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Osama Bin Laden è morto. Piangiamo per lui

No, non sono impazzita. Non sto inneggiando a Osama Bin Laden, il padre di tutti i terroristi, uno dei peggiori nemici dell’umanità.
Certo è che, da qualche giorno, cioè da quando è stato ucciso il figlio di Gheddafi prima, e si sono viste centinaia di persone scendere in strada a sparare in aria per far festa, e poi da quando è stata data la notizia dell’uccisione di Bin Laden e si sono viste scene analoghe moltiplicate mille volte tanto, mi chiedo che cosa ci sia in me che non va.
Non me la sento di festeggiare, neanche per un attimo mi sono sentita felice, nemmeno per un nanosecondo mi è venuto da ridere o sorridere.

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Forse sono fatta in modo sbagliato, ma non mi viene da inneggiare all’uccisione seppure del più turpe degli assassini. Mi viene solo una grande tristezza al ricordo di ciò che un essere umano nella sua malvagia vita sprecata ha saputo fare di male a migliaia di altri esseri umani… qui qualcuno forse ci aggiungerebbe la parola innocenti, ma io la trovo inutile, superflua, addirittura sbagliata. Ammazzare un altro essere, innocente o no, è sempre un atto contronatura, un atto contro l’uomo in quanto essere divino.
Credo che mai e poi mai ci sia giustificazione né attenuante nell’ammazzare un altro essere umano (o animale). Che questo sia buono o cattivo, innocente o colpevole, non importa.
Così come (aprendo una parentesi) non condivido il voler trovare delle attenuanti nell’incapacità d’intendere e di volere di un assassino. Io parto dal presupposto che chiunque compia l’atto di uccidere un altro essere vivente sia, nel momento in cui lo fa, incapace di intendere e di volere, e questa incapacità non ne riduce ma anzi ne aggrava la colpevolezza. Non è da esseri "normali" ammazzare e quando lo si fa si esce dalla propria condizione umana per scadere in una condizione che qualcuno definirebbe bestiale, ma che bestiale non è: non c’è bestia, infatti, che uccida per puro piacere o per uno dei tanti fantasiosi motivi per cui gli uomini diventano assassini.
Quando si diventa assassini si diventa dei non-umani, dei dis-umani, e per questo motivo la parte restante dell’umanità deve fare qualcosa perché quella non-umanità, quella dis-umanità insita in qualunque assassino non rechi altri danni, altro dolore. Deve farlo.
Ma non ammazzando. Punendo, certo, mettendo in condizioni di non nuocere (seriamente, non con certa giustizia all’acqua di rose); ma, ripeto, non ammazzando.
Questo in linea di massima, in una situazione di "normalità".
Però la vicenda di Bin Laden è diversa, di una portata che trascende qualunque normale considerazione.
Bin Laden era il Male ed era un dovere sacrosanto riuscire ad annientarne la capacità di fare altro male. Non credo ci fossero alternative se non eliminarlo. Per quello che era e rappresentava (e purtroppo per tanti continuerà a rappresentare).
Da vivo, ma prigioniero, sarebbe diventato un pericolo: i suoi seguaci non ci avrebbero messo tanto a farne un eroe, un martire (già lo faranno lo stesso, ora) e tenerlo in vita avrebbe alimentato il fuoco assassino ed empio che cova in ognuno di loro. Così come dargli un sepolcro avrebbe alimentato il rischio di "pellegrinaggi fanatici" e pericolosi.
No, Bin Laden doveva sparire dalla faccia della terra: era nei disegni del suo destino, senz’altro. Lui stesso ha voluto così, se è vero quanto dicono: che sia stato ucciso non dagli americani ma da una delle sue guardia del corpo, che aveva l’incarico di sparargli alla testa in caso di accerchiamento da parte dei nemici. Il gran capo del terrorismo, esecutore e mandante spietato di migliaia e migliaia di assassini, non avrebbe mai voluto sopravvivere alla propria cattura e finire prigioniero per paura di dover subire anche solo una minima parte delle crudeltà che in vita sua aveva inflitto ai suoi nemici. Quindi la sua fine era prevista e voluta da lui stesso. Un uomo senza pietà che sapeva di non poter meritare pietà da nessuno.
Però… però nella sua morte non ci trovo nulla per cui esultare. Tutt’al più proverò sollievo (ma anche paura, perché ora i suoi seguaci si scateneranno in ritorsioni alle quali non voglio nemmeno pensare), sollievo e gratitudine per un pericolo scampato: un criminale in meno sul pianeta, e di tal calibro, non è cosa da poco.
Però credo che la morte di Bin Laden, così come di qualunque altro delinquente assassino, più che indurre alla gioia dovrebbe indurre alla riflessione, un’amara riflessione su come possa succedere che un uomo, che nasce bimbo come tutti gli altri, diventi uno degli esseri più crudeli, malvagi e demoniaci di questa terra.
Che cosa è stato a fare di lui un mostro?
Che cosa bisogna fare perché non succeda più?
Innanzitutto, credo, pregare il Dio, che per qualcuno è nei cieli e per qualcuno è dentro di noi, perché non nascano mai più bambini che possano diventare mostri, perché non nascano altri Hitler, altri Bin Laden, ma anche altri assassini di minor portata. Pregare perché ogni bimbo crescendo esalti la divinità che c’è in lui e la usi e la perfezioni per diventare un uomo grande e buono.
E poi, imparare che il male non porta felicità a nessuno e non ci guadagna posti in nessun paradiso. Che la giustizia non è vendetta e l’odio crea solo odio e rende ciechi, aridi, vuoti.
E infine, non esultare per la morte di un nemico malvagio, ma compiangerne la vita sprecata, inutile, blasfema, additandola al mondo come non esempio, e augurargli di potersi redimere in un’altra vita. Qui in terra o lassù in cielo, non importa.
Riposi (finalmente) in pace.

Diana Lanciotti

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