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CINA: ma è davvero vicina?

Sono in corso in questi giorni i festeggiamenti per il Capodanno cinese. Ma un comunicato stampa di Amnesty International ci apre gli occhi su una realtà che di festoso non ha nulla.

Quello che sta per iniziare, secondo il calendario cinese, è l’anno del Gallo, apportatore di prosperità e buoni affari. Speriamo.
I telegiornali ci stanno propinando le immagini spettacolari dei fantasmagorici e coloratissimi festeggiamenti che coinvolgerebbero, secondo le notizie, l’intero popolo cinese. Tutto, ma proprio tutto? Eh, no, perché c’è una parte del popolo cinese che in questi giorni non festeggia per niente.
Si tratta delle centinaia di condannati a morte che, travolti da un’ondata di repulisti in vista del nuovo anno, vengono fatti fuori in sordina (nel senso che nessun pacifista occidentale o nessun politico nostrano scende in piazza o s’indigna).
Duecento (la cifra è approssimativa per difetto) mandati a morte in due settimane. Seicentocinquanta (vedi nota precedente) in due mesi.
Eppure nessuno se ne occupa. Nessuno ne fa parola. Nessuno tranne Amnesty International, da cui ho ricevuto proprio oggi il comunicato stampa che pubblico di seguito.
Lo pubblico perché penso che tutti dobbiamo contribuire a far luce sui crimini perpetrati da una nazione alla quale tutti stanno aprendo le porte (per non dire leccare il didietro) e, in nome del business, tanti sono disposti a chiudere ermeticamente occhi, naso e coscienza.
Il nostro presidente Ciampi, nella sua recente visita in Cina al seguito del signor Luca Cordero di Montezemolo, monarca della Fiat (ufficialmente era Montezemolo al seguito di Ciampi, ma non sono in pochi a dire che in realtà lo scopo del viaggio era di aprire le… strade cinesi alle automobili Fiat), ha entusiasticamente lanciato l’idea di togliere l’embargo sugli armamenti alla Cina.
Ma che bello! Dai, diamogli un ulteriore aiutino, a questi signori, plaudiamo al loro disprezzo dei diritti umani, facciamo finta che siano tutti buoni e bravi.
Era invece l’occasione per fare ai signori in questione una diplomatica ramanzina: "Cari ragazzi, se non vi mettete in riga, se non la smettete di far fuori cittadini a gogo, di rapporti con l’occidente non se ne parla. Nisba."
E invece tutti lì a sorridere per le foto ricordo da mostrare ai nipotini, a scambiarsi regali (sempre per i nipotini).
Peccato aver perso l’occasione.
Forse quei 650 (o molti di più) che sono stati ammazzati in questi ultimi tempi, ora potrebbero festeggiare anche loro l’arrivo del nuovo anno.
Evviva il Capodanno Cinese!

COMUNICATO STAMPA AMNESTY INTERNATIONAL

Cina, Capodanno col boia
"Amnesty International ha denunciato oggi un notevole aumento delle esecuzioni in Cina in occasione delle celebrazioni per il nuovo anno lunare. Secondo dati comunque incompleti, le esecuzioni nelle ultime due settimane sono state 200. Tra dicembre e gennaio, i mezzi d’informazione cinesi hanno riferito di almeno 650 esecuzioni. Si tratta di mesi considerati "normali", in cui cioè non si registrano incrementi di esecuzioni legati a festività nazionali. Questa cifra è, in ogni caso, molto inferiore alla realtà in quanto le autorità rifiutano di fornire dati completi.
"C’è un baratro tra quello che la Cina afferma e quello che fa" – ha dichiarato Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International. "Il governo di Pechino dichiara di applicare la pena di morte con ‘cautela’, ma il picco di esecuzioni cui stiamo assistendo in questi giorni rende questa parola priva di significato".
"Va sottolineato inoltre" – ha proseguito Bertotto – "il rischio assai concreto che molte persone messe a morte fossero innocenti. Il sistema giudiziario cinese semplicemente non garantisce processi equi".
Secondo fonti ufficiali, le recenti esecuzioni (anche di gruppi di dieci o più persone) vengono giustificate come "un modo per proteggere la stabilità sociale e assicurare alla popolazione un sicuro, gioioso e felice anno nuovo.
"Non `e stata mai prodotta alcuna prova convincente sul maggiore effetto deterrente della pena di morte rispetto ad altre pene. Suggerire che protegga la stabilità sociale è sbagliato e pericoloso" – ha affermato Bertotto.
Il recente, intenso dibattito all’interno della Cina sull’eccessivo ricorso alla pena di morte si è concentrato sulla riforma che permetterà alla Corte suprema del popolo di riesaminare tutte le condanne a morte, al posto dell’attuale sistema in cui ogni tribunale applica differenti standard. Tuttavia questa riforma, così come il suggerimento che in alcuni casi la pena di morte potrebbe essere sostituita da lunghe pene detentive, non affronta ancora alcuni nodi cruciali: le "confessioni" estorte con la tortura, il limitato accesso alla difesa e le interferenze politiche nel sistema giudiziario. Queste interferenze comprendono, ad esempio, le cosiddette campagne anti-crimine "Colpire duro", in cui gli imputati ricevono sentenze più dure rispetto ad altri periodi.
Una delle ultime vittime di queste campagna è stato Lu Shile, giudicato colpevole di omicidio da un tribunale di Qingdao: in 24 ore `e stato processato, ha visto il suo appello respinto ed è stato messo a morte. Il procedimento è stato lodato come "altamente efficiente" e "un esempio della politica di sentenze rapide e dure".
In modo decisamente insolito, il tribunale che ha condannato a morte Lu Shile ha comunicato che nel 2004, sotto la sua giurisdizione, hanno avuto luogo 57 esecuzioni. Considerando che quello di Qingdao è solo uno dei circa 400 tribunali abilitati a emettere e a eseguire condanne a morte, il numero delle esecuzioni su scala nazionale ogni anno tende a essere astronomico.
L’Unione europea da tempo considera quella della pena di morte la principale preoccupazione per i diritti umani in Cina.
Tra le 200 persone messe a morte, molte erano state condannate per reati che non contemplavano violenza contro persone o di natura economica. "Speriamo che i leader dell’Unione europea si ricorderanno di queste persone quando decideranno se abolire l’embargo sulle armi, che venne imposto in risposta agli abusi dei diritti umani commessi nel 1989" – ha proseguito Bertotto. "Il governo cinese ha agito con grande velocità, negli ultimi anni, per adeguare le proprie leggi sul commercio alle regole del Wto. Ora ha il dovere, nei confronti dei propri cittadini, di mostrare analoga determinazione adeguando le proprie leggi al diritto internazionale dei diritti umani. Quando il mondo si riunirà a Pechino nel 2008 per ‘celebrare l’umanità’ sotto la bandiera olimpica, le esecuzioni dovranno essere cessate e la pena di morte abolita nelle leggi e nella prassi" – ha concluso Bertotto.
Amnesty International si oppone alla pena di morte in ogni circostanza, in quanto pena estremamente crudele, inumana e degradante che viola il diritto alla vita.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 9 febbraio 2005
Per ulteriori informazioni:
Amnesty International Italia – Ufficio stampa Tel. 06 4490224 – cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it

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