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Licenza di contagiare: la falsa sicurezza del greenpass mostra le prime crepe

 

Nell’ultima settimana 8 persone che conosco, vaccinate, si sono prese il covid. Qualcuno aveva previsto una pandemia dei vaccinati per l’autunno e da quel che sento in giro ci siamo, anche se i media sponsorizzati dai produttori di vaccini si ostinano a indicare i non vaccinati come diffusori del virus e delle millemila varianti (che compaiono all’occasione per dare carburante al carrozzone quando sta per rallentare la corsa. Basti pensare che la variante sudafricana aveva già fatto capolino in febbraio, ma l’avevano lasciata lì, in attesa di vedere se poteva far comodo: https://www.dianalanciotti.it/vaccino-a-scatola-chiusa/).
In realtà sono proprio i non vaccinati, per potersi muovere e lavorare e anche solo per sicurezza personale, quelli che si tengono costantemente controllati con i tamponi, mentre i vaccinati credono di potersi concedere ogni libertà perché “protetti” dal greenpass.

Purtroppo la verità è che il greenpass (e tanto più succederà ora con il “supergreenpass”, questo certificato discriminatorio che non ha nessun valore scientifico, ma solo politico) dà una falsa sicurezza a chi ne è in possesso, facendogli credere di avere un “patentino di immunità” e di potersi permettere qualunque cosa… alla facciaccia di chi non si piega al diktat del vaccino.
E grazie al ricatto di questa falsa licenza di circolazione in sicurezza, molti sono corsi a vaccinarsi. Dando la stura ai suddetti media e ai loro controllori di decantare trionfalmente che la cittadinanza ha aderito con entusiasmo e grande senso di responsabilità alla campagna vaccinale. Poi, per caso ,leggi che un’infermiera di un centro vaccinale, intervistata da Repubblica, rivela: “Sono giorni difficili nei centri vaccinali. Stanno arrivando quelli più arrabbiati, che il vaccino non vogliono farlo ma si sentono obbligati… urlano, imprecano, a volte piangono.”
La stessa rabbia che mi hanno manifestato tante persone, soprattutto sanitari e insegnanti, che nei mesi scorsi sono state costrette a vaccinarsi per non perdere il lavoro.
Alla faccia dell’adesione entusiastica…

Gran parte dei vaccinati che conosco (e credo ne conosciate tanti anche voi) si è sottoposta all’inoculazione sotto ricatto o per paura, soprattutto dopo aver visto la sfilata delle bare di Bergamo. Da lì è partito il click nel cervello, ed è bastato ricliccarlo, una volta pronto il vaccino, per vincere qualunque resistenza.
Del resto se l’informazione ormai è tarata 24 ore su 24 sulla sola versione ufficiale approvata dal Ministero del Pensiero Unico, se lo stesso Draghi, non so se in malafede o per ignoranza (ma poco cambia e non lo solleva dalla grave responsabilità di aver affermato il falso, perché un Presidente del Consiglio ha l’obbligo di informarsi e riportare dichiarazioni fondate e non chiacchiere da bar) afferma che se ti vaccini e frequenti solo i vaccinati hai la sicurezza di non contagiarti… se tutti gli attori principali (come da istruzioni dello sponsor) recitano lo stesso copione, come può, chi non ha la voglia o la possibilità di informarsi da fonti diverse e indipendenti discernere tra vero e falso?
Hanno usato il ricatto e il terrore e giocato sull’ignoranza. Quando si dice vincere facile…

Oppure fanno leva sul senso di responsabilità dei cittadini verso la salute collettiva, affermando che vaccinandosi si tutela il prossimo. In tal modo si mette in capo al singolo una responsabilità che lo Stato non si assume. Non se la assume e, anzi, ci obbliga in pratica al vaccino ma poi se ne lava le mani nel caso (non tanto remoto) di conseguenze anche gravi.
Ma qual è quello Stato che di fronte a un problema sanitario non si assume responsabilità ma ne fa carico ai cittadini? Uno Stato fallito, che deroga ad altri i suoi doveri e poi discrimina i cittadini sulla base di principi arbitrari e anticostituzionali. Uno Stato padrone, carnefice, repressore.
Uno Stato che ti rilascia un patentino per “concederti” quei diritti che hai già, fingendo che non ti appartengano ma siano opzioni e sia sua facoltà permetterti di goderne. E pretende riconoscenza. Anzi: obbedienza.

A proposito di falsa sicurezza data dal greenpass e dei danni che questa falsa sicurezza sta provocando mi arriva una testimonianza diretta da conoscenti. Non è la sola, ma la pubblico perché è particolarmente emblematica.
Azienda con una trentina di dipendenti. Tutti vaccinati. Prima del vaccino facevano regolari tamponi, cosa che ha consentito di individuare e lasciare a casa in quarantena una mezza dozzina di dipendenti che hanno contratto il covid. Per fortuna senza gravi conseguenze.
Ora hanno tutti il greenpass… e tamponi non ne fanno più. E quando un impiegato inizia a starnutire, tossire, star male come quando si ha un’influenza tosta, continua ad andare a lavorare… tanto c’ha il greenpass. Come se il greenpass fosse un “certificato di buona salute”.
Un po’ alla volta, nel giro di un paio di settimane, almeno una dozzina di dipendenti presenta gli stessi sintomi. Uno in modo pesante, con febbre alta, da dover stare a casa. Fa il tampone, ma è negativo. Anche gli altri che hanno sintomi parainfluenzali o paracovidiani (che sono facilmente confondibili) decidono di fare il tampone, ma sono negativi. Finché tocca al figlio del titolare star male. Raffreddore, tosse, catarro. Fa il tampone: negativo. Continua ad andare a lavorare, fa la vita di sempre. Poi tocca al padre: tosse, raffreddore, catarro. Non si misura la febbre, perché ha troppi impegni che non può rimandare. Va avanti qualche giorno, viaggia, incontra clienti e fornitori, partecipa a un paio di riunioni in azienda, gira nei vari uffici e in stabilimento per parlare con i collaboratori. Tanto ha la patente di “buona salute”. Dopo qualche giorno, davanti a un netto peggioramento, si decide e fa il tampone: positivo.
Il medico, che mica lo visita, per telefono gli prescrive Tachipirina, antibiotico e, in caso di aggravamento, cortisone. Quindi gli chiede di comunicare all’AST i contatti avuti nelle ultime 48 ore.
«E gli altri che ho visto (e probabilmente contagiato, n.d.r.) nei giorni prima?» chiede l’imprenditore.
«Le disposizioni ministeriali sono queste», taglia corto il dottore, impegnatissimo a compilare ricette e a non visitare i pazienti.
La positività del titolare è una doccia fredda sull’azienda. Ma come: siamo vaccinati e con “regolare” greenpass, commenta qualcuno.
Fanno i tamponi e scoprono che 5 dipendenti hanno il covid. E vedremo come si evolverà, perché l’incubazione varia da 1 a 14 giorni.
Questo è solo un esempio di come questa specie di patente di libera circolazione del virus permetta di far allargare il contagio a macchia d’olio. Tra vaccinati e, presumibilmente, da vaccinati a non vaccinati.
Purtroppo molti credono che il greenpass sia una patente di immunità. Come se fosse esso stesso vaccino.

Altro esempio: un medico tedesco mi rivela che in Germania hanno scoperto che la copertura vaccinale dura in media 2/3 mesi. Quindi ancora meno dei 6, ora passati a 5, omologati in Italia. Dove, però, il greenpass ha validità di 12 mesi, ora ridotti a 9. Non bisogna essere geni della matematica per capire che il greenpass è uno scudo di latta, una grossolana presa in giro che illude chi l’ha di poter essere al sicuro, e gli consente di tornare “libero” formalmente, ma lo frega alla prima occasione. Una colossale fregatura, appunto.
Il problema è che il greenpass consente di andare a lavorare lo stesso, anche se hai sintomi. Dipende dalla coscienza individuale. Ma ormai chi rinuncia ad andare a lavorare, a fare vita sociale, dopo le restrizioni durissime a cui abbiamo dovuto sottostare? Anche se si sta male e il buon senso suggerirebbe di mettersi in isolamento, forti del geenpass si va a lavorare, al ristorante, nei negozi, come nulla fosse.
È così che si diffondono i virus. Con queste false sicurezze date da un codice QR che non dà nessuna garanzia, ma crea solo discriminazioni e false illusioni.

Una volta, quando si era raffreddati, con tosse e febbre, si stava a casa. Altro che abbassare la temperatura con la Tachipirina e andarsene in giro o mandare i figli a scuola per non doverli accudire. Mio papà, ottimo e coscienziosissimo medico, al pari di tanti suoi altrettanto coscienziosi colleghi quando individuava i sintomi (anche leggeri) dell’influenza faceva stare tutti a casa per alcuni giorni, così i contagi si fermavano. Adesso nessuno può perdere un giorno di lavoro o di scuola, così abbiamo influenze per tutto l’anno.
E adesso abbiamo anche il covid, che si diffonde a macchia d’olio perché si pensa di avere uno scudo che ci protegge: il greenpass. Praticamente una licenza di contagiare.

Diana Lanciotti

 

4 commenti

  • M.G.

    Non si capisce, cara signora Lanciotti, come le cose che lei dice da tempo non siano comprese da tutti e non occupino le prime pagine dei giornali. Nessuno dei suoi colleghi giornalisti ha la forza e nemmeno il coraggio di far capire con la massima chiarezza le verità nascoste che lei sta facendo uscire alla luce.
    I mass media hanno contribuito a confondere le idee e diffondere false convinzioni. Anch’io, medico, come lei avrei tanti episodi da raccontare. Ma non posso farlo, perché ci hanno imposto il silenzio. Sono preoccupato, non tanto e non solo per me ma per i miei pazienti e per i bambini… ma è meglio che mi taccia. Parli lei per noi, per favore. Lei che sa farlo così bene con passione e onestà.
    Grazie per tutto

    M.G.

    • Eva

      Grazie anche ai commenti dei medici ..purtroppo dovremmo tutti opporci al terrorismo mediatico che sta ottenebrando la mente di molti ma la luce arriverà forza a tutti

  • Paolo

    È così, esatto, cara signora Diana. Io sono sospeso dal lavoro ma i miei colleghi vanno a lavorare nonostante sintomi evidenti. Non fanno tampone ma si riempiono di Tachipirina per abbassare la temperatura.
    Io sto bene ma devo restare a casa. Non ammettono neppure lo smart working. Per me oltre al danno la beffa.
    Stanno cercando di prenderci per stanchezza.
    Sia lei la nostra voce, per favore. Non molli.

    Paolo

  • Alessandro

    Ottima analisi, impeccabile. Purtroppo che il Green pass non fosse una misura sanitaria era chiaro fin dall’inizio. Già il nome “Green” palesa la totale estraneità con i problemi di salute.

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