La guerra… ci mancava

…o ci mancava la guerra. Comunque la vogliamo dire, ci risiamo. Ci risiamo con l’essere umano che non perde il vizio di voler egemonizzare, di voler possedere, di conquistare con la forza ciò che non gli appartiene. Putin… in questi giorni sembra (e per tanti aspetti lo è) il cattivone di turno, che usa le armi per ottenere ciò che da tempo ha annunciato al mondo di voler ottenere: che l’Ucraina non entri nella Nato, ma rimanga un cuscinetto tra le spinte espansionistiche della coalizione occidentale e la nazione russa. Biden, e con lui la Nato, sembrano invece (e per tanti aspetti NON lo sono) i portatori di pace e giustizia. Non tutto è come pare e come ce lo raccontano. Anche perché non è una cosa nata ieri, scoppiata all’improvviso, ma maturata nel tempo con la condiscendenza di tutti quelli che potevano evitare la tragedia e non l’hanno fatto. Ancora nel 2014, in tempi non sospetti, Henry Kissinger scriveva sul Washington Post: Troppo spesso la questione ucraina viene presentata come una resa dei conti: se l’Ucraina si unisce all’Est o all’Ovest. Ma se l’Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve essere l’avamposto di nessuna delle due parti contro l’altra: dovrebbe fungere da ponte tra di loro. La Russia deve accettare che tentare di costringere l’Ucraina a diventare un satellite, e quindi spostare di nuovo i confini della Russia, condannerebbe Mosca a ripetere la sua storia di cicli che si autoavverano di pressioni reciproche con l’Europa e gli Stati Uniti. L’Occidente deve capire che, per la Russia, l’Ucraina non può mai essere solo un paese straniero. La storia russa iniziò in quella che fu chiamata Kievan-Rus. Da lì si diffuse la religione russa. L’Ucraina fa parte della Russia da secoli e le loro storie si sono intrecciate prima di allora. Alcune delle battaglie più importanti per la libertà russa, a cominciare dalla battaglia di Poltava nel 1709, furono combattute sul suolo ucraino. La flotta del Mar Nero, il mezzo della Russia per proiettare potenza nel Mediterraneo, ha sede a Sebastopoli, in Crimea, con un contratto di locazione a lungo termine. Anche famosi dissidenti come Aleksandr Solzhenitsyn e Joseph Brodsky hanno sempre sostenuto che l’Ucraina è parte integrante della storia russa e perciò della Russia. L’Unione europea deve riconoscere che la sua burocrazia e la subordinazione alla politica interna nel negoziare le relazioni dell’Ucraina con l’Europa hanno contribuito a trasformare un negoziato in una crisi. La politica estera è l’arte di stabilire le priorità. Gli ucraini sono l’elemento decisivo. Vivono in un paese con una storia complessa e una composizione poliglotta. La parte occidentale fu incorporata nell’Unione Sovietica nel 1939, quando Stalin e Hitler si divisero il bottino. La Crimea, la cui popolazione è per il 60 per cento russa, divenne parte dell’Ucraina solo nel 1954, quando Nikita Khrushchev, ucraino di nascita, lo assegnò come parte della celebrazione del 300° anno di un accordo russo con i cosacchi. L’ovest è in gran parte cattolico; l’est in gran parte russo-ortodosso. L’occidente parla ucraino; l’est parla principalmente russo. Qualsiasi tentativo di una fazione dell’Ucraina di dominare l’altra porterebbe alla guerra civile o alla rottura. Trattare l’Ucraina come parte di un confronto est-ovest farebbe affondare per decenni qualsiasi prospettiva di portare la Russia e l’Occidente, in particolare Russia ed Europa, in un sistema internazionale cooperativo. L’Ucraina è indipendente da soli 23 anni; in precedenza era stata sotto una sorta di dominio straniero sin dal XIV secolo. Non sorprende che i suoi leader non abbiano imparato l’arte del compromesso, tanto meno della prospettiva storica. La politica dell’Ucraina post-indipendenza dimostra chiaramente che la radice del problema risiede negli sforzi dei politici ucraini di imporre la loro volontà alle parti recalcitranti del paese, prima da una fazione, poi dall’altra. Questa è l’essenza del conflitto tra Viktor Yanukovich e la sua principale rivale politica, Yulia Tymoshenko. Rappresentano le due ali dell’Ucraina e non sono state disposte a condividere il potere. Una saggia politica degli Stati Uniti nei confronti dell’Ucraina cercherebbe un modo per le due parti del paese di cooperare tra loro. Dovremmo cercare la riconciliazione, non il dominio di una fazione. La Russia e l’Occidente, e meno di tutte le varie fazioni in Ucraina, non hanno agito secondo questo principio. Ognuno ha peggiorato la situazione. La Russia non sarebbe in grado di imporre una soluzione militare senza isolarsi in un momento in cui molti dei suoi confini sono già precari. Per l’Occidente, la demonizzazione di Vladimir Putin non è una politica; è un alibi per l’assenza di una politica. Putin dovrebbe rendersi conto che, qualunque siano le sue lamentele, una politica di imposizioni militari produrrebbe un’altra Guerra Fredda. Da parte loro, gli Stati Uniti devono evitare di trattare la Russia come un anormale a cui insegnare con pazienza le regole di condotta stabilite da Washington. Putin è uno stratega serio, riferendoci alla storia russa. Comprendere i valori e la psicologia degli Stati Uniti non sono i suoi punti forti. Né la comprensione della storia e della psicologia russe è stata un punto di forza dei politici statunitensi. I leader di tutte le parti dovrebbero tornare a esaminare i risultati, non competere. Ecco la mia idea di risultato compatibile con i valori e gli interessi di tutte le parti: 1. L’Ucraina dovrebbe avere il diritto di scegliere liberamente le sue associazioni economiche e politiche, anche con l’Europa. 2. L’Ucraina non dovrebbe aderire alla NATO (…). 3. L’Ucraina dovrebbe essere libera di creare qualsiasi governo compatibile con la volontà espressa del suo popolo. Leader ucraini saggi opterebbero quindi per una politica di riconciliazione tra le varie parti del loro paese. A livello internazionale, dovrebbero perseguire un atteggiamento paragonabile a quello della Finlandia. Quella nazione non lascia dubbi sulla sua indipendenza e coopera con l’Occidente nella maggior parte dei settori, ma evita accuratamente l’ostilità istituzionale nei confronti della Russia. 4. L’annessione della Crimea da parte della Russia è incompatibile con le regole dell’ordine mondiale esistente. Ma dovrebbe essere possibile porre le relazioni della Crimea con l’Ucraina su basi meno difficili. A tal fine, la Russia riconoscerebbe la sovranità dell’Ucraina sulla Crimea. L’Ucraina dovrebbe rafforzare l’autonomia della Crimea nelle elezioni che si terranno alla presenza di osservatori internazionali. Il processo includerebbe la rimozione di qualsiasi ambiguità sullo stato della flotta del Mar Nero a Sebastopoli. Questi sono principi, non prescrizioni. Le persone che hanno familiarità con la regione sapranno che non tutti saranno graditi a tutte le parti. L’obiettivo non è la soddisfazione assoluta ma l’insoddisfazione equilibrata. Se non si raggiunge una soluzione basata su questi elementi o simili, la deriva verso il confronto accelererà. Il momento arriverà  presto. Molti dei concetti espressi allora da Kissinger sono gli stessi espressi oggi da Putin. Ma sono passati otto anni e i tempi della diplomazia sono finiti. Li hanno lasciati scadere. E ora Putin diventa automaticamente il cattivo, mentre i provocatori che da tempo l’hanno studiata a tavolino passano per i salvatori del mondo. La guerra è sempre ingiustificabile, è sempre inaccettabile, sempre terribile. Personalmente l’idea della guerra mi ha sempre sconvolta, forse per i racconti che me ne fecero i nonni e i miei genitori da piccola. Non amo nemmeno i film di guerra soprattutto da quando mi sono accorta che raccontano inevitabilmente una versione edulcorata, di parte, che enfatizza l’aspetto eroico quando spesso di eroico non c’è nulla, ma c’è solo la follia, la malvagità, la fame di potere, il business, la crudeltà, la disperazione, spesso la vigliaccheria. Se raccontata dai vincitori, ce li propone come eroi e salvatori. Se raccontata dagli sconfitti, ce li descrive come vittime e santarellini. Ma non è mai così. E non lo è nemmeno ora. Da anni la situazione da quelle parti è instabile come una polveriera nelle mani di un cieco che cammina di notte in un bosco. Ma nessuno lo sapeva. Anzi, mi correggo: lo sapevano quelli a cui faceva comodo che alle porte della Russia si instaurasse un conflitto perenne, pronto ad accendere la miccia al momento opportuno. Lo sapevano gli “Americani” e i paesi europei che hanno continuato ad armare l’Ucraina, blandendola col canto delle sirene dell’entrata nella Nato. Lo sapevano tutti coloro che, in modo palese o tessendo trame di nascosto, hanno alimentato la tensione, tirando la corda fino a che si è spezzata. Non lo sapevamo noi cittadini, quelli che con disprezzo e arroganza politici e giornalisti definiscono “cittadini comuni”, tenuti impegnati con diversivi come le mille emergenze che negli ultimi anni hanno scandito il nostro vivere, ultime il clima (accantonato per far posto a un’emergenza più “urgente”, il covid, ma già pronto a ripalesarsi appena questo mollerà la presa) e la pandemia da coronavirus. E così mentre gli Americani e sotto la loro pressione altri paesi del Patto Atlantico armavano l’Ucraina, noi cittadini restavamo come sempre all’oscuro delle manovre che si svolgevano a pochi passi da casa nostra per isolare la Russia e accerchiarla. Ci hanno messo anni: come tante pazienti formichine gli “alleati occidentali” hanno costruito la trappola in cui, volente o nolente, Putin è cascato. Pena vedersi installare i missili Nato sotto le finestre di casa. A chi piacerebbe? Non lo sto giustificando, per carità, perché il ricorso alla guerra, come alla violenza in genere, non è mai ammissibile. Ma se già c’è una predisposizione al potere nel DNA di chi ha in mano le sorti di una nazione, dall’altra parte invece di stimolarla si dovrebbe far di tutto per stemperarla. Non aizzi il leone se non vuoi che ti azzanni. Lo tieni a debita distanza, lo tranquillizzi, non ne sottovaluti la ferocia. Invece per anni hanno finanziato con i soldi e con le armi l’Ucraina, con la scusa di renderla sicura, di sostenerne lo sviluppo economico, blandendola con la carota dell’ingresso nella Nato. Illudendola di poter entrare impunemente nell’Alleanza Atlantica, e che lo zar Putin avrebbe accettato senza colpo ferire, se non addirittura benedetto l’unione. Quando si dice sottovalutare l’avversario. Tanto che in questi giorni gli hanno mandato Luigi DiMaio, in veste (ahinoi) di ministro degli Esteri, andato là tutto baldanzoso a nutrire il suo stupido narcisismo, ma tornato con le pive nel sacco. La figura da gioppino rimediata dal prode Giggino non ha scoraggiato Mario Draghi, alias Nonno Mario che, smessi i panni del nonno affettuoso, ha provato a fare la voce grossa minacciando sanzioni contro la Russia. Non accorgendosi del boomerang che stava scagliando e che è già sulla via del ritorno. Perché, grazie ai tutti i governi cicala che invece di pensare ad assicurare risorse energetiche all’Italia ci hanno legati mani e piedi a una nazione dalla stabilità politica incerta, ora dipendiamo dal gas russo come un cucciolo dipende dal latte della mamma. Insomma, una figura barbina dietro l’altra. Tanto a rimetterci saremo sempre noi. Sbeffeggiati dalla Russia, che dà lezioni a Giggino invitandolo a considerare la diplomazia come una cosa seria e non l’occasione per “viaggi vuoti in giro per i Paesi e assaggiare piatti esotici ai ricevimenti di gala”, e dall’Ucraina, il cui presidente Zelensky oggi assesta un sonoro schiaffone in pieno viso a Draghi, che si era lamentato per una telefonata andata buca: “Alle 10,30 (quando Draghi l’ha chiamato, ndr), era in corso un combattimento. La prossima volta sposterò l’orario della guerra per parlare con Mario Draghi” scrive infatti su Twitter, ridicolizzando a livello mondiale il nostro poco amato e tanto inadeguato premier. Peccato che la figuraccia si ritorca sul popolo italiano. Ci rendiamo conto che in questo momento critico abbiamo un signor nessuno agli Esteri e un banchiere alla Presidenza del Consiglio? E si scoprirà presto che la millantata autorevolezza a livello internazionale di Nonno Mario non supera i confini della sua cara piccola vecchia decrepita Europa. Alla quale, peraltro, lo lega in sostanza un semplice, banalissimo, arido rapporto di reciproci interessi. Intanto, mentre alle porte di Kiev non si scherza e non si gioca, la Grande Illusione si sta svelando. L’illusione che ha portato l’Ucraina a sentirsi forte, affiancata e appoggiata dall’Occidente e a credere di poter resistere all’assalto della Russia. E buona parte della colpa è … Leggi tutto La guerra… ci mancava