delle disamine più approfondite ed esaurienti sull’infausta combinazione tra la politica e un manipolo di virostar, che ha dato origine a una sequela infinita di errori e creato odio e discriminazione sociale.

Nel testo, che leggete integralmente a fondo pagina, si osserva che sulla base dell’osservazione dei dati epidemiologici la misura dell’obbligo vaccinale è ingiustificata.

 

 

 

Considerati questi dati epidemiologici essenziali, l’obbligo vaccinale per gli over 50, o per particolari categorie di lavoratori, appare una misura di cui si fatica a comprendere la reale necessità. Riteniamo ovviamente necessario mantenere alta l’attenzione nei confronti del Covid-19, ma allo stesso tempo non possiamo ignorare che il vaccino non sembra costituire lo strumento risolutivo dell’emergenza, in considerazione soprattutto delle sue limitate capacità di immunizzazione, come anche le stesse case farmaceutiche e le agenzie regolatorie hanno ripetutamente messo in evidenza e come dimostrano i dati epidemiologici di paesi ad alto tasso di vaccinazione (primo fra tutti Israele, ma anche e soprattutto l’Italia). L’evidenza scientifica attesta inoltre che la carica virale presente nelle vie aeree superiori, e quindi la capacità di contagio, è simile nei soggetti vaccinati e non…

In un altro punto si evidenza come la somministrazione del vaccino anticovid stia tuttora avvenendo in via sperimentale e si sottolineano le gravi carenze della farmacovigilanza passiva.
 In proposito, soffermiamoci un attimo a capire come funzionano la farmacovigilanza e la vaccinovigilanza, come descritto sul sito https://www.epicentro.iss.it dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità):

“Viene chiamata vaccinovigilanza e comprende l’insieme delle attività di farmacovigilanza relative alla “raccolta, valutazione, analisi e comunicazione degli eventi avversi che seguono l’immunizzazione (“Adverse Event Following Immunization” – Aefi). In termini più ampi, la farmacovigilanza e la vaccinovigilanza rappresentano un insieme complesso di attività finalizzate a valutare in maniera continuativa tutte le informazioni relative alla sicurezza dei prodotti medicinali e ad accertare che il rapporto beneficio/rischio (B/R) si mantenga favorevole nel corso del tempo”. La vaccinovigilanza rappresenta dunque uno strumento per monitorare la sicurezza dei vaccini anche dopo la loro approvazione e immissione in commercio.”

In particolare, come si legge sullo stesso sito:

“la farmacovigilanza passiva viene realizzata attraverso la raccolta e l’analisi delle segnalazioni spontanee di Aefi (eventi avversi seguenti alla vaccinazione, ndr) (da medici, operatori sanitari e dalle persone vaccinate), tramite le quali possono emergere segnali che necessitano di approfondimento (per essere smentiti o confermati e quantificati in termini di rischio), attraverso la conduzione di studi di farmacoepidemiologia. Le segnalazioni possono essere effettuate online (attraverso la piattaforma informatica denominata Vigifarmaco dell’Agenzia nazionale del farmaco, Aifa), o inviando il modulo cartaceo debitamente compilato via posta (o fax o email) al responsabile di farmacovigilanza della struttura di appartenenza del segnalatore.

Ma, come sappiamo da tempo, la farmacovigilanza presenta molte falle. I motivi vanno dall’ignoranza del paziente circa la possibilità e l’utilità di segnalare effetti avversi al medico, dall’abitudine di questi di non invitare il paziente a segnalarli, dalla pigrizia e dal livello di etica del professionista e dai condizionamenti a cui è sottoposto. In tanti casi, vista la farraginosità burocratica e la resistenza da parte degli enti deputati a recepire le segnalazioni, la domanda che il medico si pone è: “Ma chi me lo fa fare?”

Nella lettera degli universitari e ricercatori, in proposito si legge:

Va altresì considerato che i vaccini attualmente somministrati sono farmaci la cui autorizzazione all’immissione in commercio è avvenuta solo in via “condizionata” e temporanea, sulla base del Regolamento della Commissione Europea n. 507/2006 del 29 marzo 2006, che si applica espressamente ai «medicinali» per i quali «non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia» (art. 2 e art. 4, n. 1, del regolamento), e che le evidenze scientifiche circa l’efficacia e la sicurezza della somministrazione di dosi booster a distanza ravvicinata sono scarse, ma già preoccupanti. A fronte di una protezione dalla forma grave della patologia causata dal SARS-COV-2 (della durata di 5-6 mesi), i sistemi di farmacosorveglianza passiva come VAERS e EUDRAVIGILANCE, notoriamente affetti da forte sottostima dei casi, hanno registrato una considerevole incidenza di eventi avversi associati alla vaccinazione anti-COVID-19 (Mevorach et al. 2021, Hernandezet et al. 2021, Shiravi et al. 2021, v. anche Lazebnik, 2021, Gundry 2021). Oltre a ciò, sono tuttora inevase le domande relative alla genotossicità e cancerogenicità di tali sostanze (Doerfler 2021, Cimolai 2020) e, non ultimo, i dati grezzi delle sperimentazioni effettuate dalle aziende farmaceutiche, su cui si basa l’approvazione condizionata, non sono stati messi a disposizione della comunità scientifica, impedendo di fatto qualsiasi revisione indipendente dei risultati.

In un altro punto si accenna al sistema di finanziamento nell’ambito della ricerca in campo medico, al lobbysmo scientifico e alla “cattura del regolatore”. Un concetto noto agli addetti ai lavori, che deriva dal termine inglese Regulatory capture, e si verifica quando un’impresa soggetta a regole (“regolata”) riesce a “catturare” (si può ben immaginare in che modo… che non è solo la leva economica, ma anche altri tipi di allettamenti come posizioni di potere, favori, prebende… secondo qualcuno anche ricatti) il “regolatore”, cioè colui che le impone tali regole e/o dovrebbe controllare che le rispetti. Una forma anomala di comparaggio, in sintesi.
Nel caso delle aziende farmaceutiche, succede che mediante opportune pressioni riescano a “catturare” gli organi politici, influenzandone le decisioni a proprio favore. Insomma, come dire che il controllato controlla (cattura) il controllore. E a farne le spese, come al solito, sono i contribuenti. In proposito va ricordato che buona parte dei paladini della campagna vaccinale che occupano stabilmente i salotti tv hanno conflitti di interesse in quanto consulenti di case farmaceutiche o comunque ad esse collegati o collegabili.

Ma leggiamo il passo specifico della lettera:

È evidente l’uso di doppi standard nel valutare il profilo di rischio-beneficio della profilassi vaccinale rispetto a quello delle terapie per la COVID-19, ma, poiché siamo tutti sufficientemente consapevoli delle dinamiche che soggiacciono al finanziamento della ricerca biomedica, non riteniamo necessario dover spiegare al Ministro della Ricerca e ai suoi onorevoli Colleghi fenomeni ormai noti anche al pubblico profano, come quelli del lobbyismo scientifico e della cattura del regolatore…

In un altro punto della lettera si fa riferimento alla mancanza di trasparenza dei dati, il cui accesso è negato anche agli scienziati indipendenti che potrebbero portare un fattivo contributo al dibattito scientifico.

Preoccupante in tutta questa vicenda è stata l’opacità e la macchinosità, quando non l’impossibilità assoluta, di accesso ai dati disaggregati dell’Istituto Superiore di Sanità e di altri soggetti pubblici aventi competenza in tema di politiche sanitarie (e.g., AIFA), da parte del mondo dell’università e della ricerca. Infatti, i principali micro-dati sulla situazione pandemica (contagi, malati e decessi, integrati delle caratteristiche individuali rilevanti) non vengono rilasciati ai richiedenti; quelli aggregati pubblicati contengono incongruenze ed anomalie inquietanti, ed il loro esame viene precluso a scienziati terzi che potrebbero fornire un qualificato contributo – proprio perché afferente alle loro attività di ricerca istituzionali.

A preoccupare i firmatari della lettera è anche l’attribuzione al greenpass di una funzione di controllo sociale. In proposito si legge:

preoccupante anche la strategia di estensione dell’obbligo del Super Green Pass, che già si prefigura quale strumento di controllo della vita sociale destinato a sopravvivere alla stessa campagna vaccinale.

Per questi e altri motivi puntualmente elencati nella lettera, gli universitari si dicono contrari all’imposizione di un vaccino sprovvisto delle indispensabili garanzie e a un obbligo lesivo di diritti e libertà fondamentali:

Per tutti questi motivi, a nostro parere le misure previste dal Decreto Legge n. 1/2022 non sono né coerenti né commisurate allo scenario attuale: in particolare, intendiamo ribadire con forza che l’imposizione di un vaccino sprovvisto delle adeguate garanzie di sicurezza ed efficacia  è una misura non solo sproporzionata rispetto ai benefici che si pretende di ottenere, ma anche lesiva di diritti e libertà fondamentali costituzionalmente garantiti.

Insomma, non ci troviamo di fronte a uno dei tanti articoli (come quelli che potrei scrivere io o miei più autorevoli colleghi) che si aggiungono al dibattito tra sostenitori e detrattori del “vaccino” anticovid e del greenpass, ma siamo in presenza di un documento esaustivo, redatto avvalendosi di informazioni e fonti autorevoli e scientifiche, dove stavolta il termine “scientifico” non è usurpato e usato a sproposito.
Speriamo sia l’avvio di una rivalutazione seria e oggettiva di una situazione che non è più sostenibile.

Diana Lanciotti

Qua trovate il testo integrale della lettera e l’elenco dei firmatari:
https://universitaricontroilgreenpass.wordpress.com/

 

Guariremo solo se… il mio contributo a un’informazione libera dalle gabbie del Pensiero Unico

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