WHITE SHARK (ottobre 2006)

“White Shark – Il senso del mare”. Amore, vela… e un gatto

Sono passati tre anni dall’uscita di Black Swan-Cuori nella tempesta, primo romanzo di Diana Lanciotti, nota come la mamma adottiva di Paco, fondatrice del Fondo Amici di Paco e autrice di libri cult sugli animali. Sua è la bellissima e commovente trilogia di Paco (Paco, il Re della strada, Paco. Diario di un cane felice, “n viaggio con Paco). Scoprirla come romanziera è stata una gran bella sorpresa e tanti, dopo aver letto Black Swan, si sono messi in attesa del secondo preannunciato White Shark, che era stato promesso in uscita dopo un anno.
Ma passiamo subito a parlarne con lei.

Diana, a Natale sarà in libreria il tuo tanto atteso White Shark-Il senso del mare. Come mai un’attesa di 3 anni?
Problemi di distribuzione, prima di tutto. Essendo un piccolo editore, Paco Editore non può contare sulla distribuzione delle grandi case editrici, e i librai sono sempre restii a inserire novità che non siano dei soliti Mondadori, Rizzoli, eccetera. E poi il libro era pronto nella prima stesura da tre anni, solo che vicende varie mi hanno privata del tempo necessario per rivederlo, che alla fine è un impegno superiore che scriverlo in prima stesura.

In termini di tempo, quanto ci hai impiegato?
Per scriverlo 4 mesi, come “Black Swan”. Solo che la revisione per me comporta rimacinarlo, riscriverlo, rileggerlo almeno dieci volte. Quindi, lavorando sodo, anche la sera e i festivi (posso dire di non aver fatto vacanza, quest’anno, per revisionare White Shark), mi ci sono voluti altri 5 mesi. E se non avessi avuto la scadenza di consegnarlo, mi sarei presa un altro mese.

Un lavoro molto impegnativo. Soddisfatta del risultato?
Sì. Ora sì. Anche perché sono passata dall’iniziale stesura di 700 pagine a 500 definitive. E i tagli mi hanno consentito di renderlo più agile e, spero, appassionante.

Be’, però non ho mai sentito nessuno che si sia lamentato perché Black Swan era un “librone” di 700 pagine. Anzi, tutti dicono che “purtroppo finisce presto”. Per fortuna ci sono ancora persone che amano leggere e quando incontrano un libro ben scritto, con una trama forte e appassionante, lo apprezzano anche e soprattutto se è corposo.
È vero, però anche 500 pagine non sono poche, e stavolta ho seguito i consigli di un grande come Stephen King che suggerisce di “ammazzare i propri cari”, cioè di eliminare le parti che non sono assolutamente necessarie alla storia, anche se per uno scrittore significa privarsi di qualcosa di “caro”.

Di che cosa parla, White Shark?
Di una giornalista tv, Giulia Silvestri che, in un momento difficile della propria vita incontra un campione di vela, Patrick Dalton, una specie di avventuriero del mare, a volte più a suo agio con onde alte come case che con la delicata psicologia feminile. I due iniziano a frequentarsi, ma non è un’unione facile, perché sono due anime molto diverse, lei una “terricola”, lui una creatura del mare. Ma l’amore fa miracoli…

Finisce bene, allora…
E chi lo sa?… Posso solo dire che la loro storia sarà molto travagliata e che il destino ci si metterà più volte, e con accanimento, a scompigliare le carte in tavola.

Io ho avuto il privilegio di leggerlo, prima di quest’intervista, e devo dire che sono rimasta col fiato in sospeso fino all’ultimo, e ancora adesso (l’ho finito tre giorni fa), mi ritrovo a pensare ai personaggi straordinari che ancora una volta sei riuscita a tracciare. Non solo i protagonisti.
Mi piace attorniare i protagonisti con personaggi altrettanto forti e “vivi”, personaggi che, come mi era successo in Black Swan, a volte finiscono per rubare la scena, grazie alla loro personalità. Ad esempio Giorgio Silvestri, il papà di Giulia, anche lui giornalista notissimo e amatissimo, che si rivela una figura fondamentale sia per Giulia che per la storia. Poi Dennis Kingston, amico e compagno d’avventure veliche di Patrick Dalton. I due sono uniti da un’amicizia straordinaria, fatta di affetto, lealtà, comprensione. Come tutti i grandi e veri amici litigano ma si aiutano, arrivando a veri e propri atti d’eroismo. E poi c’è Robespierre, un micio, una presenza molto importante, l’aggancio con la normalità per Giulia, una donna abituata a essere sempre sotto le luci dei riflettori. Ma che, grazie alla presenza dolce di Robespierre, riesce a ritrovare la propria dimensione più “umana”, la propria intima quotidianità.

E poi ancora una volta c’è questo personaggio “magico”: l’Aga Khan.
Sì, parlare di Costa Smeralda (dove è parzialmente ambientato White Shark) senza pensare alla figura carismatica del suo scopritore, cioè l’Aga Khan, è quasi impossibile. In questo caso, ho voluto attribuirgli un ruolo fondamentale, un ruolo come tu dicevi “magico”, che incide molto profondamentte sulla storia personale di Patrick Dalton e Giulia Silvestri. È un po’ il “genio della lampada”, colui che realizza i desideri, anche i più segreti, quelli nascosti nell’anima.

A proposito di sentimenti. White Shark è un libro di azione, ma soprattutto di sentimenti. Forse più che in Black Swan sei andata fino in fondo a scandagliare le pieghe più nascoste dell’animo umano, i dubbi, i tormenti, le segrete speranze.
Sì, mi sono ritrovata ancora una volta con personaggi molto ricchi di umanità, e piuttosto tormentati. Personaggi che, anche se potrebbero sembrare dei privilegiati, non vivono in modo superficiale, ma approfondiscono, analizzano, si fanno mille domande, e hanno una vita interiore molto ricca e vivace.

Personaggi, a quanto mi stai dicendo, che, come già affermavi ai tempi di Black Swan, ti hanno preso la mano?
Sì, è stato così anche questa volta: io li ho fatti uscire allo scoperto, li ho messi lì, sotto i miei occhi, dicendo: “Vediamo oggi che cosa mi combinano i miei ragazzi”. Ogni volta aspetto che prendano vita e si muovano, seguendo il loro destino. Io mi limito a prendere nota e raccontare le loro avventure.

C’è molta avventura ma anche molto romanticismo, ancora una volta armonizzati efficacemente. Nelle tue pagine s’incontrano spesso momenti romantici: i tramonti, le notti stellate… Tu sei più “avventurosa” o più “romantica”?
Purtroppo più romantica, ben più di quanto possa apparire dalla lettura dei miei libri…

Perché dici “purtroppo”?
Perché il mondo attuale non lascia molto spazio al romanticismo, ai sogni; è un mondo molto pragmatico, a tratti prosaico, e allora devo sforzarmi di lasciare in disparte la mia vera natura, romantica e sognatrice, e impedirle di farmi apparire “d’altri tempi”, o di appesantire i miei libri con un eccesso di romanticismo. In ogni caso sono il tipo che si commuove davanti a un tramonto, che cerca le stelle cadenti per esprimere desideri che non si realizzeranno mai, che resta a guardare senza stancarsi il movimento del mare, o un cane o un gatto che dorme e sogna, sentendomi grata di poter assistere a tutto questo e farne parte.

Le ambientazioni questa volta sono diverse, rispetto a Black Swan. L’azione parte addirittura dalla Nuova Zelanda.
Sì, il libro parte dalle regate di Coppa America, dalla sfida tra Smeralda, la barca italiana timonata da Patrick Dalton, contro Silver Moon, la barca timonata dal neozelandese Dennis Kingston. Ma poi si torna in Italia, più precisamente a Milano, e poi in Liguria e poi, ancora una volta in Sardegna.

La “tua” Sardegna, che ancora una volta è protagonista.
Sì, è la terra che più amo e in cui vorrei vivere. Non la Sardegna mondana dei vacanzieri che la conoscono solo per le spiagge affollate d’agosto, o per i vari presunti “vip” che la frequentano. No, io amo la Sardegna vera, la Sardegna fuori stagione. Per ora mi limito a starci quanto più posso, ma non escludo che un giorno possa davvero trasferirmi là. Fa parte dei miei sogni…

I dialoghi, questa volta, li ho trovati ancora più pregnanti.
Sono la parte più difficile di un libro, per me. Si rischia a volte di essere poco realistici. Si leggono dialoghi così poco verosimili, così artefatti… E allora molti scrittori li evitano accuratamente. Io stavolta ho voluto dare molto spazio ai dialoghi, perché spiegano molto della storia e della psicologia dei personaggi. In particolare ce n’è uno, nel penultimo capitolo, che da solo tiene in piedi tutta la storia.

Già, quello tra Giulia e Michele… un personaggio misterioso di cui però non parliamo, una specie di deus ex machina.
Michele compare solo alla fine ma si carica sulle spalle il peso di risolvere tutta la storia che, nel frattempo, si è aggrovigliata.

Anche perché, ricordiamolo, è una storia che si dipana in un arco di tempo di cinque anni, e il tutto è condito di flash back e collegamenti temporali che non deve essere stato facile intrecciare e dipanare.
È così, infatti. Tener conto della successione delle date, ricorrendo al flash back, non è stato facile. Pensa che solo all’ultima rilettura mi sono accorta che due eventi importanti si accavallavano… e ho dovuto far slittare tutto di un anno!

Facciamo un parallelo tra i personaggi di Black Swan e quelli di White Shark. Giorgia Corsini o Giulia Silvestri?
Sono molto diverse. Per certi aspetti preferisco Giorgia Corsini, anche se forse è una donna un po’ troppo “eccezionale”. Giulia Silvestri è molto meno perfetta, a volte un po’ una piagnona, piena di dubbi e contraddizioni. Insomma è una donna più “normale”, non un’eroina. Però forse più reale.

Marc Antoine De Lapalice o Patrick Dalton?
Forse Marc Antoine è più intrigante, mentre Patrick Dalton è meno charmant, ma più umano, più sensibile. Di certo meno egocentrico, e capace di sacrificare se stesso per amore e per amicizia. Tra l’altro è lui, in White Shark, l’eroe del mare, mentre in Black Swan era una donna. È un uomo coraggioso, audace, un po’ folle, che ama le sfide. Ma soprattutto è un uomo che mette al disopra di tutto l’amicizia e i valori umani. Un bel personaggio, complesso, capace di grandi gesti. Insomma, un uomo che saprà stupire i lettori.

Concordo in pieno. Bubu o Robespierre?
Tutti e due. Bubu è un cane eroe, Robespierre è un micio che, con la compostezza tipica dei gatti, sa capire e dare sostegno alla sua amica umana e confortarla nei momenti più difficili.

Black Swan o White Shark?
Non saprei scegliere. Black Swan è il primo romanzo, ed è un po’ come il primo amore. Però anche White Shark mi ha appassionata molto, mentre lo scrivevo. Forse mi piace di più perché è meno descrittivo e più d’azione, ma anche più “profondo”.

Ci sono pagine di mare che ti lasciano col fiato in sospeso. Gli appassionati di vela troveranno pane per i loro denti.
Sì, perché oltre che di Coppa America, si parla di Vendée Globe e di Record Atlantico, due competizioni che sono mitiche per ogni velista.

Le hai descritte come se le avessi fatte…
Eh, no: è vero che sono una velista, ma quelle sono regate per pochi eletti… alcuni li definiscono “pazzi suicidi”. Soprattutto la Vendée Globe, una regata in solitario senza scalo che prevede una navigazione di quasi quattro mesi nei mari più insidiosi, come i mari del Sud, l’Oceano Indiano, il passaggio di Capo Horn. Ma non c’è solo mare, in questo libro…

Infatti sono convinta che anche i non velisti lo divoreranno.
Me lo auguro. Ho cercato di non essere monocorde, cioè di non fare un libro solo per gli appassionati di mare e di barche. Credo che chiunque ami i romanzi d’evasione lo leggerà volentieri.

In ogni caso le pagine di vela sono comprensibili anche per i non esperti. Direi che come Black Swan anche White Shark potrà piacere indifferentemente a uomini e donne.
Penso di sì. Anche perché ho scoperto che molti uomini che hanno letto Black Swan, credendolo un libro di pura avventura, hanno finito per apprezzarne proprio la parte dedicata ai sentimenti e all’analisi psicologica dei personaggi.

Un libro da comprare e regalare, quindi. Anche perché, come sempre, il ricavato è destinato al Fondo Amici di Paco. Un’ultima domanda: e il preannunciato “Occhi sbarrati”, il tuo secondo libro fotografico?
Purtroppo per motivi di budget non ce l’abbiamo fatta, per Natale. Un libro fotografico a colori è molto costoso, e noi ci siamo ritrovati al verde… Peccato, perché sarebbe stato uno strumento per raccogliere fondi. Spero che uscirà il prossimo anno.

Intanto ci “accontenteremo” di White Shark. Ed è un bell’accontentarsi!

Paola Cerini (“Amici di Paco” n° 35)